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I'm not your Toyz, Capitolo 1 (mia prima pubblicazione!!)

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CAT_IMG Posted on 20/4/2009, 14:10

...Would you dance?
.......

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Titolo: I’m not your Girl-Toyz
Autrice: _$trange Girrrl_
Pairing: Strify, Viktoria.
Rating: Het, R, Language, OFC/OMC, YAOI, Slash
Disclaimers: Tutti i personaggi realmente esistenti non sono di mia proprietà. I personaggi e le storie originali sono di proprietà dell'autore. L'autore non ha assolutamente alcun'associazione con i proprietari, autori, produttori o creatori di qualsiasi materiale a cui questa storia è ispirata. Non è intesa alcuna violazione di copyright. Questa storia viene qui pubblicata senza fini di lucro.
Note: ho deciso di scrivere una FF sui Cinema Bizzarre nonostante non siano il mio gruppo preferito perché, leggendo molte FF scritte da altre ragazze loro fan, mi sono resa conto che questi ragazzi sono i personaggi ideali per delle Fan Fiction, anche se comunque ascolto volentieri le loro canzoni… detto questo, buona lettura!

Capitolo 1 - Quando tutto comincia…
Ad accoglierci ai piedi del palco c’è il solito agglomerato di fans in delirio, una cosa a cui ormai siamo abituati. La maggior parte di loro sono ragazzine con un’ età compresa tra i quindici ed i diciassette anni…
Mentre saliamo sul palco, acclamati a piene voci dal pubblico, noto Yu intento a scrutare le prime file, probabilmente in cerca di qualche preda abbordabile da poter portare nel backstage a fine spettacolo. La cosa un po’ mi ferisce, anche se devo riconoscere che sono stato io a lasciarlo, più di un mese fa.
Yu è un ragazzo bello e dolcissimo ma, dopo un po’, il nostro rapporto finiva sempre col diventare troppo soffocante. Ci eravamo presi e lasciati più di una volta, ma la nostra relazione non era mai durata per più di qualche mese. Chissà, forse non siamo proprio fatti per stare insieme, noi due…
Comunque sia, lo show comincia. Abbiamo scelto la scaletta tre settimane fa, apertura ad effetto con ‘Forever Or Never’, classico che il pubblico adora, e chiusura romantica con ‘Escape To The Stars’.
Dopo l’ultimo assolo, salutiamo e ci dirigiamo rapidamente dietro le quinte, verso i camerini, verso la pace e la tranquillità.
Io sono l’ultimo della fila e, proprio mentre sto per rientrare nel backstage, un paio di mani spuntano dal nulla, mi afferrano e mi trascinano da un lato, sbattendomi contro un muro.
“Che diavolo…”.
Mormoro, confuso.
Quelle mani misteriose mi accarezzano il petto, esplorano avide il mio corpo in cerca di un piacere che non riescono a trovare.
Attorno a noi c’è un silenzio inquietante, interrotto solo dai nostri respiri affannati.
Delle labbra fredde mi sfiorano il collo, strappandomi un gemito di piacere.
Ad occhi chiusi, cerco a tentoni quelle mani che mi artigliano con tanta passione, le afferro e le stringo forte.
“Strify…”.
E’ la voce di una ragazza, una ragazza che non conosco.
Serro la stretta intorno a quei polsi e, con un impeto di tenacia, riesco a trascinare quel corpicino esile che si agita contro di me poco più in là, dove c’è luce, dove posso finalmente vedere…
“Chi sei?!”.
Chiedo non senza un certo stupore, ritrovandomi davanti agli occhi un visetto innocente, quello di una ragazzina dai lunghi capelli castano chiaro mesciati di biondo, che mi fissa con due occhi verdi sgranati e la bocca dischiusa.
“E’ da tanto che aspetto questo momento…”.
Fa lei, avventandosi nuovamente con le labbra verso il mio viso.
La fermo di nuovo.
“E’ da tanto che aspetti… cosa?”
“Di poterti conoscere…”.
Abbasso lo sguardo verso il suo abbigliamento, che si rivela essere nient’altro che un miniabito nero e senza maniche, con un’audace scollatura poco sopra al seno, che in questo momento si sta alzando ed abbassando lentamente, secondo il ritmo più o meno regolare del suo respiro.
“… sono una tua fan da tanto tempo e stasera, finalmente, sono riuscita a venire a vedere questo vostro concerto. Siete tutti fantastici ma tu… tu mi piaci più di tutti!”
“Aspetta! Eri tra il pubblico?”.
La ragazzina alza le sopracciglia, leggermente contrariata.
“Ero in primissima fila, al centro. Per tutto lo spettacolo ho tenuto gli occhi puntati su di te. Davvero non te ne sei accorto?”
“Beh sai, eravate in tante…”.
Mi punta i pugni sul petto.
“Tu dovevi riconoscermi, mi sono fatta anche bella per te!”
“Lo vedo, ehm… e lo apprezzo davvero molto, ma…”
“Sssh… parlare ora non serve, avremo tutto il tempo per raccontarci le nostre vite…”
“Tutto il tempo?! Ma io devo tornare dagli altri, entro domattina dobbiamo essere di nuovo a Berlino per un’intervista!”
“L’intervista può aspettare… io invece ho fretta!”.
Si inginocchia tra le mie gambe e strofina una mano proprio lì, mentre io sento la mia erezione prendere vita e tendersi.
Armeggia con la mia cintura Armani, slacciandola delicatamente, mentre io cerco con tutte le mie forze di fare in modo che la ragione prenda il sopravvento sul proverbiale istinto di sbatterla contro il muro e soddisfarla.
“Qua… quanti anni hai?”.
Lei alza gli occhi verso di me e sorride.
“Che importanza ha?”.
Chiede.
“E’ importante eccome! Se sei minorenne e io accetto le tue avances, potrei finire in galera!”
“Ma che dici? E poi oggi lo fanno tutti…”
“Allora sei minorenne davvero!”.
Lei sbuffa.
“Quanti anni hai?”.
Insisto.
Lei interrompe a malincuore il massaggino al mio membro ormai completamente eretto e gocciolante, si rialza e si rassetta il vestitino.
“Ne ho quindici, se proprio lo vuoi sapere…”
“Quindici! Mio Dio!”.
“Ma questo non significa niente!”.
Ribatte lei.
“Io ti amo, e al cuore non si comanda!”
“Tu non mi ami, non ti rendi conto di quello che dici… non si può amare una persona che non si conosce, e noi non ci conosciamo!”
“Beh, per adesso. Ma poi…”
“No, mi spiace. Sei ancora una ragazzina, ma sei bella e molto dolce, e sono sicuro che un giorno riuscirai a trovare chi saprà renderti felice…”.
La ragazzina abbassa la testa, sconsolata.
Io le sollevo dolcemente il mento con la punta di un dito e le sorrido.
“Posso sapere come ti chiami?”.
Lei arrossisce, ma ricambia il sorriso.
“Isabella. Isabella Meier.”
“Beh, sono felice di averti conosciuta, Isabella Meier…”.
Sto per andarmene, quando lei mi blocca di nuovo.
“Strify… aspetta!”
“Sì?”
“Non è che prima di andare potresti… sai… farmi un autografo?”
“Certo! Hai un foglio?”.
Isabella sorride sorniona.
“E chi ha detto che serve per forza un foglio?”.
- - -
Raggiungo il furgoncino-tour dei ragazzi tremando da capo a piedi. Entro senza nemmeno annunciarmi, ignorando le quattro paia d’occhi che mi fissano sgomente e mi lascio cadere sul mio letto, affondando la testa sotto il cuscino e fregandomene altamente se i miei capelli piastrati con tanta cura si trasformano nella testa irta di un porcospino schizofrenico.
“Strify, dove diamine ti eri cacciato?! Ti aspettiamo da quasi un’ora, stavamo per mandare i bodyguards a cercarti!”.
Esclama Kiro, preoccupato.
“Sì Strify, dov’eri finito?”.
Aggiunge Shin.
Luminor dal canto suo, se ne resta seduto imperturbabile su uno dei soffici divanetti in pelle del furgone, leggendo “Cime Tempestose” (il suo libro preferito) e ingurgitando liquirizie da un sacchetto aperto e appoggiato accanto a lui.
“Ti sei comportato da ragazzo responsabile quale sei?”.
Mi chiede ironicamente, senza staccare gli occhi dalle pagine. Nella sua testa deve aver già capito tutto, o almeno una parte della storia…
Mi metto seduto e mi guardo intorno.
“Se cerchi Yu, se n’è appena andato”.
Fa di nuovo Luminor.
“Era parecchio preoccupato, adesso sarà in bagno a fumarsi una sigaretta per calmarsi… ma anche tu, non potevi avvertire? Fai soffrire troppo il tenero cuoricino di quel ragazzo!”
“Oddìo ragazzi, se solo sapeste cosa ho appena subìto non avreste questo atteggiamento da inquisitori nei miei confronti…”.
Replico, sconfortato.
“C’entra per caso una ragazza?”.
Chiede Kiro.
Alla parola ‘ragazza’, la porta del bagno si spalanca di colpo, mentre Yu corre verso di noi e si catapulta sulla sua cuccetta.
“Ragazze? Chi ha parlato di ragazze??”.
Dopo la nostra ultima rottura, ho come l’impressione che Yu stia cercando di raccogliere i cocci del suo orgoglio ferito, dimostrandosi il più eterosessuale possibile.
Io lo guardo.
Guardo a turno tutti gli altri ragazzi.
Kiro alza le sopracciglia.
“Sembra una cosa grossa…”.
Luminor sospira, riponendo a malincuore il suo prezioso libro.
“Facci una breve sintesi…”.
Io annuisco.
“Bene, benissimo, è quello che farò: dunque, poco prima che rientrassi nel backstage con voi, una quindicenne assatanata mi ha assalito e dopo che mi sono mostrato contrario all’idea di placare i suoi istinti ormonali, mi ha costretto ad autografarle le tette! E aveva una quinta abbondante!!”.
C’è un attimo di silenzio.
Poi, Kiro e Shin scoppiano a ridere come forsennati, rotolandosi sui materassi e finendo chissà come labbra contro labbra, mentre le risate si trasformano in gemiti lievi e sommessi.
Luminor stende impercettibilmente un angolo della bocca e, dopo aver dissertato per qualche migliaio di anni (circa) sulle condizioni morali e sociali delle adolescenti di oggi, se ne torna al suo amato libro.
Restiamo io e Yu, seduti l’uno accanto all’altro sul mio letto.
Quest’ultimo fischia.
“Ma insomma, com’era questa ragazzina? Carina?”
“Sì, molto. A dire il vero, sembrava la fotocopia in miniatura della cantante LaFee…”
“Ma Stri, sei sempre il solito! Insomma, ti ritrovi una strafiga disponibile e arrapata che ti si struscia miagolando contro le gambe e tu la respingi?”
“Mi ricordi qualcuno, ma chi? Ah, già… uno scaricatore di porto con il quoziente intellettivo pari a quello di una caccola di mosca!”
“Sei troppo carino per essere anche acido, Seb…”.
Rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi, ma è solo un attimo.
Improvvisamente, il nostro fidato e ciccionissimo chef Carl si affaccia dalla porta della cucina del furgone.
“Ragazzi, è pronta la cena!”
“Fantastico!”.
Esclama Yu, rianimandosi.
“E cos’abbiamo, stasera?”.
Io alzo gli occhi al cielo, mentre Luminor serra le dita attorno alla copertina rigida del suo libro e perfino Kiro e Shin riescono a smettere di sbaciucchiarsi per un momento.
Nonostante le mie scarse doti telepatiche, in questo momento riesco a leggere perfettamente i pensieri nelle menti dei miei amici.
“Fa’ che non sia… fa’ che non sia…”
“Bè, ovviamente Gulasch, ragazzi! Mi dispiace, ma non sono riuscito a trovare altro!”.
Shin spalanca il finestrino del furgone e si allontana prendendo la rincorsa.
Prevedendo il peggio, Kiro lo afferra per le spalle e lo pilota verso la cucina, sussurrandogli nell’orecchio chissà quali promesse sconce.
Io sospiro e faccio cenno a Yu di venire a mangiare, mentre scorgo Luminor che, in un angolo, si caccia in bocca tre o quattro pillole di tranquillante.
- - -
Una volta terminata la cena (trattenendo a stento i conati di vomito e ignorando le domande di Carl che, a fine pasto, pretendeva di sapere chi avesse gettato tutti quei frammenti di Gulasch sotto al tavolo), io e gli altri possiamo finalmente dedicarci alla nostra attività preferita…
No, non sfottere i Tokio Hotel…
E neanche guardare film porno!!
Luminor si riaccomoda con il suo libro in mano, Kiro e Shin si rifugiano entrambi in bagno ghignando con fare misterioso e Yu naviga su Internet, mentre io sfoglio distrattamente un fumetto manga che non ho ancora avuto il tempo di leggere.
D’un tratto, Yu si alza e stiracchiandosi va a prendersi da bere, mentre io ne approfitto per usare un po’ il PC.
Navigando senza scopo qua e là e ripensando alla piccola Isabella Meier pronta a dare il meglio di sé china tra le mie gambe, incappo senza volerlo in un sito dedicato ai Tokio Hotel, non notizie e curiosità su di loro.
“… Natasha, l’attraente biondina pagata per fingersi la ragazza di Bill Kaulitz…”.
Rileggo quella frase più e più volte, mentre un’idea niente male inizia a prendere forma nel mio cervello…

***
Scendo la scalinata dell’università a passo rapido e con un muso lungo fino ai piedi.
“Viky! Ehi Viky, aspettami!”.
Mi fermo e mi volto.
Kristina mi viene incontro, arruffata e sorridente come al solito.
“Ehi… allora, com’è andato l’esame?”
“Da schifo, il professor Preuß è un idiota!”
“Ma perché, quanto hai preso?”
“Solo trenta!”
“Solo trenta?! Ma se è il massimo!”
“Ma Kri, io mi sono spaccata la schiena una settimana intera per avere la lode!”
“E vabbè, sarà per un’altra volta…”
“La fai facile, tu! Io non lavoro, sono i miei genitori a pagarmi gli studi, voglio che siano fieri di me!”
“Ma lo sono anche se non prendi dieci lodi di fila!”.
Sospiro e mi allontano.
Kristina proprio non capisce. Lei è di famiglia ricca, e per i suoi genitori non è un problema pagare una rata scolastica in più.
Ma per me, che sono del ceto medio, è diverso. Ho scelto di proseguire gli studi frequentando l’università solo per far piacere ai miei genitori ma, dal canto mio, sarei stata più che soddisfatta con un impiego come segretaria o con un altro lavoro mediamente remunerato.
Kristina mi insegue, ticchettando con le sue dècollettè Prada da trecento carte.
“Ho studiato così tanto in questi giorni, che non ho neanche avuto il tempo di vedere Andreas…”.
Kristina alza le sopracciglia, ma resta in silenzio.
“Che c’è?!”
“Sai bene come la penso su Andreas…”.
Fa una pausa. Poi, allunga il collo, come per guardare qualcosa dietro di me.
“Toh, parli del diavolo…”.
Mi volto e lo vedo venirci incontro. I soliti capelli biondi e arruffati, la semplice t-shirt in tinta unita e quel suo aspetto generale da surfista californiano che mi ha fatto innamorare di lui.
Oggi però, il mio surfista sembra triste…
Ci si avvicina con una faccia scura, fissandomi negli occhi. Abbozzo un sorriso, che però lui non ricambia.
Si rivolge invece a Kristina.
“Scusa, non è che potresti lasciarci soli, per un attimo?”.
Il suo tono sgarbato mi colpisce. Non si è mai rivolto così a Kri, né a nessun’altro se è per questo…
Lei però si allontana senza dire una parola, anche se non mi sfugge l’occhiata fulminante che gli lancia poco prima di andarsene.
“Viktoria, dobbiamo parlare.”
“D’accordo, ma… ho appena finito un esame, non vuoi sapere come mi è andata?”.
Lui sbuffa, scocciato.
“Tu e i tuoi esami…”
“Che c’è che non va?!”.
Chiedo, sul chi vive.
“Avevi detto che mi avresti chiamato sabato, perché non l’hai fatto?”
“Ho… ho avuto molto da fare.”
“Viktoria, le cose tra di noi non stanno andando molto bene ultimamente, te ne sei accorta?”
“Perché non ci vediamo spesso?”
“No Viktoria, noi non ci vediamo quasi mai!”
“Ma dài, è passata solo una settimana…”
“Sì, e in questa settimana ho avuto modo di osservare meglio le coppie che conosco e ho notato che loro vivono il loro rapporto in modo molto diverso da noi!”
“Cosa intendi?”
“Le ragazze dei miei amici mandano loro almeno una ventina di messaggi al giorno, raramente passano anche solo una giornata senza sentirsi!”
“Bè, scusami se io non sono come loro! Le ragazze dei tuoi amici lavorano, io invece devo farmi quotidianamente un mazzo gigantesco sui libri…”
“Già, e forse è questo il punto! Anch’io lavoro e sono libero solo nei weekend ma tu, che passi giorni interi a non far niente, non mi chiami mai comunque!”
“Niente?! Andreas, avrei tanto voluto che tu fossi a casa mia durante questa settimana, in modo da poter vedere come ho lavorato, dalle tre alle sei ore chiusa in camera mia, con la testa sui libri, senza quasi mangiare solo per poter superare questo cazzo di esame con un voto decente!”.
Mi rendo conto che sto alzando la voce e che diversi studenti ora ci stanno fissando.
Ma del resto, anche lui non è stato il massimo della delicatezza…
Ho gli occhi appannati, sento che potrei piangere da un momento all’altro…
“Scusami, non volevo mettermi a gridare, soprattutto qui, è che sono così sotto pressione ultimamente e ora anche tu…”.
Appoggio la testa contro il suo petto, vorrei che mi abbracciasse, ma non lo fa.
Se ne sta immobile, le braccia mollemente stese lungo i fianchi.
“Ehi, Andreas! Che stai facendo, tesoro?”.
Lui si scosta bruscamente da me, mentre io noto una bella ragazza mulatta con lunghi capelli neri ed occhi color ambra venire verso di noi.
Lui la guarda e, anche se visibilmente in imbarazzo, le circonda le spalle con un braccio.
Lei mi sorride, un ghigno tirato e antipatico.
“E tu chi saresti?”
“Rachel, lei è Viktoria, una mia amica d’infanzia…”.
La situazione mi è chiara in meno di un secondo. Allungo una mano verso di lei e la stringo con fare amichevole.
“Sì, siamo amici d’infanzia… molto intimi!”.
Lei alza un sopracciglio con fare interrogativo, mentre Andreas la lascia andare e le sorride nervosamente.
“Senti, io arrivo subito, che ne dici se nel frattempo mi aspetti in caffetteria?”
“Mmm… sì certo, però sbrigati…”.
Si allunga a dargli un bacio sulla guancia e si allontana, con l’incedere lento ed elegante di una pantera a riposo.
Io le faccio ‘ciao ciao’ con la mano, mentre Andreas inspira profondamente.
“Quando questo sabato non mi hai chiamato, sono andato alla festa di Gabriel e lì l’ho incontrata. Io ero brillo, e lei aveva una gran voglia di divertirsi…”
“Te la sei portata a letto?”
“No, no! Ci siamo solo baciati un po’, niente di più!”
“Ma tu hai la ragazza, Andreas. Ce l’hai davanti a te proprio in questo momento e siccome è piuttosto incazzata, faresti meglio a sciorinare le tue patetiche scuse in fretta, in modo che la sottoscritta possa mandarti affanculo in diretta!”
“Lei mi dà sicurezza, Vik!”
“Sì, ti dà la sicurezza di guadagnarti almeno una scopata al mese!”
“Viky ti prego, non prenderla così…”
“E spiegami un po’ come dovrei prenderla, allora! Kristina aveva ragione a dirmi di lasciarti perdere, ma io sono una stupida, una stupida che si fida di tutti, anche dei bastardi come te!”
“Viky, io…”
“Alt. Stop. Basta. Sentimi bene, Andreas. Se la prossima cosa che dici non è: ‘ci si vede’, allora sarà: ‘ooh, le palle, mi ha dato un pugno nelle palle!!’. Chiaro il concetto??”.
Lui resta in silenzio per un attimo, mentre io lo guardo furibonda.
“Dovevo aspettarmelo. Ci si vede, Vik…”.
E si allontana.
Senza aggiungere altro.
Mi volto e me ne vado anch’io, camminando così veloce che quasi inciampo.
- - -
Kleenex usati appallottolati in ogni angolo dell’appartamento, barattolo di Nutella completamente svuotato del suo cioccolatoso contenuto e lasciato lì, a marcire sul tavolo della cucina.
Io che, avvolta in uno dei miei pigiami più informi e meno femminili, me ne sto distesa sul divano di fronte alla TV a non guardare assolutamente niente.
Tutti segni riconducibili ad un suicidio imminente…
‘Ma Sven, io ti amo!’
‘Mi dispiace Miriam, ma mia moglie Petra ha scoperto che ci vediamo. Dobbiamo chiuderla qui’
‘E… e il nostro bambino?!’
‘Valuteremo in seguito il da farsi…’

Cambio canale immediatamente e finisco su una rete sportiva, che in questo momento sta trasmettendo la finalissima di una partita di ping-pong.
Ah, bè…
La porta dell’appartamento si apre con un lieve cigolìo e Kristina fa capolino in salotto, mentre io sprofondo nel mio amato plaid a fiori.
“Eh no, però…”.
Riemergo dalle profondità abissali della mia depressione lancinante.
“Cosa?”.
La mia voce è un rantolo indefinito.
“Capisco che hai appena avuto la più grossa delusione amorosa della tua vita, ma non ti sembra il caso di lavare quei piatti?”
“Uff… non puoi farlo tu? Sono lì da almeno tre settimane…”
“Scordatelo ragazzina! Sono lì da tre settimane, e infatti sono esattamente tre settimane, quasi un mese, che salti il tuo turno di pulizie! Adesso, finchè non ti decidi a lavarli, quei piatti restano lì! A costo di finire per mangiare direttamente sul tavolo!”.
Kristina è una tipa orgogliosa…
Mugugno dal dubbio significato.
La mia amica sospira.
“E’ normale che tu ti senta così, in fondo hai appena subìto un trauma, una persona di cui ti fidavi ciecamente ti ha tradita e scaricata… ma è il momento di andare avanti! Tira fuori le palle, ragazza!!”
“Non posso, credo che mi siano rimaste incastrate nella patta dei pantaloni…”
“Non ha importanza! Devi solo comprendere la vera natura del tuo ‘io’ interiore…”
“Kris, il fatto che all’università frequenti il corso di Psicologia non ti dà il diritto di analizzarmi continuamente!”.
Ribatto, tirandomi la coperta sulla testa.
In quel momento, il telefono squilla. Vorrei rispondere, ma Kri è più veloce.
“Pronto, casa… oh, salve! Sì, certo. All’una? Perfetto, glielo dirò! Arrivederci a dopo!”.
Sbuco piano piano da sotto il plaid, mentre Kristina mi guarda con compassione.
“Tua madre si è autoinvitata a pranzo da noi, oggi… arriva tra un’ora”.
A quanto pare, i guai sono appena incominciati…
- - -
Con straccio e spolverino ancora in mano ed i capelli raccolti in una ridicola crocchia, io e Kri ci lanciamo un’occhiata soddisfatta. La cucina è pulita e scintillante come non lo era da secoli, e anche le altre stanze sono in ordine.
Giusto il tempo di renderci un po’ più presentabili ed ecco il trillo del campanello.
Non faccio nemmeno in tempo ad arrivare alla porta che questa si apre subito, mentre mia madre entra in casa a passo di marcia.
“Ciao, mamma…”
“Hai già preparato da mangiare, spero.”
“Ciao anche a te mamma, sì, anch’io sto più o meno bene… comunque sì, è già tutto pronto, spero ti vada bene una pasta al pomodoro…”.
Perché, quando c’è lei, riesco a parlare solo sottoforma di pigolii inconsulti??
“Bè, non è il massimo ma vedrò di accontentarmi… eppure pensavo di averti insegnato a cucinare molte cose!”.
Silenzio.
“Comunque” riprende, entrando in cucina con me al seguito. “… a quanti esami sei?”
“Con quello di oggi… diciotto.”
“Ne hai dato uno oggi? E com’è andato?”
“Bene, credo. Trenta.”
“Trenta.”
“Sì…”
“Trenta e basta?”
“Ehm, sì…”
“Quindi non hai preso la lode?”
“Purtroppo no.”
“Come mai? Non hai studiato abbastanza, immagino.”
“Ho studiato moltissimo questa settimana, mamma, non ho mai messo il naso fuori di casa, ma evidentemente per il professor Preuß non è stato abbastanza!”
“Non usare quel tono quando parli con me, altrimenti… altrimenti dall’università te ne vai dritta… dritta a lavorare con papà!”
Mio padre gestisce una piccola impresa di assicurazioni.
“Per me andrebbe più che bene!”.
Ribatto esasperata, senza fare particolarmente caso allo strano tono esitante con cui ha pronunciato la sua solita minaccia.
“Mangiamo!”.
Esclama d’un tratto, sedendosi a tavola. Porto i piatti fumanti.
“E Kristina? Non mangia con noi?”
“No, lei ha… ehm… un impegno fuori”.
Non mi sembra carino dire che se l’è squagliata non appena mia madre è entrata e che aspetta una mia chiamata per rientrare in casa al momento più opportuno…
“Oh che sciocchezze, che impegno può avere a quest’ora?”
“Io non lo so, perché non glielo chiedi?”
“Come puoi non saperlo, vivete insieme!”
“Mamma, non hai fame??”
“No, a dire il vero non molta…”
“E allora perché sei venuta qui?!?”.
Questa donna ha il potere di farmi diventare isterica!!
Lei si aggiusta il suo cappotto di cachemire, antico cimelio dei bei tempi che furono, e mi guarda seria.
“A dire il vero… è proprio riguardo all’università e all’attività di tuo padre che volevo parlarti…”
“Certo, dimmi.”
“Con la crisi economica degli ultimi tempi, il denaro scarseggia e molte aziende sono state costrette a dichiarare bancarotta.”
“Sì, questo lo so.”
“Bè… lo stesso è toccato anche all’agenzia di tuo padre, che è fallita. Non abbiamo più un centesimo e siamo sommersi di debiti…”
“Stai scherzando?!”
“E’ difficile trovare lavoro anche per i plurilaureati, ma se tu vuoi provare a cercare qualcosa…”
“Va bene, ma prima volevo almeno riuscire ad ottenere la laurea breve.”
“Ecco vedi, questo potrebbe essere un problema... Il fatto che non abbiamo più un centesimo non è del tutto esatto, tempo fa abbiamo messo da parte una certa somma di denaro in caso di tempi difficili, ma il denaro in questione non è sufficiente sia a risollevarci che a pagarti le rate dell’università, perciò devi scegliere: o torni da noi lasciando perdere l’università… oppure ti devi trovare un lavoro qui”.
Resto immobile, a bocca spalancata. Allontano il piatto, ormai mi è completamente passata la fame. Anche la mamma sembra sconvolta, si prende il viso tra le mani.
“Non so davvero come tireremo avanti, ora… Io non posso lavorare, sono troppo vecchia, e anche a tuo padre mancavano solo un paio d’anni alla pensione…”
“Dài mamma, troverò un lavoro e vi manderò una parte dello stipendio!”
“Ma no, non devi! Tu sei giovane, hai molto più bisogno di soldi rispetto a noi!”
“Ma non mi costa niente farlo! Io E Kristina dividiamo già le spese dell’affitto, la quota da dare a voi sarebbe davvero minima, e poi voi mi avete già dato un sacco di soldi per l’università! Il mio sarebbe un ottimo modo per sdebitarmi con voi!”.
Ora, per la prima volta dopo tanti anni, mia madre ha le lacrime agli occhi.
Se ne va ringraziandomi a più riprese, protestando ancora ma via via rassegnandosi, rassegnazione che non dev’essere poi così difficile, credo.
Quando è fuori dalla porta io mi ci appoggio contro, sbuffando.
Pilucco di malavoglia la mia pasta e mi fiondo su Internet.
E’ il momento di trovarmi un lavoro!

Comment, please! :)
 
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~ Denni
CAT_IMG Posted on 20/4/2009, 14:41




Tu SAI già.
Mi hai fatto leggere in classe U_U
Ma cos'è sta cosa che io inizio a fare una etero e poi spuntanto tante Het dal nulla? Mah! XD
 
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CAT_IMG Posted on 20/4/2009, 15:08

...Would you dance?
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Hihi... un'epidemia mia caVa, un'epidemia!!
 
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CryForTheMoon
CAT_IMG Posted on 21/4/2009, 11:26




La storia è molto interessante e ben descritta. Per via della mia natura XD mi è piaciuta immensamente la prima parte, quella con i Bizarri, ma sono sicura che manterrai alta la mia attenzione nei prossimi capitoli ... specialmente quando lei troverà lavoro.
*ghigna immaginando QUALE lavoro*XD
 
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3 replies since 20/4/2009, 14:10   127 views
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