| gothicAli |
| | Ma chi ti ha detto che finirà male, ~ Tika™?? Ti assicuro che ci saranno capitoli mooooolto più allegri di questo. Per quanto riguarda il finale... beh, io lo so già (anche se non l'ho ancora scritto) ma non te lo spoilero mica!! 2. SACRIFICIO DI CARTAIl toro sente la morte, l'odore del sangue e il luccichio dei coltelli. E' vicino all'altare e oppone resistenza. Servono diversi uomini per trascinarlo più vicino, perché i sacerdoti possano compiere il loro dovere.Ricordo che una volta, in un periodo abbastanza felice della mia vita, andavo spesso a camminare o a correre. Poi mi sdraiavo in un parco, lasciando che l'erba mi pizzicasse le braccia. Aria fresca, fatica, solitudine, il sole che scende lentamente, il profumo di erba, la musica più bella nelle orecchie... Alessandro è in prima fila, quasi accanto all'altare. Si volta preoccupato: non è un buon segno che il toro resista in quel modo. Il suo sguardo incrocia quello di Efestione e si rilassa per un attimo. Ma suo padre, lì accanto, è nervoso e borbotta fra i denti.Sorridevo beata e pensavo che per renderlo il momento perfetto ci sarebbero volute una sigaretta (ma perché le avevo lasciate a casa?) e una macchina del tempo. Per portarLi da me, e vederLi apparire lì, in mezzo al parco. Finalmente l'animale viene trascinato al cospetto dei sacerdoti. Un coltello sacro si immerge nella sua carne, e il toro inizia la sua agonia con un mugghiare disperato. Gli viene tagliata la gola e il suo sangue forma una pozza rossa, raccogliendosi nell'apposito avvallamento nel marmo.Ma che razza di ricordi mi saltano fuori? No, dico, ma che cazzo c'entra un sacrificio con la mia vecchia abitudine di correre? Quanto sono fuori! Guardo ancora la pelle perlacea delle mie braccia: in trasparenza si vedono le vene. Me lo dicono sempre che sono troppo pallida. Sui miei polsi ancora le macchie di sangue. Allora il lampo di genio. Non erano ricordi a casaccio! Stavolta non combatto neanche contro la Speranza, stavolta mi avvento su uno di quei dannatissimi libri e lo strappo violenta, con un sorriso deliziato e folle. Questo non è uno sfogo, l'ho già detto che non mi sfogo mai sugli oggetti (e poi non tratterei MAI male in libro senza motivo). Lo riduco in coriandoli, ridendo e piangendo; poi trovo una pagina col Suo nome e vi imprimo impronte rosse di sangue. E' un sacrificio, Aléxandros. Il mio sangue. Per te, mio Desiderio. Lancio in aria i frammenti di carta, che restano come sospesi. Una mano sulla mia spalla. Ma stavolta è vero. Serro gli occhi, ho il cuore a mille. Sono impazzita definitivamente. Sono già morta e non me n'ero accorta. Sono solo due tra le mille ipotesi... Non oso voltarmi, ma resistere alla Speranza è uno strazio che non ho la forza di sopportare. Nei momenti assurdamente lenti in cui volto la testa penso che forse per una volta il mio nome non sarà una presa in giro: Vittoria. Ma si può vincere il Tempo? Si può vincere la Morte? Da quando erano a Mieza Alessandro si era reso conto di desiderare sempre più la compagnia di Efestione. Naturalmente tutti l'avevano notato. Naturalmente questo aveva attirato sul giovane molte gelosie. Perché Alessandro sapeva farsi amare, perché era bello come un dio, e soprattutto perché era il principe. Alessandro ne era consapevole e si sentiva in colpa: rischiava di rendere solo ed odiato il suo migliore amico. Già allora, ancora adolescente, iniziava a rendersi conto che stargli vicino era quasi pericoloso, e che si rischiava di bruciare del suo stesso fuoco. Quando gliel'aveva confidato, Efestione aveva risposto: -Non è una cosa che si può evitare, e finché ci sarai tu io non sarò solo, philé- -Se tu lo volessi potresti allontanarti da me...- aveva mormorato Alessandro. La reazione dell'amico l'aveva stupito. Si era avvicinato e gli aveva preso il viso fra le mani, e guardandolo fisso negli occhi gli aveva ricordato la loro promessa -Fino alla morte, Xandre, e oltre-
Come l'aveva chiamato? Xandre? Efestione si diede dell'idiota per essersi lasciato sfuggire il soprannome con cui lo invocava nei suoi sogni, ma ormai il danno era fatto. Sapeva che non avrebbe dovuto avvicinarsi così tanto, sapeva come era facile perdersi in quegli occhi, eppure l'aveva fatto ed era riuscito a mantenere quasi del tutto il controllo. "Rischioso, da non ripetere", si annotò mentalmente. Aveva volato nell'occhio azzurro come il cielo, era sprofondato nell'occhio nero come l'abisso. Prese in una mano il medaglione d'oro che portava al collo, nell'altra quello di Alessandro -Abbiamo giurato, ricordi? Ci sono i nostri dentini qui, ricordi?- dopo di che indietreggiò di qualche passo -E poi,- sorrise pensando all'attimo appena trascorso -non m'importa del pericolo. Voglio starti accanto- "Anche a costo di bruciare", pensò.
Alessandro voleva vincere sempre. Soprattutto voleva vincere se stesso. D'inverno a Mieza il freddo era terribile. Le montagne erano vicine e spirava un vento gelido. Da Pella Olimpiade gli mandava coperte e mantelli pesanti, pellicce... ogni cosa veniva puntualmente rimandata indietro. Il suo vecchio maestro gli aveva insegnato a fare a meno di tutto. Ma qualche notte più fredda del solito il suo compagno di stanza, Efestione, l'aveva convinto a dormire accanto a lui per non gelare. Lentamente, era diventata un'abitudine. Un'abitudine nient'affatto spiacevole, anche Alessandro doveva ammetterlo. Con la primavera (e con gran disappunto di Efestione) erano tornati a dormire separati. Durante quelle lunghe notti invernali non era successo nulla di quanto si potrebbe immaginare. Alcuni mormoravano che il principe fosse ancora candido come un bambino, poiché non aveva amanti. Non era del tutto vero: soprattutto aveva timore di cedere alle richieste del suo corpo, di provare qualcosa che non poteva vincere.
Sdraiato sul letto ad occhi chiusi, Alessandro ripensò a ciò che gli aveva detto il suo amico quel pomeriggio. Sapeva quanto fosse paziente, poiché aveva scorto la scintilla del desiderio nei suoi occhi. Per un folle attimo pensò che insieme avrebbero sconfitto anche la morte. Si alzò e si avvicinò al letto accanto al suo. Per un attimo ancor più folle pensò di tornare semplicemente a dormire. Buttarsi tra le braccia do Eros può essere pericoloso, ma resistergli ancora peggiore -Eff- sussurrò -Ancora sveglio?- gli rispose una voce assonnata, poi il suo amico si girò.
Come l'aveva chiamato? Eff? Efestione sorrise al buio e fece un po' di spazio sul letto. L'odore perfetto della pelle di Alessandro per un momento gli fece quasi girare la testa. Il principe si sistemò meglio accanto a lui, trasmettendogli il calore del suo corpo e sfiorandogli il volto col respiro. -Se il piacere è un dono degli dei... se somiglia all'ambrosia... Sconfiggiamo la morte, Eff, almeno per un momento- "Battagliero anche quando si tratta di fare l'amore", pensò Efestione soddisfatto. "Fare l'amore..." suonava davvero bene. Guardandosi negli occhi si baciarono, assaporando il gusto nuovo delle labbra sulle proprie. Si sfiorarono e i loro corpi reagirono, impazienti. Efestione si tolse la leggera tunica, e spogliò anche il suo principe. Percorse la sua schiena con le mani molte volte, continuando a tenerlo avvinto a sé con un bacio. Alessandro rabbrividì sotto quel tocco piacevole e iniziò a baciare sul collo il compagno, poi sempre più in giù strappandogli un sospiro di piacere. Lasciò che la sua lingua vagasse sul quel petto ampio e ben fatto, mentre con un dito accarezzava leggero il basso ventre. Efestione sentì l'eccitazione salire. Per essere un ragazzo privo di esperienza lo stava torturando molto bene. Mise le mani in quei capelli color del grano, accarezzandoli -Sai, Xandre- sussurrò -che ti amo?- Alessandro lo guardò, quasi stupito, smarrito in quell'abbraccio, e rispose -Anch'io ti amo- Fino a quel momento non c'era stato bisogno di parole per esprimerlo, ma era sempre stato nei loro cuori. Ora i loro cuori battevano veloci, l'uno accanto all'altro. Efestione fece scivolare una mano verso l'erezione del suo amante, massaggiando teneramente, poi sempre più forte. Si fermò appena sentì sulla mano le prime gocce. Alessandro mugugnò insoddisfatto e gli morse delicatamente un orecchio. Una scarica di brividi lo percorse, e ricambiò posando sul quel collo divino un bacio leggero. Non poteva più aspettare e mormorò: -Prendimi- Ma con sua grande sorpresa la risposta fu: -No,- per un attimo temette di aver sbagliato tutto -prendimi tu- Gli stava cedendo un diritto che sarebbe toccato a lui in quanto più nobile, ed Efestione capì: tra loro non ci sarebbero state convenzioni o tabù, ma solo l'amore più puro. Lo fece girare, continuando a baciarlo ed accarezzarlo, poi si inumidì due dita ed entrò delicatamente in lui. Sentì i suoi muscoli tesi, ma solo per un momento -E-Eff...- sospirò Alessandro mentre il compagno entrava lentamente per non fargli male. Lo invase una sensazione sconosciuta, tra dolore e piacere. Gemette flebilmente, poi iniziò ad ansimare trascinato dal ritmo che gli dava Efestione, che con una mano era poggiato al letto e con l'altra lo accarezzava sul fianco -Mmmh... Xandre...- si passò la lingua sulle labbra e chiuse gli occhi, poi spinse mano libera verso il sesso dell'amante -Più forte...- -Oh dei...- -Eff... oh...- -Mmh...- riversò la sua essenza dentro il compagno, che venne poco dopo. Si schiantarono sulle coperte umide e disordinate, respirando l'odore di sesso e di sudore. Soddisfatti. Alessandro prese tra le braccia il suo Efestione, e si addormentarono così, pacificamente. L'avrebbero fatto innumerevoli altre volte, con godimento forse maggiore, ma quella era la prima. Era come se fosse sacra, come un giuramento.Mi giro: Lui è lì davvero. Lo riconoscerei tra mille, è Lui. Lo stomaco mi si catapulta dentro ma resto ferma. Per una volta benedico il mio corpo amato-odiato. Perché c'è sempre, per quanto la mia mente a volte sembri voler schizzare fuori dai limiti umani, il mio corpo c'è. A volte sto così male che vorrei solo svenire, o vomitare, o così bene che vorrei non avere mai più sonno e godermi la gioia. Ma il mio corpo sta bravo al suo posto. Persino stavolta. Per l'emozione che provo dovrei come minimo collassare. Invece resto ferma a fissare quegli occhi assurdi che mi restituiscono lo sguardo perplessi. Lui tiene la testa leggermente inclinata -Aléxandros- più che un nome, un'invocazione. Pochi passi dietro di lui un altro giovane, dai capelli castani e gli occhi meno assurdi. Ma quasi altrettanto bello. Non poteva mancare anche lui, ovvio -Efestione- Insieme, quei due nomi sono stati a lungo la mia sola preghiera. Lux eaterna... Probabilmente c'è silenzio intorno ma a me sembra di sentire il Requiem di Mozart. Hosanna in excelsis... La musica della mia disperazione e dei miei piccoli trionfi. Dies irae, dies irae... La musica del mio cuore. Potrei quasi ridere, mentre le lacrime ancora solcano il mio viso. Stupide lacrime, non vi siete accorte che sono impegnata a gioire? -Chi sei?- mi chiede Lui. Mi ha appena rivolto la parola. Non credevo che avrei potuto impazzire di più, ma sta succedendo. La sua voce è aspra e vagamente arrochita, come se non la usasse da molto tempo. Non molto bella, ma terribilmente sexy. Faccio un respiro profondo -Il mio nome è Vittoria, questa è casa di mia madre, e... non sono certa di potervi spiegare come siete arrivati qui- -E dove sarebbe esattamente qui?- chiese Efestione. Io lo fissai un attimo, smarrita -Più che dove, dovreste chiedere quando. Ecco... qui voi siete morti da duemilatrecentotrent'anni circa...- -Morti? Io mi sento un po' troppo concreto. E poi non mi sembra l'Ade- sospiro e mi preparo ad una lunga spiegazione -Allora...- Nota:Per quanto riguarda il fatto che i due Macedoni parlano italiano non fatemi domande: non so nemmeno io perché! Se avete idee da suggerire... altrimenti facciamo finta di niente, ok?:-) vi voglio bene per avermi sopportato fin qui
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