| CAPITOLO 2
<< Jo, sono Max, dove sei? Ti stiamo cercando da ore, almeno accendi il cellulare, fatti sentire ... siamo preoccupati ... rispondi dai ... chiamami appena senti questo messaggio, ciao >> Max premette il bottone rosso del telefono e sbuffando lo buttò sul divano, continuando a camminare avanti e indietro per la stanza. Fabi seduto sul divano si teneva la testa fra le mani, lo sguardo fisso sul pavimento. << Ma dove cazzo si è cacciato ... >> mormorò il biondo. Fabi prese nuovamente il telefono e compose il numero a memoria. << Jo, sono io, cavolo, chiama, facci sapere se stai bene ... dove ti sei cacciato ... >> disse con tono preoccupato. Dopo alcuni attimi di silenzio premette il tasto di fine chiamata e si risedette, rassegnato. Max guardò fuori dalla finestra. Pioveva ancora, ormai era sera e Jo ancora non era tornato. Dopo che Schlagi aveva annunciato il suo abbandono, se n'era andato sbattendo la porta, senza dare a nessuno il tempo di seguirlo. “ Dove sei? Mi stai facendo preoccupare Jo ... “ pensò angosciato, passandosi una mano sul volto. Dove poteva essere andato con quel tempo e soprattutto, perchè non era ancora a casa? Una vocina dentro di lui gli suggeriva di stare calmo, infondo Jo aveva diciassette anni, sapeva badare a se stesso. Ma perchè non chiamava? Gli era successo qualcosa? Represse un orribile pensiero scuotendo la testa, no, non poteva essere in pericolo, non poteva lasciare che gli accadesse qualcosa, anche perchè non se lo sarebbe mai perdonato. Per lui Jo era come un fratello minore, un fratello da seguire e da proteggere, non avrebbe lasciato che gli accadesse qualcosa. “ Solo un fratello minore? Sicuro di non provare nient'altro? “ insinuò la sua coscienza. “ Sì, sì, la devo smettere di mentire a me stesso, è vero ... forse non è solo un 'fratello minore', forse ... no, no, no, io sono etero cazzo! Non posso provare qualcosa per il mio migliore amico! Non che abbia qualcosa contro i gay, anzi ... però ... io ... no,non è possibile ...” I suoi pensieri confusi si susseguivano uno dopo l'altro, lottando tra di loro per la predominanza su quel cervello malfunzionante. Non sapeva cosa pensare, da un po' dubitava dei suoi sentimenti nei confronti dell'amico, ma ... come poteva essere omosessuale? Lui? “ Dio ... ma è questo il momento di pensare a queste cose? Jo potrebbe essere chissà dove, in pericolo e io penso a ciò che provo per lui! “ si ammonì, scuotendo la testa. << I tuoi genitori dove sono? >> chiese a Fabi. << Da alcuni amici ... sono andati a vedere se è da loro ...>> rispose il più giovane. Max annuì brevemente, continuando a camminare nervosamente per la sala. << No, basta, non ce la faccio! >> esclamò ad un tratto prendendo la giacca buttata sulla poltrona. << Dove vai? >> chiese Fabi alzandosi di scatto. << A cercarlo >> rispose lapidario Max aprendo la porta. << Voglio venire anche io! >> esclamò il più piccolo seguendolo. << No Fabi, tu sta qui! >> << No! E' mio fratello, avrò pure il diritto di fare qualcosa! >> disse Fabi infervorato. Max si voltò, prese un respiro profondo e gli poggiò le mani sulle spalle. << Lo so Fabi, hai ragione, ma se chiama? Se torna a casa e non trova nessuno? Ci deve rimanere qualcuno qui ... >> gli spiegò. Il ragazzo abbassò lo sguardo, annuendo appena. << Ci vediamo dopo ... se so qualcosa ti chiamo! >> lo salutò Max prima di entrare in macchina e partire velocemente. Guidava sulla strada principale, guardandosi intorno sperando di vedere Jo, ma niente. “ Dio ... dove ti sei cacciato? “ pensò. Trovò un parcheggio e decise che forse era meglio proseguire a piedi. Scese dall'auto e si confuse tra la folla che camminava sul marciapiede. Cercò nel negozio di musica, al museo, al parco, in libreria, allo skate park, senza trovarlo. << Scusi! >> domandò a una signora ferma al lato della strada con una borsa della spesa in mano. << Ha visto un ragazzo ... >> si fermò, non sapendo come continuare. << Un ragazzo? Un ragazzo come figliolo? >>chiese la donna con tono gentile, squadrandolo con un'occhiata perplessa. << Un ragazzo ... >> Max si guardò intorno, in cerca di aiuto. Vicino al giornalaio a pochi metri da lui era esposto il manifesto pubblicitario di una rivista musicale e in copertina c'erano i loro volti. << Un ragazzo simile a quello! >> esclamò indicando la foto di Jo sul manifesto. << Quello in mezzo? >> chiese la donna. << Sì, sì, quello in mezzo ... l'ha visto? >> insistette Max esasperato. La donna sembrò pensarci su un attimo. << Uhm ... forse ... c'era un ragazzo prima che gli assomigliava ... >> << Dove? Dov'è andato? L'ha visto? >> << Sì ... mi sembra sia entrato alla stazione ... sembrava piuttosto giù ... me lo ricordo perchè ... >> << Grazie, grazie mille signora! Arrivederci! >> la interruppe Max voltandosi e correndo verso la stazione. “ No Jo, non dirmi che te ne sei andato ... no, non dirmelo. Non puoi farmi una cosa del genere, no ... “ pensava il biondo, il respiro affannato dalla corsa, il cuore a mille a causa dell'angoscia e la paura. << L'InterCity numero 8033 delle ore 20,30 per Berlino è in partenza dal binario cinque >> comunicò la voce metallica dell'altoparlante. Max alzò la testa, sorpreso. Un ricordo gli riaffiorò in mente.
<< Berlino, sarebbe bello andarci ... c'è così tanta gente, ma nessuno ci conosce ... beh, più o meno ... però pensa, camminare tra migliaia di persone, con il cappuccio in testa e senza essere guardato o avvicinato ... dev'essere bello ... >>
“ Berlino ... l'avevi detto ... ti sarebbe piaciuto andarci ... “ fece appena in tempo a formulare quel pensiero che un rumore di freni stridenti lo distrasse. Il treno al binario cinque cominciava ad allontanarsi lentamente. Max ricominciò a correre verso la banchina, urlando il nome dell'amico. Le porte del treno erano già chiuse, i finestrini oscurati, come poteva vederlo? << Jo ... >> mormorò per l'ultima volta, mentre il treno usciva dalla stazione e il suo sbuffo rumoroso si udiva sempre meno.
Il treno correva sulle rotaie nella notte. I campi erano sconfinate distese nere, le luci delle città stelle lontane, come quelle che brillavano su, nel cielo scuro. Jo le osservava, la testa appoggiata al finestrino, come la sua strana compagna di viaggio. Entrambi fissavano quei puntini luminosi così lontani, persi in pensieri forse malinconici, forse dolorosi, forse speranzosi. Nella mente del ragazzo si affollavano i ricordi di tutti gli anni passati con Schlagi. Sospirò, si era ripromesso di non pensarci e invece non riusciva a reprimere quel dolore che sentiva nel petto da quando, qualche ora prima, l'amico aveva annunciato la sua decisione. << A che pensi? >> domandò ad un tratto la ragazza di punto in bianco. Jo alzò gli occhi e incontrò i suoi, neri come la notte la fuori, limpidi come l'acqua di una sorgente. A malapena la conosceva, si erano scambiati appena due parole, ma sembrava che già qualcosa li legasse. Qualcosa di magico, qualcosa che lo spingeva a fidarsi di lei. << A tante cose ... >> rispose tornando ad osservare le stelle oltre il vetro. << Bei ricordi? >> continuò la ragazza. << Sì ... passati ormai ... >> Jo era stupito da come la ragazza avesse subito ... compreso i suoi pensieri. << Ho saputo che se n'è andato ... >> Il ragazzo incontrò nuovamente lo sguardo dell'altra. Come faceva a sapere di Schlagi? I giornalisti avevano già riportato la notizia? Annuì solamente. Il silenzio tornò a regnare nel vagone, nessuno dei due parlava, ma non era un silenzio imbarazzante. Era un silenzio con cui, Jo sapeva, la ragazza avrebbe capito tutto. Come? Non lo sapeva.
Raggiunsero la stazione di Berlino alle prime luci dell'alba. Un ultimo sbuffo, poi silenzio, il fischio del capostazione e il vociare dei passeggeri che, qualcuno ancora un po' addormentato, scendevano e si disperdevano, ognuno per la propria strada. Jo si alzò, intorpidito, così come la ragazza, che si mise la borsa in spalla e scese dal treno insieme a lui. L'aria fresca di Berlino li accolse, facendoli rabbrividire. La ragazza si voltò verso di lui e lo fissò intensamente con le sue iridi color pece. << Non permettere che finisca >> gli disse seria. Poi si allontanò tra la folla, lasciandolo lì, immobile. Jo si risvegliò dopo qualche attimo. La guardò andare via. Non sapeva nemmeno il suo nome. “ Non permettere che finisca ... “ << E' già finita >> mormorò a se stesso. S voltò e si avviò verso l'uscita della stazione, avvilito e perso. Adesso cosa avrebbe fatto? Solo, in una città sconosciuta, depresso e con in tasca un mp3 e il cellulare. Tirò fuori quest'ultimo e lo accese. Una scritta apparve sul display. “Quindici messaggi ricevuti”. Lesse velocemente il mittente. Max, Max, Max, Fabi, Max, Fabi, Fabi, Fabi, Fabi, Max, Max, Fabi, Max, Max, Max. Sbuffò. Non li voleva nemmeno leggere. Messaggi > Crea messaggio > SMS. “ Sto bene, non cercatemi. Mi spiace ” Invia > Max > Fabi. Rimise il cellulare in tasca. Gli dispiaceva che si preoccupassero, ma questa volta non ce la faceva più. Si era stancato di fare il bravo bambino, responsabile ed ubbidiente. Si era stancato di sopportare tutto con un sorriso ipocrita, si era stancato di quella vita in cui l'amore faceva male e l'amicizia deludeva. Voleva fuggire da tanto, adesso l'aveva fatto e non sarebbe tornato indietro. Gli sembrò che qualcuno urlasse il suo nome, ma non ci badò. Represse i ricordi dei volti del fratello e dell'amico in fondo alla mente Era un capitolo chiuso.
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