| Bonjour *-* Siccome Dennilina (la donna magra) è rimasta interdetta quando ha saputo che su EFP sono già al capitolo sei, mi porto avanti con il lavoro e posto aussi qui. Vi amo <3
CAPITOLO SECONDO – Only for me
“No, mamma, aspetta!”, urlò Giulio precipitandosi nell’ingresso, dove la madre stava per riagganciare il telefono. La donna risollevò la cornetta. “Gabriele, ci sei ancora?…Sì, Giulio è qui…Ok, te lo passo…Grazie mille, salutami tua madre. Ciao caro.” Giulio le strappò di mano il telefono e solo allora si rese conto di non aver idea di cosa dire. “Pronto?” “Emo!” Gabriele lo salutò come se non fosse successo nulla. Come se quella mattina il bagno del secondo piano fosse stato utilizzato solo per bisogni fisiologici. “Ciao. Come mai hai chiamato?” Probabilmente non era successo nulla. Era stato tutto frutto della sua mente malata. Lui e Gabriele non avevano fatto sesso in bagno, era solo un’illusione. “Volevo chiederti se stasera ti andrebbe di venire ai Murazzi verso le dieci. C’è un po’ di gente…Sai, tanto per divertirci un po’…” Ovviamente anche quella era tutta un’illusione. Gabriele non gli aveva proposto di andare in discoteca con lui. Perché mai il suo cervello si ostinava a fargli immaginare certe oscenità? “Mi stai chiedendo di uscire?” Le parole gli erano uscite di bocca naturalmente: non aveva nemmeno dovuto pensarci. Oddio…aveva veramente parlato così a Gabriele? “Ehi, come corri…Beh, se vuoi, consideralo pure un appuntamento. Allora vieni?” Il suo cervello era definitivamente fuso. “Va bene. Vengo.” Sì, decisamente.
Giulio non stava uscendo da casa sua in apprensione come se avesse dovuto recarsi a sostenere un esame. Giulio non aveva passato due ore a prepararsi come se avesse dovuto sposarsi il giorno seguente. E, soprattutto, Giulio non aveva abbracciato il cane dei vicini sussurrandogli all’orecchio di essere innamorato. No, non lo aveva fatto. Era un sogno. Fatto sta che alle nove in punto si ritrovò fuori di casa, pronto per dirigersi alla fermata del tram che lo avrebbe portato dal suo principe azzurro.
La discoteca era affollatissima. La musica rimbombava, il dj urlava, le luci lo accecavano e di Gabriele nessuna traccia. Ok, forse aspettarsi di vederlo davanti al locale che lo attendeva per entrare assieme a lui era stato un po’ esagerato, ma era stato veramente scortese a non dargli nemmeno un punto di ritrovo… Un punto di ritrovo? In una discoteca? Il suo cervello era davvero fuso. In lontananza scorse un cespuglio di ricci bruni: Emanuele, il fratello di Gabriele. Gli sarebbe bastato avvicinarglisi e domandargli dove fosse il suo fratellino, ma la folla non aveva alcuna intenzione di farlo passare. “Eh che cazzo!”, bisbigliò scocciato. Ad un tratto, sentì qualcosa, o qualcuno, strusciarsi contro la sua schiena. “Ciao amore…” A meno che Gabriele non avesse cambiato sesso, quella decisamente non era la sua voce. Giulio si voltò e si ritrovò una ragazza grassottella dai capelli biondo platino a un centimetro dal naso. “Ehm…ciao…”, mormorò imbarazzato. “Sei qui da solo?” “Beh, tecnicamente starei aspettando un mio amico, ma n…” Senza nemmeno lasciargli terminare la frase, la ragazza gli gettò le braccia al collo ed iniziò a ballare sensualmente contro di lui. “A proposito, io sono Pamela.” Tutto quello che avvenne nei seguenti cinque minuti per Giulio rimase un mistero. In un attimo Pamela si ritrovò scaraventata contro un’altra ragazza che ballava per conto suo e Giulio venne più o meno teletrasportato nel bagno. “Cosa cavolo…” “Non. Lo. Fare. Mai. Più. Sono stato chiaro?” Gabriele era davanti a lui con le mani sui fianchi. “Gabr…” Evidentemente il ragazzo non aveva tempo da perdere, perché Giulio venne sbattuto con violenza contro il muro e si ritrovò Gabriele attaccato alle labbra. “Tu sei mio, hai capito? Non me ne frega un cazzo di chi diavolo fosse quella, tu sei solo ed esclusivamente mio.”, sibilò Gabriele, staccandosi solo per un istante dall’altro. Non si aspettava una risposta, sapeva che Giulio non avrebbe ribattuto, così iniziò direttamente il suo lavoro: sfilò a Giulio la felpa e la t-shirt che lui aveva scelto con tanta cura e le gettò sul pavimento sudicio del bagno, facendo poi lo stesso con i pantaloni.
Mentre Gabriele entrava ed usciva con violenza da dentro di lui, Giulio cercava di convincersi che tutto quello fosse orribile. Non poteva davvero trarre piacere dall’essere violentato! “Sei uno screamer, no? Allora fammi sentire come urli.” La voce roca di Gabriele lo fece rabbrividire di piacere e tutto quello che riuscì a tirar fuori fu un gemito lungo e sensuale. “Sì, direi che va bene anche così…”, constatò Gabriele mordendogli ferocemente il collo. Giulio mugolò nuovamente mentre veniva schiacciato ancora di più contro il muro dal corpo sudato dell’altro. Inaspettatamente, le mani di Gabriele, tremanti per l’eccitazione, raggiunsero il suo membro pulsante. Impiegò un minuto buono per capacitarsi del fatto che Gabriele lo stesse masturbando. Gabriele… Gabriele che l’altra volta era stato sì gentile, ma non gli aveva regalato nemmeno la più minuscola delle attenzioni. Gabriele che pensava sempre e solo a soddisfare i suoi bisogni. Gabriele lo stava masturbando… Quasi in lacrime dalla commozione, Giulio portò una mano sopra quelle dell’altro, convinto di ricevere un altro segno d’affetto. “Che cazzo fai?”, sbottò Gabriele lasciando la presa sul suo pene. “Io…niente, io volevo…io…”, balbettò Giulio senza sapere realmente cosa dire. Gabriele ridacchiò, scosse il capo ed uscì dal corpo di Giulio. “Mi sa che ti sei fatto un’idea sbagliata della cosa quando ti ho detto che mi piacevi…Io intendevo che morivo dalla voglia di scoparti, non che ti amavo o cazzate del genere.”
Alcool. Aveva un disperato bisogno di alcool. Giulio era ormai al quarto cocktail, quando si rese conto dell’ora: le due. Ne tracannò un quinto, pagò ed uscì, senza sapere assolutamente come fare per arrivare a casa.
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