Dormì all’incirca per tutta la durata del viaggio e, sotto un certo punto di vista, fu anche un bene.
Aveva il capo mollemente appoggiato al finestrino e la bocca semichiusa.
Kiro, seduto dall’altra parte del piccolo corridoio, lo osservava da attraverso gli occhiali da sole.
Che tenero…
Mancava ancora circa un’ora al loro arrivo a Berlino.
Alla fine, Shin aveva accettato di trasferirsi con Yu Kiro e Strify, anche se aveva sottolineato più volte quanto la sistemazione fosse provvisoria.
- Non mi piace essere un peso – aveva borbottato, come una pentola rotta.
Kiro aveva scosso il capo mentre Yu gli aveva mollato uno scappellotto sulla nuca.
Sospirando, il bassista si accomodò meglio e volse il capo verso Strify, apparentemente interessato alla lettura di un qualche magazine di moda.
- Come faremo? – gli domandò, sottovoce, per non farsi sentire da Shin.
Il cantante non chiese delucidazioni riguardo ad una domanda di per sé criptica.
- Lui sarà lì – rifletté – ma inventeremo qualche palla -.
Scrollò le spalle in un gesto che infastidì non poco Kiro che, preso da un moto di stizza si andò a sedere da un’altra parte.
Imbecille…
Strify scosse il capo.
Non ha capito…
Non era menefreghismo, era rassegnazione.
Amara.
Nera.
Frustrante.
Arrivarono e Kiro, a malincuore, dovette svegliare Shin.
- Ehi – lo scosse delicatamente – siamo arrivati -.
Il biondo aprì gli occhi, poi rivolse uno sguardo perso e spaventato al bassista che sentì il cuore stringersi in una morsa feroce.
- Non voglio – mormorò il batterista, attaccandosi al braccio dell’amico.
Kiro gli sorrise poi, dopo un occhiolino complice, lo prese per mano facendolo scendere.
Scesero lentamente le scalette e si trovarono di fronte la famiglia di Shin e la madre di Luminor, che seguiva il figlio in ogni modo possibile, come a voler colmare il vuoto che l’indifferenza del padre aveva causato.
- Tim – mormorò bonario il padre di Shin.
Il batterista si sentì gelare.
Non doveva toccarlo.
Non voleva essere neanche avvicinato.
Non ce la faceva.
Non ce l’avrebbe mai fatta.
Kiro si avvicinò a Shin, così come Yu Strify e Luminor.
- Dobbiamo correre in studio per alcune incombenze – sorrise Strify, cercando di non saltare addosso all’uomo.
Calma Strify, calma…
L’uomo sorrise, nascondendo le mani in tasca, per non mostrare il movimento compulsivo che le animava.
- Bene – annuì – Ci vedremo comunque presto, vero Tim? -.
Shin deglutì a vuoto, cercando di non distogliere lo sguardo.
Non rispose, si limitò a girarsi e dirigersi velocemente verso la macchina di Kiro, con il bassista al suo fianco.
- Va tutto bene – mormorò questi, avvicinandosi impercettibilmente e stringendogli leggermente la mano.
Shin negò.
- Non è vero, e lo sai – poi si voltò – andiamo via? – pigolò.
Kiro annuì, aprì le portiere e i due si avviarono.
Intanto, il padre del batterista continuava ad osservare accigliato lo spazio lasciato vuoto dalla macchina appena partita.
- Ne riparleremo – mormorò.
Avvenne tutto in un lampo.
L’uomo si ritrovò a terra.
Strify gli aveva centrato il naso con un pugno poderoso.
- Noi sappiamo – aveva commentato lapidario, poi si era voltato e si era diretto alla macchina.
- Andiamo? – chiese agli altri due, che annuirono.
Appena arrivati all’appartamento, Kiro condusse l’amico nella stanza degli ospiti.
- Iniziamo a sistemare le tue cose? – chiese gentilmente.
L’altro negò.
- Ti spiace lasciarmi un poco da solo? Per piacere… - scrollò le spalle.
L’altro annuì.
- Va bene – si alzò sulle punte e gli diede un umido bacio sulla guancia – Io sono di là e gli altri arriveranno a breve, se hai bisogno -.
Lasciò il batterista solo nella stanza, poi si diresse verso la cucina dove si versò un bicchiere d’acqua.
Era meglio evitare l’alcool, nonostante la tentazione…
Si mise a riflettere, pensando a tutto quello che non aveva visto, che non lo aveva nemmeno sfiorato e che in quel preciso istante acquisiva senso in maniera inquietante.
I lividi, che Shin giustificava sempre in modo bizzarro… partite di basket, zuffe con il cane dei vicini, negligenze, disattenzioni…
Strinse il pugno, ricordando quel giorno. Quello della promessa sotto l’albero…
Yu aveva chiesto loro di portare Ektor fuori, ed i due avevano annuito lieti di poter fare una passeggiata nel parco.
Era aprile, ed un fresco venticello rendeva gradevoli le giornate già discretamente calde.
Shin sembrava pensieroso, come catturato da un qualche cruccio.
- Tutto bene? – aveva chiesto Kiro, poggiandogli una mano su una spalla.
L’altro annuì distrattamente.
- Nulla di preoccupante, tranquillo -.
Non ci credeva nemmeno lui.
Era palese.
Il bassista sospirò, poi slegò Ektor e si sedette con Shin su una panchina.
- Ti ricordi cosa vi ho confessato l’anno scorso? – chiese poi, appoggiando i piedi sul bordo della panca.
Shin annuì.
- Se non mi fossi fidato di voi, non ve lo avrei detto… non è facile – deglutì a vuoto – ammetterlo -.
Shin lo strinse la mano destra.
- Mi piacerebbe che da parte tua ci fosse lo stesso tipo di fiducia – confessò.
Il batterista dilatò le pupille.
Era nudo.
Nudo e indifeso.
Cosa peggiore, poi, era che non sapeva come giustificarsi.
- Scusa – mormorò – è solo che… -.
Kiro gli depose due dita leggere sulle labbra.
- Promettimi solo che d’ora in poi ci diremo tutto – gli sorrise, nonostante la supplica implicita.
Shin annuì.
- Promesso -.
- Kiro, siamo arrivati! – annunciò Yu, stranendosi nel vederlo così concentrato – Tutto bene? E Shin? -.
Il biondo si riscosse.
- Tutto bene – sorrise – Shin è nella stanza degli ospiti. Voleva stare un po’ da solo – sospirò, sentendosi impotente.
Strify si diresse verso il frigo.
- Sembra il deserto – constatò – ordiniamo qualcosa dal giapponese? – propose.
Gli altri annuirono, trovandosi concordi.
- Vado a chiedere a Shin che vuole – mormorò, dirigendosi verso la stanza degli ospiti.
Entrò, trovando il ragazzo in posizione fetale con il polso vagamente arrossato.
Quando vide di che si trattava sbiancò.
Cazzo…