Che dire?
Sta fic me gusta mucho!
~ La stupida speranza dell’incubo ~
«Ragazzi, scusate… io… Devo lasciare per un po’ la band.» Disse Luminor, con lo sguardo puntato a terra.
«Coosa?» Urlarono in coro Kiro, Yu e Strify, increduli.
Shin restò semplicemente in silenzio, guardando l’amico dal basso verso l’alto con la delusione nello sguardo.
Non era sorpreso dopo tutte quelle assenze ai concerti, alle interviste… All’inizio erano giustificate, poi man mano le scuse si erano fatte sempre più insulse: l’avevano insospettito.
«Sarà solo per poco!» esclamò scusandosi «Ve lo prometto.»
Yu rimase immobile, stupefatto, senza dare alcun segno di vita.
«No…» mormorò Kiro, sull’orlo delle lacrime, mentre stringeva spasmodicamente la mano a Strify.
Shin, retrocesso in disparte dietro ai suoi amici, spostò lo sguardo a terra e scosse la testa: anche lui aveva le lacrime agli occhi.
Solo Sebastian proferì parola: fu un sussurro.
«Perché?» Chiese con la voce tremante.
«Io… non sto bene. E non intendo fisicamente: sto male emotivamente e non posso reggere lo stress dei concerti, delle interviste, dei party e degli eventi a cui siamo invitati. Vi prego, scusatemi.» Spiegò lui, tenendo sempre lo sguardo basso.
Si sentiva un vigliacco.
Kiro inghiottì le lacrime e annuì.
«Va bene. Ma ricorda che per qualsiasi cosa noi ci siamo sempre…» disse Strify con un sorriso rassicurante.
Yu gli diede una pacca sulla spalla, tentando di fargli capire che anche lui lo perdonava.
Shin, nel frattempo, aveva fatto qualche altro passo indietro e, ancora a testa bassa, aveva infilato le mani nelle tasche. Ogni tanto aveva guardato di sottecchi gli amici, senza riuscire a capire neppure cosa stessero dicendo.
Il suo viso era rigato dalle lacrime e la matita era colata sulle guance. Ma lui sembrava non accorgersene, o forse non gl’importava.
Qualcosa gli pulsava nel cervello impedendogli di pensare.
Strano: il cuore, invece, pareva essersi fermato all’improvviso. Shin si poggiò una mano sul petto, per assicurasi di essere ancora vivo.
Fece un respiro profondo: non era un fantasma.
Anche se, in effetti, avrebbe anche potuto essere morto: la sua anima era proprio lì, in bilico tra la vita e la morte, ed era impossibile prevederne il destino. Tutto dipendeva da quanto ancora il cuore Shin avrebbe potuto resistere. Una semplice frase l’aveva fatto cadere in una spirale tenebrosa di cui non distingueva né l’inizio né la fine, e quella lo stava - pian piano - trascinando sul fondo dell'abisso, dove la depressione e la tristezza incontrano la pazzia.
Sapeva che quello era solo il principio.
Luminor se ne sarebbe andato via, avrebbe lasciato la band. Poi, lentamente, si sarebbe allontanato. Avrebbe abbandonato anche i suoi amici; e infine, sarebbe scomparso dalla loro vita, per non tornare mai più.
Lo conosceva troppo bene, aveva capito quali erano le sue intenzioni, anzi, era stato proprio Luminor a svelargliele.
«Shin, io dovrei andarmene dalla band. Dovrei lasciarvi, fare come se non mi aveste mai conosciuto. Ve la cavereste anche da soli…» aveva detto, qualche tempo prima. Shin non ne conosceva il motivo, ma era sicuro che si sarebbe opposto con tutte le sue forze a quella decisione; eppure in quel momento non riusciva neppure a parlare.
Avrebbe desiderato fargli capire in qualche modo che qualunque cosa lui avesse fatto, qualsiasi cosa fosse successa, lui gli sarebbe restato vicino. Ma non ci riuscì.
Si fece largo tra i suoi amici e andò nell’ingresso.
Kiro lo chiamò, preoccupato. Anche Yu e Strify gli chiesero cosa fosse successo, stupefatti dal suo comportamento. Solo Luminor restò in silenzio.
Quello che, però, Shin percepì, non furono le parole di Strify e Yu, né il suo nome pronunciato da Kiro. Fu il silenzio di Luminor che gli pesò sul cuore.
Aprì la porta e corse fuori, facendo le scale di corsa.
Uscì in strada.
Pioveva.
L’acqua si rovesciava sulla Terra in miliardi di piccole gocce che toccavano il terreno e sparivano con un insignificante ‘plic’. Tutte insieme, parevano cantare una melodia sconosciuta alle sue orecchie.
Donavano un’atmosfera di irrealtà a tutto ciò che vedeva. Pensava – o forse sperava - che tutto quello fosse un orribile sogno, un incubo mostruoso che voleva soltanto far sparire per sempre.
Continuò a correre, sotto la pioggia.
Voleva svegliarsi.
Sapeva con certezza che Luminor non l’avrebbe seguito, ma, in fondo, non smetteva di sperare di vederlo corrergli dietro. Non smetteva di credere che quell’incubo diventasse un sogno.
Dentro di sé non aveva perso quel barlume di speranza che gli permetteva di non cadere nel baratro.
Ancora oggi, due anni dopo, ci spera.
Ancora crede, nel suo profondo, che Lui possa tornare a chiedergli scusa.
Ancora è convinto che Lui possa mantenere la promessa che aveva fatto.
Ancora è persuaso dall’illusione che sia tutto un brutto sogno.
Ancora oggi crede nell’amore.
Edited by ~ Tika™ - 1/11/2008, 22:44