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[killerpilze]Where do you run to so far away?, Capitolo 4

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MarsFreiheit
CAT_IMG Posted on 15/7/2008, 11:06




CAPITOLO 4


Corsero per alcuni minuti, fino a quando la ragazza si bloccò. Jo si appoggiò al muro dell'edificio che costeggiava il marciapiede, ansimante.
<< Sei pazza ... dove siamo? >> chiese con quel poco fiato che gli rimaneva.
<< Freiheit Strasse ... >> disse la ragazza.
Per qualche minuto rimasero in silenzio, immobili.
<< Come ti chiami? >> domandò poi Jo.
<< Helena ... >> rispose la ragazza guardandosi intorno serena.
Jo alzò lo sguardo, non capendo cosa potessero avere di tanto interessante le case affacciate sulla via.
Rimase senza fiato. I muri erano di un giallo tenue, alcuni di mattoni; i balconi dalle elaborate ringhiere di metallo si affacciavano sulla strada, le finestre erano contornate da disegni fatti a mano; la strada era acciottolata e su di essa si affacciavano negozi completamente diversi fra loro, alcuni dalle porte e ante di legno, altri dalle insegne fatte con le bombolette spray, tutto in quella strada sembrava esprimere qualcosa, tutto conviveva tranquillamente con chi era diverso, tutto era armonioso e pacifico.
<< Bello eh? >> chiese Helena sorridendo.
<< Sì ... >> rispose Jo, continuando a spostare lo sguardo da una vetrina all'altra. Una libreria dall'aria ottocentesca, un negozio di musica con chitarre esposte e adesivi raffiguranti teschi sulla porta d'ingresso, una gelateria artigianale ...
Lo sguardo del ragazzo tornò sulle chitarre esposte nella vetrina. Si avvicinò lentamente. Erano tutte diverse, ognuna aveva una particolare che la differenziava dalle altre. Per qualche istante si perse a contemplare le corde nuove, i piroli, i tasti e non potè evitare di pensare ai Killerpilze. Socchiuse gli occhi. Perchè non si metteva il cuore in pace e capiva che la sua breve avventura nella musica era finita? Sentì un vuoto allo stomaco a quel pensiero, finita ... come avrebbe fatto senza musica?
<< Dove andiamo adesso? >> chiese voltandosi e sforzandosi di dimenticare quei momenti, di reprimere quei pensieri e quelle sensazioni con cui, lo sapeva, prima o poi avrebbe dovuto fare i conti.
<< A mangiare? >> propose Helena.
<< Uhm ... ok ... però non ho soldi ... >> ricordò Jo, rendendosi solo in quel momento conto di quanta fame avesse.
<< E allora? >> chiese la ragazza facendo spallucce e trascinandolo verso un bar che aveva appena aperto.
Presero da bere e dal mangiare e si sedettero a un tavolino di legno.
<< Sei scappato >> disse tra un morso e l'altro Helena.
Jo annuì.
<< Perchè? >> domandò.
<< Lo sai ... >> rispose Jo guardandola.
<< Io conosco solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso ... >> ribattè lei.
Jo la guardò. Era così saggia ... saggia e pazza ...
<< Mi ero stancato ... >> disse, bevendo un sorso di cappuccino.
<< Di cosa? >>
<< Di ... di tutto! >> esclamò il ragazzo << ... Lo vedi come va ... se mi fido di qualcuno prima o poi vengo tradito, se amo qualcuno di certo non sono ricambiato, tutto ciò che va bene prima o poi finisce ... mi sono stancato di soffrire continuamente per ogni cazzata ... mi sono stancato di tutto ... >> confessò, abbassando lo sguardo.
Helena lo osservò in silenzio, Jo sentiva il suo sguardo perforarlo.
<< Ora non stai soffrendo? Ora che hai mollato tutto sei felice? >> chiese calma.
<< No. Ma almeno sono libero. Prima o poi sarò felice >> rispose Jo.
Per qualche minuto rimasero in silenzio. Poi la ragazza si alzò e trascinò l'altro via di corsa.
<< Helena! Helena non abbiamo pagato! >> esclamò Jo allarmato.
<< Lo so! >> rise la ragazza.


Max uscì all'aria aperta. Immobile sul marciapiede davanti alla stazione si guardò intorno. I pochi autobus della mattina sostavano fuori dal parcheggio oppure si muovevano pigramente, come se la sonnolenza avesse impregnato anche le loro carcasse di ferro; uno poco lontano da lui stava per partire. Ci saltò sopra, senza preoccuparsi di fare il biglietto e si sedette a uno dei primi posti. Appoggiò la testa al finestrino e sospirò, scoraggiato. Come avrebbe fatto a trovare Jo in una città grande come Berlino? Poteva essere ovunque. Provò di nuovo a chiamarlo con il cellulare. Niente, sempre spento.
“ Ma dove sei? Dove sei? “ chiese fra se e se, esasperato e preoccupato.
La suoneria del cellulare lo distolse dalle proprie riflessioni dolorose e frustrate. Speranzoso, rispose.
<< Pronto? >> chiese.
<< Max, sono Fabi ... >>
<< Fabi! Novità? >>
<< No, tu? >>
<< Sì, sono a Berlino! >>
<< Berlino? Max che ci fai a Berlino? >>
<< Cerco Jo! >>
<< Cosa? Jo è a Berlino? Come lo sai? L'hai visto? >>
<< No, una signora a Dillingen l'ha visto entrare alla stazione ... >>
<< E allora? Ci sono decine di destinazioni, potrebbe essere andato ovunque! >>
<< E' andato a Berlino Fabi, lo so! >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Lo so e basta >>
Fabi fece una pausa. << Ok, mettiamo che è a Berlino ... come lo trovi? >>
<< Fabi ... >> sospirò Max << non lo so, non ne ho la più pallida idea ... ha il telefono spento ... tu hai provato? >>
<< Sì ... Max, dove sarà? Sono preoccupato ... >>
<< Non lo so ... ma lo troverò ... >>
<< Voglio venire! >>
<< No Fabi, no! >>
<< Sì! >>
<< No! >>
Fabi chiuse la chiamata.
Max mise il cellulare in tasca. Ora pure Fabi ci si metteva?
Scese al capolinea e lesse il nome della via. Munich strasse. Anonima, sconosciuta, grigia. Cominciò a camminare, guardandosi attorno, alla ricerca di due occhi ben conosciuti. Pian piano i ricordi dei momenti passati con Jo gli annebbiavano la mente. Momenti felici e tristi, risate e pianti, piccole sensazioni che l'avevano portato a una conclusione tanto dolce quanto amara: era innamorato.
Sospirò. Perchè proprio a lui? Perchè non poteva amare una ragazza? Perchè doveva essere diverso? Non voleva immaginare i sussurri e le occhiate delle persone se avessero scoperto che amava un ragazzo. Non che desse tanto peso al parere altrui, ma come è possibile vivere una vita spensierata e felice quando si è circondati da chiacchere maldicenze? Ma soprattutto: cosa sarebbe accaduto se Jo avesse scoperto i suoi sentimenti? Sarebbe successo un casino, lo sapeva.
“ Forse è così che deve andare “ si disse “ non posso scegliere il mio ruolo, devo limitarmi ad essergli amico ... solo amico ... rimanere a guardare la sua felicità e morire pian piano...”


Helena si fermò in un vicolo scuro, ansante. Jo si appoggiò al muro accanto a lei, guardandola.
<< Sei pazza ... >> le disse, senza scomporsi più di tanto.
<< Forse ... >> rispose la ragazza, sorridendo. Poi alzò lo sguardo e squadrò l'edificio davanti a loro. Era un grattacielo alto, dalle pareti ricoperte da lastre di vetro pulite e brillanti. Sul fianco si arrampicava una scala d'emergenza di metallo, chiusa da un cancello all'inizio.
<< Soffri di vertigini? >> chiese la ragazza a Jo.
<< No, ma cosa ... >> rispose il ragazzo confuso.
<< Vieni, ti piacerà! >> lo interruppe Helena, trascinandolo alla scala e cominciando a scavalcare il cancello.
<< Helena, tu sei pazza, non si può! >> esclamò Jo, guardandosi intorno nervoso.
<< Oh, dai, ci vengo sempre! >> rispose la ragazza.
Jo sospirò. Prima o poi si sarebbero fatti arrestare, lo sapeva. Scavalcò il cancello e seguì Helena su per la scala.
Dopo qualche minuto di cammino arrivarono in cima alla scala, sul tetto piatto dell'edificio. Jo respirò l'aria fredda e guardò il cielo grigio che gli sembrava quasi di poter toccare. Si avvicinò a Helena che sedeva sul cornicione con le gambe a penzoloni nel vuoto e la imitò. Guardò in basso: le auto sembravano formiche che attraversavano una lingua di asfalto. Provava un senso di brivido ed eccitazione. Era come avere davvero in mano la propria vita per la prima volta: sarebbe bastato un piccolo salto e tutto sarebbe finito.
<< Ci si sente contemporaneamente onnipotenti e insignificanti, vero? >> chiese Helena.
Jo annuì.
Rimasero in silenzio per un po', poi Jo chiese: << Chi sei? >>
<< Io >> rispose semplicemente Helena.
Io. Voleva dire tutto come nulla, ma in quel momento gli sembrava una risposta azzeccata.
<< E com'è “ io “? Dove vivi? Conosci così bene Berlino ... e sei così ... >> si interruppe.
<< Strana? >> suggerì Helena con un sorriso.
<< No. Libera >> disse Jo.
<< Libera ... libera può voler dire tante cose ... libertà e correre in un prato, libertà è essere se stessi, libertà è urlare al mondo ciò che si prova, libertà è realizzare i propri sogni senza alcuna costrizione ... libertà è vita, libertà è morte ... >> disse la ragazza, lo sguardo perso all'orizzonte.
<< Come fai? >> chiese Jo << Sei come sei, vai come vuoi, fai cosa vuoi ... >>
<< Libertà ... tutti la vogliono, vero? Però non è così facile essere davvero liberi ... essere se stessi non è solo vestirsi come si vuole, non è solo mettersi un paio di anfibi e un po' di matita ... bisogna esser se stessi anche dentro, smettere di mentirsi, anche se a volte la verità fa male. Si è se stessi quando ci si accetta, nel bene o nel male, anfibi o scarpe firmate, polsi tagliati o colmi di bracciali costosi ... quando si sa di poter cambiare e ci si prova ... ma anche quando ci si conosce e ci si accetta così ... >>
Jo rimase in silenzio, ad ascoltare le parole della ragazza che uscivano dalle sue labbra e si perdevano nell'aria, appena udibili ma abbastanza forti da rimanere scolpite nella mente. Era come ascoltare uno di quei vecchi che nelle piccole cittadine sono odiati o quasi invisibili, ma che hanno tanta saggezza e intelligenza dentro, con la variante che questa volta a parlare era un'affascinante e misteriosa ragazza dall'aspetto gothic che non sottostava a nessuna convenzione.
<< Ti staranno cercando ... >> sussurrò dopo un po' Helena rompendo il silenzio.
<< Forse ... >> rispose Jo, cercando di reprimere una stilla di senso di colpa.
<< Forse? >>
Il ragazzo sospirò. << Di sicuro ... >>
<< Sono tuoi amici, saranno preoccupati ... >> la ragazza distolse gli occhi dall'orizzonte e li fissò in quelli di Jo. << Sei sicuro che sia stata la cosa migliore? >> chiese.
Jo abbassò lo sguardo, sentendo addosso gli occhi di Helena. Quando rialzò lo sguardo si accorse che la ragazza fissava di nuovo il cielo. La imitò.
<< Credo di sì ... >> cominciò << Io ... non ce la facevo più a sopportare quella situazione... tutti si aspettano sempre qualcosa da me, tutti credono che io sia perfetto, responsabile e diligente, mentre magari vorrei solo urlare, scappare e lasciarmi alle spalle tutto ... Schlagi se n'è ... se n'è andato, era uno dei pochi che mi aveva capito fino in fondo e ora non c'è più nemmeno lui ... >>
<< Hai Fabi. Hai Max >> gli fece notare Helena, continuando a non guardarlo.
<< Sì, ma ... >> si interruppe, incapace di continuare.
<< Loro non sanno qualcosa vero? Non sei riuscito a dirgli qualcosa ... >> concluse per lui la ragazza.
Jo annuì.
<< Forse se è così importante glielo dovresti dire ... Fabi è tuo fratello, Max è uno dei tuoi migliori amici ... >>
<< Beh, io non ... non so come la prenderebbe Fabi e la cosa ... riguarda proprio Max ...>> Cosa stava facendo? Stava per raccontare a una semi sconosciuta il proprio segreto? Era la prima volta da quando era fuggito che pensava liberamente a Max, senza cercare di reprimere le sensazioni che il ragazzo scatenava in lui ...
<< Lo ami vero? >> la domanda di Helena lo fece sobbalzare. La guardò stupefatto.
<< Come ... ? >> non capiva, come faceva quella ragazza a conoscerlo così bene, meglio di quanto si conoscesse lui?
<< Lo so e basta ... certe cose si capiscono ... >> Helena sorrideva ora << Sai, fuggire non è mai la cosa migliore ... >>
<< Ma anche tu sei fuggita ... >> ribattè Jo.
<< Che vuoi dire? >> chiese Helena. Per la prima volta il ragazzo potè notare una sorta di turbamento sul suo viso.
<< Sei qui, sei libera, vaghi per Berlino come se la conoscessi benissimo, ma eri a Dillingen l'altro giorno ... sei sola, da qualche parte sarai pure arrivata ... >> disse Jo.
<< Bhe, sì, da qualche parte sono arrivata ... sì, hai ragione, anche io sono fuggita ... fuggendo ho trovato me stessa, ho capito cosa sono davvero, ho capito cosa voglio ... non avrebbe senso tornare a casa e ricominciare a fingere ... a volte è meglio cancellare il passato e guardare al futuro ... >> Helena sospirò, un sorriso malinconico sul viso.
<< Non è esattamente quello che vorresti che io non facessi? >> chiese Jo, cercando di non essere troppo invadente.
<<sì, ma tu hai qualcosa ... io non ho niente di meraviglioso ad aspettarmi, tu sì ... tu hai un sogno che hai realizzato grazie al tuo talento, hai amici fantastici e tanta strada da fare ... hai un luogo che puoi chiamare casa, anche se a volte ti sembra di esserne imprigionato ... la mia casa è questa, la mia casa è il mondo ed è qui che dovevo stare ... >>
Jo rimase in silenzio, colpito dalle parole di Helena. Lei sapeva tutto di lui, mentre lui sapeva così poco di lei ... si chiese cosa ci fosse stato nel suo passato, ma era come risolvere un indovinello, c'erano troppe possibilità e un tassello che fuggiva sempre ...
<< Cosa vorresti dire? Che devo tornare? >> chiese.
<< Secondo me la fuga insegna, ma non dev'essere per forza definitiva ... credo che tu abbia imparato qualcosa, forse sei riuscito ad essere finalmente libero ... >>
<< Ma a casa dovrò affrontare alcune cose ... da solo ... >>
<< Per andare avanti bisogna affrontare e lottare ... non sei solo ... >>
Helena si alzò e si diresse verso la scala d'emergenza, con un'ultima occhiata all'orizzonte. Jo la seguì, perso nei suoi pensieri. I due si lasciarono alle spalle quel luogo tanto triste quando libero, immerso in un'atmosfera magica. Qualcosa stava cambiando?
 
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darklady^^
CAT_IMG Posted on 16/7/2008, 11:14




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darklady^^
CAT_IMG Posted on 16/7/2008, 11:41




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