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Dirt - Capitolo 2, People Told Me About The Flames I Couldn’t See Through The Smoke

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CAT_IMG Posted on 25/1/2010, 16:52




~ Dirt!



Capitolo 2People Told Me About The Flames I Couldn’t See Through The Smoke



Mi chiamavo Don Konkey e ero il paparazzo schizofrenico di Dirt!. Fotografavo le celebrità e vendevo le foto alla mia amica e padrona Lucy Spiller, direttore della rivista di Gossip più venduta di tutt'America. Quel pomeriggio mi aveva chiesto di fotografare due membri di una nuova band emergente, Strify e Yu dei Cinema Bizarre, annullando tutti gli impegni che avevamo già. Voleva dire che erano un gossip succulento. Non c’era da fraintendere, non era la prima volta che eravamo implicati in una storia di sesso, e nemmeno la prima in cui si parlava di due ragazzi. Una volta esaminato il tesserino falso che mi aveva dato, mi alzai e uscii dal bar dell’albergo. Erano le due del pomeriggio e si moriva dal caldo.
Sicuramente quella band aveva di meglio da fare che starsene in hotel con una giornata come questa.
Quei due ragazzi nascondevano qualcosa, se Lucy ne era sicura voleva dire che era vero. Raramente, se non mai, si sbagliava. Ma il problema era: come facevo a fotografarli?
Non sapevo le loro abitudini, non sapevo che locali gli piaceva frequentare, non sapevo nemmeno il loro aspetto. Era uno dei compiti più difficili che la direttrice di Dirt! mi avesse mai dato. Avrei dovuto passare il pomeriggio a informarmi su di loro in Internet, ma non avevo molta voglia. Io dovevo passare all’azione, non starmene fermo davanti ad un computer. Ad un tratto mi venne un’illuminazione: potevo chiederlo all’assistente di Lucy, quella biondina smaliziata. Se solo mi fossi ricordato il nome. Uscii dall’albergo e chiamai un taxi, intenzionato ad andare in ufficio. Almeno lì avrei potuto fare tutto con calma.

Mezz’ora e molto traffico dopo, mi trovavo nell’ascensore della redazione. Accanto a me potevo vedere
Kira Kay, o almeno, la copertina di Dirt! dedicata a lei appesa sulla parete. Era morta pochi mesi fa a causa di un’overdose. Si era strafatta di roba dopo che Lucy aveva pubblicato un articolo su di lei, in cui rendeva pubblico il fatto che fosse incinta. Da quella copertina ne erano successe di tutti i colori. Tutto ebbe inizio quando Holt McLaren vendette a Lucy la notizia che Kira era incinta, ma dopo che Lucy pubblicò la notizia Kira morì per overdose. Questo scosse terribilmente Holt a tal punto che ebbe un disastroso incidente stradale con la sua ragazza, la famosa attrice Julia Mallory e qui le cose cominciarono a complicarsi, perchè Lucy e Holt cominciarono a vedersi. Julia si buttò a capofitto nella droga, fece circolare un filmetto a luci rosse e disse a tutti di essere stata violentata. Pensava di farla franca, ma Lucy pubblicò la vera verità. Julia si volle vendicare e attentò alla sua vita con un pugnale, solo che alla fine fu proprio lei a rimetterci. Ed ora rieccoci qua, due mesi dopo l'accaduto, e stavolta non si sarebbero fatti errori. I Cinema Bizarre erano nelle nostre mani. Era proprio vero che il mondo degli affari era cruento.
Arrivato al settimo piano, uscii dall’ascensore e, senza farmi vedere dalla Spiller, andai alla scrivania dell’assistente senza nome. Prima di far figuracce, controllai il cartellino che aveva addosso. Si chiamava Willa McPherson, ecco perché non mi veniva il nome. Insomma, avevo sentito Willow, ma Willa!
«Ecco, Willaw, avrei bisogno del tuo aiuto» le domandai, porgendole la foto dei Cinema Bizarre.
Lei mi fulminò con lo sguardo. «Si pronuncia Willa, non Willaw» mi freddò. Ecco, un’altra gaffe.
Non potevano scegliersi nomi migliori? No, bisognava complicarsi la vita.
Corressi il mio errore con molta cortesia, e ripresi. «Va bene, Willa, che mi sai dire di questi qua?» chiesi.
La bionda prese la foto e sorrise.
«Credo di conoscerli, mia sorella ne va pazza, ha tredici anni. Mmh, vediamo, come posso esserti d’aiuto? Discografia e robe simili?»
«No, non mi interessa, è per un articolo che mi ha chiesto Lucy. Sai quindi che intendo…» le feci l’occhiolino.
Lei si espresse in un sonoro “Aah”, e poi rianalizzò l’immagine. «Sai, Ketlin sognava sempre in una storia d’amore tra questo – e indicò Strify – e questo – passò su Yu -. Mi ha fatto vedere che fanno ai concerti, ma non ti so dire se realmente hanno una storia, però ti consiglio di tenerli d’occhio. Quello con il ciuffo rosso mi pare sia un donnaiolo, mentre l’altro uno che frequenta molte feste. Di più non posso dirti» fece spallucce, ridandomi la foto. Io la ringraziai per quelle poche informazioni, poi sbuffai. «Diamine, ora come faccio?» mi chiesi, dirigendomi all’uscita. Willaw mi fermò prima che potessi riprendere l’ascensore. «Ehi Don, hai mai sentito della politica dei favori? Qua tu ci lavori, dovresti conoscerla» domandò. Io feci sì con la testa.
«Vedi, ecco cosa ho da offrirti. Io faccio una ricerca approfondita di questi ragazzi, vado dove vanno loro, li seguo, me li lavoro un po’ e poi ti do tutte le informazioni che vorrai. In cambio, tu dovrai seguire per me il signorino Marshall Mathers. Circolano voci che abbia ripreso ad abusare di Valium e anti depressivi vari, quindi mi farebbe comodo se tu, sai…facessi qualche foto» mi propose. Willaw non – so – il – cognome mi aveva appena salvato la vita. Io non sapevo niente dei Cinema Bizarre, ma mi orientavo bene sul giro di Slim Shady. L’abbracciai felice, cominciando a ridere, poi mi staccai subito. Dovevo prendere le medicine, quei comportamenti non erano da me. Willaw mi guardò confusa, poi capì. «Lucy mi ha detto che se ne hai bisogno, i soldi per le pillole sono nel suo ufficio» sorrise, indicandomelo. Prima di andare a prenderli, le dissi cosa cercavo di quei cinque ragazzi. «Mi raccomando, devi dirmi se sai qualcosa di Yu e Strify, se stanno insieme. E già che ci sei, fai anche qualche foto con il cellulare, a quelle professionali ci penserò io» l’avvisai.
Finalmente avevo una possibilità di uscire da quel buco di scoop.

Finalmente ero riuscita a uscire da quel buco di notizia. Non avevo niente contro il rapper newyorchese, ma una promozione era pur sempre una promozione, e Lucy, dopo aver visto che cosa avevo trovato, mi avrebbe lodata sotto tutti i punti di vista. Purtroppo per me, il favore di Don era assai complicato. Erano passate due ore da quando mi ero appostata con la macchina di fronte allo studio di registrazione, ma non erano ancora usciti. Mi domandavo che cosa stessero facendo a quell’ora, erano ormai le sette del pomeriggio.
Bevetti un altro sorso del mio caffè di Starbucks e cominciai a sfogliare il numero precedente di Dirt!.
Mentre leggevo, avevo cominciato a capire come mai Dirt! era una delle riviste più vendute di tutta l’America. Conteneva ogni genere di pettegolezzo, ben approfondito, ma la differenza tra questa rivista e tutte le altre era che i comuni mensili scrivevano di voci, mentre Dirt!...beh, andava a fondo in ogni situazione.
Quanti sacrifici avevo fatto per quel giornale. Una volta dovevo scoprire se la popstar teenager più promettente dopo Britney si drogava. Ero dovuta andare da Garbo, una spacciatrice lesbica molto conosciuta ad Hollywood, e lì mi ero messa veramente nei guai. «Devi provare questo» mi aveva detto, mostrandomi una boccettina, «offre la ditta». Io avevo cercato di rifiutarmi, ma lei mi aveva bloccato.
«Per dimostrare che non sei della narcotici».
Mi ero trovata di fronte a due possibilità: o rifiutare e perdermi tutte le notizie su Connie Crisp, o accettare e ritrovarmi in un altro mondo. Avevo deciso che per Lucy avrei fatto questo e altro, così mi ero lasciata abbindolare. «Vedrai, questa roba apre la mente. Ti mette in moto il cervello e ti fa vedere il mondo come non l’hai mai visto!». E fu così che mi drogai per la mia prima e ultima volta. Pensavo di aver fatto una cosa giusta, invece, non appena tornata in redazione, mi ero beccata una strigliata da parte di Lucy. Aveva detto che avevo fatto una cavolata per poche informazioni, che per di più non servivano ad un cazzo. Beh, inutile dire che il resto della giornata l’avevo passata con un enorme mal di testa e nessuna concezione della realtà. Alzai lo sguardo per pochi secondi e notai che cinque ragazzi stavano uscendo dalla CherryTree Records.
Oddio, erano loro. Scesi subito dalla macchina, indecisa sul da farsi. Come li abbindolavo? Non potevo dire che ero una giornalista. Ma potevo dire che ero una fan. No, si sarebbe limitati ad una foto e ad un autografo. Cercai di fare mente locale e mi ricordai quale dei cinque era un donnaiolo. Notai subito il ciuffo rosso del chitarrista, e li mi convinsi che sarebbe stato lui ad aprirmi tutte le porte. Dovevo solo farmi invitare da qualche parte. Idea. Riaprii la macchina e presi i documenti bozza dell’ultimo numero, poi la richiusi. Cominciai a camminare verso di loro, come tutte le altre persone, solo che, una volta vicina, feci finta di far cadere tutti i fogli che avevo in mano. Subito si sparpagliarono in giro per il marciapiede e io, togliendomi gli occhiali scuri, mi esibii in un’espressione desolata. «Oh, mi dispiace, scusatemi, che sbadata che sono» cominciai a recitare, chinandomi per raccogliere tutto. Bene o male si trattavano almeno di duecento pagine, quindi avevo un notevole vantaggio. Il cantante si abbassò e mi sorrise.
«Scusa noi, probabilmente ti abbiamo urtata» disse, cominciando a raccogliere i fogli.
Gli altri lo imitarono e io pensai tra me e me che avevo avuto una genialata.
Cercai con lo sguardo il chitarrista e, quando lo trovai, mi accorsi che mi stava fissando.
Era un bene – perché voleva dire che potevo adescarlo.
Era un male – perché voleva dire che forse non c’era nulla tra lui e il cantante.
«Ecco a te, signorina…» fece il moro, porgendomi l’ultimo foglio. «Chiamami Willaw» sorrisi.
Lui ricambiò, aiutandomi ad alzare. «Spero ci siano tutti, c’era un bel po’ di roba in quella cartella» fece notare il cantante. Io annuii. «Insomma, per fortuna nulla di urgente, ma se li avessi persi avrei fatto un bel casino. Avrò tutto il tempo di riordinare queste duecento pagine stasera, dato che mi hanno dato buca» dissi afflitta, inventandomi una balla colossale e ricalcando sul “dato buca”. Yu, se era così che si chiamava, si passò una mano tra i capelli. «Dovevi andare da qualche parte?» domandò. Io continuai la recita.
«Sì, avevo una festa al Guilty Pleasure, un locale molto in di Hollywood, ma i miei amici hanno disdetto tutto e non ho nessuno con cui uscire». Guardai bene il moro a ciocca rossa e sorrisi. Se era vera la sua fama di donnaiolo, non si sarebbe fatto scappare una ragazza come me. Poteva essere il mio colpo di fortuna.
Il ragazzo fece per parlare, quando il cantante lo bloccò. «Mi dispiace molto. Beh, allora buon lavoro. Arrivederci» salutò Strify, lasciandomi a bocca asciutta. Non ci potevo credere, non aveva funzionato.
Ero sconvolta. Mi superarono senza dire altro, a parte il più basso, che, con un sorriso dolce e un cenno della mano, mi salutò. Nessuno mi aveva dato buca. Nessuno. Mai.
Il mio orgoglio era stato orribilmente squarciato da cinque ragazzini che avevano per di più la mia età.
Mi morsi il labbro, arrabbiata, e cominciai a guardarmi in giro, spaesata. Quando ero nervosa non sapevo cosa fare e andavo a tentoni. Dopo tre minuti, in mezzo alla strada come una cretina, mi ripresi.
Tirai su anche gli ultimi due fogli, ma in mezzo trovai un bigliettino che non faceva parte del plico che avevo fatto cadere. Era una nota, scarabocchiata in una grafia carina ma poco leggibile.
«Tay…Toy...» cercai di decifrare. Sbuffai e tornai in macchina, dopo aver constatato se avevo preso tutti i fogli. Sbattei la portiera talmente forte che per un attimo ebbi paura di ritrovarmela in mano, poi cercai di rileggere quella maledetta nota. «ToyZ Pre…Pre Release Party» scandii bene le parole, dopo aver letto.
Mi resi conto solo dopo averlo riletto due volte cosa significava.
Avevano una festa. Stasera. Per il loro album. Ciò significava che c’erano tutti, e che molti potevano entrare.
L’ora era prevista per le dieci ed era un party a lungo andare. Perfetto, quella era l’occasione adatta per smascherare quei bastardi. Non mi avrebbero fregato la notizia, lo avrei giurato su qualsiasi cosa.
 
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