,f a n f i c t i o n stories ~

Born to tell you.

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~ H e l l e n
CAT_IMG Posted on 25/10/2008, 21:06




Rumori provenivano dalla stanza accanto. Il letto sbatteva violentemente contro il muro.
Poco dopo, ai rumori si aggiunsero sussurri, che diventarono gemiti marcati ed indiscreti.
Inferse un taglio sul polso sinistro, e sentì il sangue affiorare e bagnare i bracciali. Non era un taglio profondo, ma abbastanza sanguinante da gocciolare sui jeans.
L’amore è il funerale dei cuori” Dice una canzone.
Bill, questo, però, lo sapeva anche da prima che ascoltasse casualmente quelle note cantate con così tanta crudeltà… Parole disilluse, portatrici di dolore… ma vere.
Sentì la porta accanto alla sua aprirsi, ed il rumore dei tacchi a spillo sul parquet, seguito da un gemito e vari risolini.
La lametta continuava, leggera e discreta, a tagliare la pelle del ragazzo che, in preda alla follia causata dal dolore psicologico, affondava sempre di più la lama, fino a rendere più pericoloso di quanto fosse quel gesto che non avrebbe mai dovuto pensare di fare.
Poggiò la testa fra le ginocchia e pianse silenziosamente.
Bagnò un polpastrello con il sangue e scrisse sul pavimento la prima cosa che gli venne in mente:

Help


Poco dopo sentì dei passi strascicati avvicinarsi, seguiti da un rumore ed un’imprecazione. Infine la porta della sua camera si aprì e ne entrò il fratello, con l’espressione sfinita di chi ha avuto una notte molto impegnativa.
Quando vide Bill con la testa fra le ginocchia piegate ed i polsi penzolanti che colavano sangue, si sentì male. Corse verso di lui, lo prese per le spalle e poi, infine, gli alzò il viso rigato dalle lacrime.
“Cosa diavolo vuoi?” Sussurrò Bill. Il fratello non aveva parole.
“Cosa... cosa hai fatto, Bill?” Chiese Tom, sconvolto.
“Mi sono tagliato” Rispose l’altro, con una tranquillità tale che inquietò Tom.
Quest’ultimo afferrò i due polsi con delicatezza ed osservò con orrore le ferite sanguinanti che il fratello si era procurato da solo.
“Resta fermo dove sei, senza muoverti” Gli ordinò, con la voce tremante. Bill annuì, troppo fragile per opporsi.
Corse per i corridoi per raggiungere il bagno, inciampando nei jeans troppo larghi varie volte. Infine, prese la valigetta del pronto soccorso e si precipitò di nuovo in camera, dove vide Bill che si abbracciava le ginocchia, singhiozzando. Il movimento aveva procurato altra perdita di sangue, e Tom, alla sola vista della pozza che si era formata, trasalì.
Alzò di peso il fratello e, sostenendolo, lo portò in bagno, dove gli lavò via il sangue dalle braccia. Gli sfilò il maglione, le cui maniche erano inzuppate di sangue, e lo lanciò nella cesta dei vestiti da lavare. Tornarono in camera, Bill che camminava stanco, trascinato dal fratello. Lo fece sedere sul divano e si accomodò accanto a lui. Notò l’espressione rilassata del fratello, che poggiava con la schiena sul divano e la testa reclinata all’indietro, il respiro regolare e… stanco. Se non avesse saputo cosa stava accadendo, avrebbe detto che il fratello stava dormendo. Gli prese i polsi e gli disinfettò le ferite. Bill tremò dal dolore causato dal disinfettante.
“Brucia” Mormorò, poi, apatico.
Tom non gli rispose. Lo guardò e scosse la testa, ancora impressionato da ciò che era successo.
Strinse con dolcezza la prima fasciatura, e notò che Bill guardava il vuoto, tremando impercettibilmente quando il dolore aumentava a causa della stretta.
“Hai finito?” Chiese, con voce tremante.
“Quasi” Rispose Tom, bagnando di disinfettante una salviettina e poggiandola sui tagli. Bill fremette di nuovo. Fasciò il polso, passando la garza anche intorno alle dita e, con l’apposito adesivo, fermò la fasciatura.
“Ecco” Mormorò Tom. Bill non si mosse. Gli scrollò una spalla e lui, lentamente, spostò lo sguardo. Era assente, vuoto.
Guardò i propri polsi fasciati, i jeans macchiati di sangue, e si ritrovò a tremare dal freddo, realizzando di essere a dorso nudo.
Provò ad alzarsi per prendere una maglietta, però non si era ancora reso conto di quanto fosse debole e barcollò, perdendo l’equilibrio. Ma Tom scattò in piedi e prese il fratello per i fianchi, facendo attenzione a non sfiorargli i polsi, evitandogli di cadere e lo fece sedere accanto a lui.
“Ho freddo” Esaurì Bill, tremante.
Tom si sfilò la felpa e la porse a Bill, che gemette dal dolore quando provò ad afferrarla. Il gemello gli alzò le braccia e lo aiutò ad infilarsela, percependo tutto il freddo di quel gennaio nevoso.
Si sedette accanto a lui e lo circondò in un abbraccio, ben attento però a non sfiorargli i polsi. Bill si lasciò stringere, appoggiandosi a lui e continuando a fissare il vuoto. Tom teneva una mano sulla guancia e gli asciugava le lacrime che scorrevano senza sosta.
“Fortuna che mamma è in viaggio” mormorò, osservando Bill. Quest’ultimo annuì impercettibilmente “non voglio immaginare a sua reazione, se a trovarti fosse stata lei e non io” Finì il rastaro in un sussurro, notando solo in quel momento quanto Bill fosse pallido. Il moro s’irrigidì, e deglutì.
“Tu… Glie lo dirai? Alla mamma, intendo” Chiese Bill, preoccupato per l’imminente colloquio dallo psicologo a cui sarebbe stato costretto a presenziare, se sua madre avesse saputo l’accaduto.
“Dammi una buona ragione per non farlo” Rispose Tom, pensieroso ed acido. La sua paura e preoccupazione stavano lentamente trasformandosi in rabbia.
“Beh… Prima di tutto sono maggiorenne” Azzardò, ma notò subito lo sguardo con cui lo trafisse il gemello.
“Non c’entra” Affermò poi Tom, a denti stretti, stringendo il braccio del fratello. Bill sussultò e si divincolò, ma il fratello allentò la presa senza però permettergli di spostarsi. Il moro si arrese, e sospirò sconfitto.
“Ma ti rendi conto?” Urlò poi il rastaro, facendo sussultare Bill. “Se… Se tu avessi… Se quei tagli fossero stati più profondi tu… Io ti avrei perso! Saresti morto! Non ti interessa di noi che ti vogliamo bene? Non ti interessa di ciò che ti lasceresti alle spalle? Non ti interessa di te stesso? Non ci saresti più, se avessi fatto una cazzata peggiore! Saresti morto! Capisci? Morto!”
Si alzò in piedi di scatto, facendo sussultare il moro, che, insofferente, fissava il vuoto come se non lo stesse davvero ascoltando.
“Tu non capisci” mormorò Bill a bassa voce.
“Fammi capire” Rispose Tom, con lo sguardo furente e allo stesso tempo allarmato.
“Io… Io sono già morto. Io… non ho ragioni per restare” sussurrò, con il capo chino. “E fa male dire certe cose ad alta voce… Le rende così fottutamente… Reali. Ma soffrire è il prezzo da pagare” Finì la frase, sconcertato di aver detto quelle cose ad alta voce.
“Dimmi qual è il motivo” sussurrò il biondo, accarezzandogli una guancia.
Aveva una così fottuta paura di perderlo.
“Ti amo” scandì chiaramente Bill, facendo voltare di scatto Tom.
“Cos’hai detto?” Chiese quest’ultimo, sicuro di essere impazzito.
“Io… Ho detto… Che ti amo” Il moro ripeté le parole con sicurezza, fissando il gemello negli occhi.
“Tu… Tu cosa?” Balbettò il rastaro, fissando incredulo lo sguardo del fratello.
“Tom, cazzo! Ti amo!”Urlò il moretto alla fine, scostandosi dal dorso del biondo.
“Tu come… come puoi dire una cosa del genere?” Chiese Tom, sconvolto.
“Io non lo dico… Io lo sento! E… e se tu non lo accetti, beh… non mi importa! Ti amo, sei la cosa più importante. Ti amo. Amore. E non fraterno. Sono gay, sono pervertito? Ben venga! Non mi interessa! Io ti amo! E non mi importa se tu non lo fai, mi basta guardarti. Chiaro? Non mi interessa se ora ti faccio schifo, se ora ti disgusto, se ora andrai a vomitare perché ti ho appena confessato il mio squallido amore nei tuoi confronti!”
“cosa vuoi da me, adesso?” Chiese Tom, titubante.
“Solo… Un bacio. Breve.” Mormorò Bill, arrossendo.
“No” Rispose il gemello, risoluto. “Mai”
“Perché?” Chiese timoroso il moro, con lo sguardo basso.
“Perché mi fa schifo, cazzo!” Urlò il rastaro, disgustato.
Bill non disse nulla. Non supplicò, né provò a convincerlo in alcun modo.
Tom scosse la testa e, fuori di sé, abbandonò la stanza.
E, in quel gesto, racchiuse l’errore più grave di tutta la sua vita.

Dopo qualche tempo, rientrò nella stanza.
E gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo. Gli sembrò di essere tornato al momento in cui, varcata la soglia della stanza, aveva visto, poche ore prima, il gemello in uno stato pietoso.
E no, non c’era nessuna scritta sul pavimento. C’era un foglio.
Si avvicinò lentamente, e fece un’orribile scoperta: Bill non respirava.
Ma le urla non gli servirono, né le lacrime che gli offuscavano la vista, a riportarlo a vivere.
Bill era morto. A causa sua.
Sullo schermo della tv scorrevano le immagini de La Fabbrica del Cioccolato, il suo film preferito.

“Willy Wonka, Willy Wonka, the amazing chocolatier! Willy Wonka, Willy Wonka, everybody give a cheer!” Canticchiò Bill sorridendo, saltellando come un bambino e mangiando un pezzo di cioccolato.
Tom sospirò, stufo del fratello che ogni giorno, dopo aver visto puntualmente quel film, lo assillava con quelle canzoncine.
“Tomi! Dici una parola?” Chiese allegro.
“Idiota” Mormorò Il fratello, scuotendo il capo.
“Noooo! Dovevi dire Chewing gum! Allora, facciamo così: Io ora te lo chiedo di nuovo e tu dirai Chewing gum!” Si lamentò Bill, ridendo.
“Hmm. Okay” acconsentì il fratello.
Bill prese il cappello e la scopa che usava a mò di bastone, e chiese a Tom:
“Ehi, ragazzina! Dì una parola!” Poi sorrise al fratello, attendendo la risposta.
“Ehi cosetto, sono un maschio” Bill lo guardò male. Anzi, lo fulminò con lo sguardo. “Comunque, Chewing gum”
Bill storse il naso e fece una smorfia orrenda.
“Chewing gum is really gross. Chewing gum, I hate the most!” Esclamò soddisfatto.
Tom scosse la testa. Era pronto a scommettere che nessuno dei suoi amici avesse un fratello così. E non sapeva se esserne felice o irritato.


Scosse la testa, quando visse di nuovo quella scena.
E, rileggendo l’ultimo frammento di vita del gemello, ricordando tutti i momenti passati insieme, scosse ancora una volta la testa, cercando di convincersi che quello che stava vivendo altro non era che un brutto sogno.


“E nell’attesa del sentire la tua voce, piano piano mi autodistruggo.
Dolcemente, lentamente… mi sto uccidendo.
Annegando in questo mare di lacrime e sangue.
Consolandomi guardando uno stupido film per bambini.
Morendo, consumandomi, liquefacendomi.
Felicemente, perché penso a te.
Ammazzandomi spensieratamente in tuo nome.
In tuo nome. E ne sono follemente felice.
Ti amo.”




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Regaaaaaa xD
guardate che ho scritto, guardate che ho scritto! xD
*canticchia*
Sono tornata *-* E con me, ho trascinato una bella twincest :wacko:
Che ne pensate? :D Sono peggiorata, vero? :S
Commenti negativi soprattutto, non preoccupatevi di ferirmi >.< Ashuash xD
<3

 
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darklady^^
CAT_IMG Posted on 25/10/2008, 22:05




*_________________________*
looooooooooooooooooool
 
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CryForTheMoon
CAT_IMG Posted on 2/11/2008, 13:24





Ma quali commenti negativi!!!

E' scritta da dio!

Non ho voglia di dirti le solite cose: è splendida, è bellissima, è divina ...

Perchè sarebbero commenti banali.

Ma non riesco a trovare le parole giuste per descriverti come mi sento io dopo aver letto la fic.

Il dolore di Bill ed il disgusto di Tom sono così reali, che mi si è stretto lo stomaco.

Sei proprio brava, ma ricordati, mi hai sulla coscienza... ;)









 
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CAT_IMG Posted on 3/11/2008, 18:16
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...I drove for miles and miles...
........

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Brava.
Era moltissimo che non leggevo twincest.

Beh, la adoro.

 
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