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Be A Streetwalker in Berlin - Capitolo 2, When the Word Crash on You

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tikagnam™
CAT_IMG Posted on 10/1/2010, 19:57




Sono soddisfatta di questo capitolo più del primo. *w*

SPOILER (click to view)
Titolo: Be a Streetwalker in Berlin
Avvertimenti: Slash, Lemon, Shonen-ai, Language
Pairing: Yu/Strify; Yu/Thea(OCF); Shin/Thea(OCF)
Rating: Rosso.
Note: Dal 2002, in Germania, la prostituzione è legale ed è quindi un vero e proprio mestiere, con contratti di lavoro, assistenza sanitaria e fondo pensione e non nessun obbligo di prestarsi a pratiche sessuali non gradite. Essendo un vero e proprio mestiere le prostitute possono scegliere di lavorare in pub, bar e bordelli oppure come libere professioniste e, nel caso lavorino come dipendenti, possono anche rivolgersi alla legge in caso di sfruttamento da parte del loro datore di lavoro. Mediamente lavorano cinque giorni a settimana e hanno un mese di vacanza l’anno.
Tuttavia non tutte le prostitute hanno deciso di regolarizzarsi con la legge e quindi sono una percentuale minima gode di questi vantaggi.
Visto l'argomento non proprio semplice, mi scuso di non poterlo narrare approfondendolo come vorrei. Spero vi piaccia lo stesso.



Be a streetwalker in Berlin.



- Capitolo 2 -
When the World Crash on You ~



Quando Yu aprì la porta di casa erano le sette di mattina. Il suo programma era scivolare in camera silenziosamente, senza darlo a vedere, riposarsi un'oretta sul letto e inventarsi una stronzata da dare a bere a Strify e agli altri, ma non andò proprio così.
Quando entrò fu accolto da Kiro, che dal soggiorno era corso nell'ingresso.
«Che cazzo di fine avevi fatto?» sibilò. Yu esitò, leggermente confuso. Aveva raccontato a Strify che restava dalla sorella e lui gli era sembrato tranquillo, perché invece Kiro no? Sospettava qualcosa?
«Ero a casa di Annika.» rispose, con la voce ferma, sostenendo lo sguardo del più basso. Lui sbuffò. «Idiota. Sei un... idiota! Vai da Strify.» gli disse, guardandolo male.
Yu iniziò a capire che qualcosa non andava. Aveva sbagliato qualcosa? Andò verso la camera di Strify, preoccupato. Bussò alla porta, chiusa, ascoltando il silenzio che veniva dall'interno.
«Kiro, sto guardando il soffitto e la cosa richiede molta concentrazione, quindi puoi entrare solo puoi dirmi che fine ha fatto Yu.» rispose il cantante. Parlava senza alcuna espressione, come se stesse leggendo l'elenco telefonico. Se la situazione non fosse stata quella e la frase non fosse stata detta in quel modo, Yu sarebbe scoppiato a ridere. Ma Strify non doveva stare molto bene se parlava con quel tono.
«Sono qui, piccolo.» sussurrò, esitando un po' all'inizio. Aprì la porta. «Posso entrare?»
Strify lo guardò di sfuggita, asciugandosi gli occhi anche se si vedeva perfettamente che aveva pianto, e annuì. Yu, ricevuto il permesso, entrò, chiuse la porta, prese una sedia e si sedette accanto al letto in silenzio.
«Dove sei stato stanotte?» domandò Strify, mantenendo il tono di voce piatto e privo di espressione che iniziava un po' a spaventare Yu. Avrebbe quasi preferito che urlasse e lo prendesse a schiaffi, perché nel vuoto di quelle parole sentiva una rabbia ed un dolore troppo grandi. Ma non perché Strify fosse realmente così arrabbiato o così sofferente – forse non stava neanche così male – bensì perché era proprio Andreas a provare quei sentimenti nei suoi confronti e questo non sarebbe mai dovuto accadere. Yu si sentiva in colpa, più di quanto potesse sopportare, e non sapeva che dire. Voleva dire la verità ma si vergognava di sé stesso.
Strify si voltò a guardarlo negli occhi. «Allora, Yu?»
Non voleva sentirla più quella voce, sembrava svuotarlo totalmente, da cima a fondo: entrava dalle orecchie e attraversava in tutto il corpo, prendendosi tutto e lasciando solo i sensi di colpa.
Quando l'aveva guardato negli occhi, aveva percepito il vuoto. Non avrebbe mai dimenticato quello sguardo.
«Sono stato...» esitò. Non poteva dirgli la verità, non poteva farlo. «A letto con una ragazza, vero?» Strify continuava a tenere lo sguardo fisso nel suo, continuava a parlare con quella voce vuota.
Yu fece un cenno di assenso, arrendendosi. «Scusami, Strify, se solo potessi raccontarti tutta la storia...»
Il cantante, che si era alzato, si voltò a guardarlo. «Fallo.» lo invitò.
Ma Yu scosse la testa. «Ti sembrerei un idiota.» Gli sarebbe sembrato precisamente ciò che era: un grande, grandissimo idiota. Non si sarebbe mai perdonato quello che aveva fatto, non si sarebbe mai più sentito meritevole dell'amore che Strify provava per lui. Non tollerava più sé stesso, avrebbe voluto buttarsi via ed essere qualcun altro. Lasciare le proprie colpe a qualcuno, chiunque altro, e liberarsene per sempre. Ma non poteva farlo. Strify continuava a guardarlo, ma i suoi occhi si erano riempiti adesso. Non stava più scacciando i sentimenti, non cancellava più le emozioni. Ora in quegli occhi si scorgeva dolore, confusione, rabbia, sogni infranti, freddezza, desideri e... amore.
«Non hai nient'altro d'aggiungere?» domandò Strify, cercando di essere freddo, anche se la voce gli tremò. Il chitarrista distolse lo sguardo, non ce la faceva a reggerlo, non più. Andreas sopirò.
«Perfetto. Hannes de Buhr, con te ho chiuso.». Scandì bene le ultime due parole, prima di uscire dalla camera e poi dalla casa, per andare chissà dove, chissà con chi, chissà per quanto.
Mai provata la sensazione che il mondo ti crolli addosso?
Yu sentì crollare tutto, ogni singolo pezzo del proprio mondo. Ma lui era forte, lui era quello che non piangeva mai. Difatti, tra tutti i suoi amici, nessuno avrebbe saputo mai quanto aveva pianto.

* * * * *

Erano le otto di mattina quando bussarono alla porta e l'ultima cosa che Thea si aspettava di domenica mattina era una visita. Quando aprì la porta e lo vide, se ne ricordò immediatamente. Sembrava distrutto, come se non avesse proprio dormito, aveva le occhiaie, era struccato, aveva i capelli in disordine e gli stessi vestiti della sera prima. La ragazza non riusciva a capire che ci facesse lì. Anne la interruppe, chiedendo chi avesse bussato e affacciandosi dalla cucina, come al solito entusiasta anche quando c'era da piangere, e Thea la zittì con uno sguardo.
«Che ci fai qui, Hannes?» domandò dolcemente a Yu. Gli sembrava quasi un gattino abbandonato, l'esatto opposto di ciò che le era apparso il giorno prima. Lui le rivolse uno sguardo che non doveva significare nulla ma nel quale lei vide tanta sofferenza, e sfoderò un sorriso, falso come una banconota da dodici euro. «Hai da fare?» domandò. Lei scosse la testa e gli fece cenno di entrare.
«Ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino e che mi aiuti a sparire per un po' dalla circolazione, ma i miei amici mi conoscono troppo bene, mi sentirei giudicato.» confessò.
Thea annuì. «I posti ci sono, ed io sono disponibile. E non devi neanche raccontarmi la storia.»
Yu annuì, anche se qualcosa avrebbe dovuto dirgliela sicuramente: aveva bisogno di sfogarsi. Si mise seduto sul divano e si guardò intorno. «E se io volessi farlo? Se volessi raccontarti tutto? Non racconterai mai a nessuno nulla di ci ciò che farò o dirò?» le domandò.
Lei sorrise. «Puoi fidarti di me.» disse, sedendosi sul divano di fronte a lui. «Allora cos'è successo? Lo hai detto ad Andreas?» lo guardò dritto negli occhi, anche se lui cercava di evitare il suo sguardo.
Yu rimase sorpreso dal fatto che lei già avesse intuito tutto, che già sapesse di lui ed Strify, ma quella notizia gli semplificò ancora di più il compito: doveva solo dire ciò che era successo, nulla di più. Non chiese come avesse fatto a scoprirlo, né se sapesse chi fosse in realtà Andreas. Probabilmente, pensò, era stato lui a dire il suo nome, a farle capire che stavano insieme, magari senza rendersene conto. Gli faceva troppo male ricordare cosa era successo il giorno prima, i sensi di colpa lo avrebbero assalito. Così rispose alla domanda di Thea.
«Mi ha lasciato. Aveva ragione lui, non ho potuto dirgli nulla. Il fatto è che sono uno stupido, un idiota, un cretino. Non merito nulla di ciò che mi ha dato, non merito lui, non merito neanche di essere qui. Dovrei sparire dalla faccia della terra e finirla di fare stronzate. Senza di me si starebbe meglio.»
Disse quelle parole con calma, ma dopo poco iniziò a piangere come un bambino, come davanti a qualunque amico non avrebbe fatto e come invece riusciva a fare benissimo davanti ad una perfetta sconosciuta, una ragazza di cui sapeva solo il nome. E poi urlò, si insultò, disse tutto ciò che non aveva mai detto solo perché cercava di apparire forte. Continuò a parlarle ed a piangere per ore intere e lei stette lì ad ascoltarlo in silenzio, intervenendo raramente, abbracciandolo ogni tanto o prendendogli le mani.
Quando finì le parole e le lacrime si sentì infinitamente stanco e totalmente privo di difese, ma bene. Stava bene perché non riusciva a trovare niente più di cui rimproverarsi, aveva ripercorso tutti gli errori della propria vita, dal primo all'ultimo, e finalmente sembrava capirci qualcosa. Come se i pezzi del puzzle fossero tornati al loro posto. Ma il puzzle non gli piaceva: era il risultato di tutti quegli errori che aveva fatto e che – chiudendo gli occhi, senza rispetto per sé stesso né per gli altri – aveva ripetuto tante altre volte ed è inutile dire che il risultato non era affatto un'opera d'arte.
Quando il respiro del moro tornò normale, lei parlò, finalmente, dopo tutto il tempo che lo aveva ascoltato.
«Se adesso hai bisogno di dormire, posso prestarti una maglia che mio fratello ha lasciato qui.» disse.
Hannes annuì e le diede una mano ad aprire il divano -letto; Thea gli portò un maglione gigante – probabilmente una taglia XL – e lo informò che sarebbe rimasto solo.
«Io ed Anne usciamo, torneremo nel pomeriggio.» lo avvertì «Se hai bisogno di mangiare, sul frigo c'è una lista di numeri di servizi a domicilio. Ti consiglio la pizzeria in cima all'elenco. Se hai bisogno di qualcos'altro, il mio numero ce l'hai.» Gli lasciò tutto il possibile per farlo stare bene, aveva anche pulito la cucina.
Le piaceva fare del bene agli altri, la faceva sentire bene.

* * * * *

Strify uscì di casa. Non sapeva che fare, sapeva solo che voleva andarsene il più lontano possibile. In una realtà parallela, se possibile.
Non poteva credere che Yu lo avesse fatto davvero. Ci pensava e gli sembrava così irreale. Yu gli aveva detto di voler stare con lui, che la band non era importante quanto lui, che quando sarebbe finita sarebbero rimasti amici, che l'ultima cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stato ferirlo, fargli del male. Lui aveva iniziato tutto quello.
E poi, la sera prima, dopo neppure sei mesi, non solo era andato a letto con una ragazza, ma l'aveva anche pagata. Aveva fatto bene a mollarlo, continuava a ripeterselo, ma non se ne convinceva. La consapevolezza di non stare più con lui non era ancora arrivata, gli aleggiava intorno, pronta a colpire ed a fargli ancora più male.
Fuori faceva freddo e Strify si stinse nel cappotto, tirandosi il cappuccio sulla testa. Cercò nelle tasche un paio di occhiali scuri: non poteva rischiare essere riconosciuto, non in quel momento ed in quelle condizioni. Ne trovò un paio e ringraziò il suo vizio di infilarsi tutto in tasca e dimenticarselo lì.
Arrivato alla fine del vicolo dove abitava, si bloccò. Dove doveva andare, cosa doveva fare?
Camminare, per prima cosa. Svoltò a destra – anche se avrebbe potuto benissimo scegliere di andare dritto – e decise di continuare a camminare, fino a quando non sarebbe arrivato da qualche parte. Si concentrò sui propri passi, ma sfuggire ai propri pensieri sembrava impossibile.
E pensare che Yu, la sera prima, l'aveva baciato prima di uscire. Gli aveva detto che usciva con i suoi compagni del liceo, “amici” che prima lo avevano escluso, ed ora che era 'famoso' tornavano a fargli visita. Sì, Andreas li odiava, lo aveva sempre fatto. Ma la sera prima ne era stato felice. Non era più come prima, Yu si era acconciato come voleva, si era truccato, senza preoccuparsi di quello che loro avrebbero potuto dire. Ma forse quella era solo una scusa, come quella della sorella, forse con quei ragazzi non ci era neanche uscito.
Poi un pensiero lo fulminò, tanto che rallentò il passo. Yu non l'avrebbe baciato più.
Una consapevolezza stupida, una cosa logica, ma che a lui era passata per la mente solo in quel momento. Accelerò il passo e continuò a camminare. Non doveva piangere, non voleva piangere, aveva versato fin troppe lacrime. Lui non si meritava tutta quella sofferenza.
Ed altri ricordi gli affollarono la mente, quasi a ricordargli cosa si sarebbe perso, come se fosse colpa sua. Scosse la testa mentre le lacrime presero a bagnargli il viso e, senza neanche accorgersene, iniziò a singhiozzare.
«Ti dispiace se stasera ti faccio compagnia nel letto?» chiese Yu, con un sorriso innocente. Strify sbadigliò. «Ho sonno, Hannes, sono stanco.» gli rispose.«Non credo sia il caso.» aggiunse per chiarire le proprie intenzioni. Yu continuò a guardarlo negli occhi. «E dai, lo so che in realtà lo desideri...»
Strify si fermò e si guardo intorno, cercando di scacciare i ricordi. Erano troppo dolorosi. Si trovava vicino ad un parco dove andava spesso. Non sapeva neanche come ci era arrivato, non era molto vicino a casa. Si sentiva stanco, sarebbe volentieri tornato indietro, in camera sua, steso sul suo letto a guardare il soffitto tutto il giorno. Ma se c'era Yu? No, non poteva tornare indietro.
Sospirò, chiedendosi per quale assurdo motivo era successo tutto quello.
Decise di andare da Chenelle. Era un po' che non le faceva visita, ma la casa era sempre la stessa, non molto lontano da quel parco. Forse lei l'avrebbe fatto stare meglio.

Citofonò e si sentì anche un po' imbarazzato. Era da un annetto che non andava a trovarla, piombare in casa sua così, solo perché ne aveva bisogno gli sembrava scortese. Peccato che ci avesse pensato solo dopo.
«Chenelle, sono Strify...»
«Chi non muore si rivede, eh!» rispose lei, un po' acida, come al solito. Gli aprì il cancello e lui salì al secondo piano, dove c'era l'appartamento della sua amica. La porta era socchiusa, così entrò e chiuse la porta dietro di sé. L'ingresso era proprio come lo ricordava, erano cambiati solo gli oggetti sul tavolino e i cappotti sull'appendiabiti.
Lei si affacciò dalla cucina. «Sono qui in cucina, vieni pure!» lo invitò.
Strify tolse gli occhiali scuri, posò il cappotto sull'appendiabiti e la seguì. Chenelle stava cucinando e c'era un buon profumo di carne. «Di cosa hai bisogno, allora? Cos'è che è andato storto?» domandò lei, guardandolo distrattamente mentre tagliava .
Era proprio tutto come un anno prima, gli leggeva anche nel pensiero!
«Ma cosa ne sai tu che ho bisogno di qualcosa? Insomma, potrei anche essere venuto a trovarti perché mi mancavi...» provò a convincerla lui.
Lei lasciò i fornelli e si sedette davanti a lui, guardandolo negli occhi con aria scettica. «Strify, non ci vediamo da un anno.» iniziò, guardandolo male. «Ma io ti conosco. Se va tutto bene come vuoi farmi credere, come mai sei solo e non ci sono Yu o Kiro con te? E perché hai quella faccia da cadavere?»
Strify sbuffò. Doveva raccontarle tutto? Poteva fidarsi di lei, questo lo sapeva.
«Bé, ma tu non sai tutta la storia...» disse, cercando di evitare il discorso.
«Raccontamela, no?» replicò lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo (ed in effetti lo era).
Strify esitò un po', poi sospirò e iniziò a parlare. E quando iniziava a parlare niente poteva fermarlo.

* * * * *

Quando Yu si svegliò, restò ancora un po' in camera ad ascoltare i rumori che c'erano in casa. Doveva essere sera, si sentivano le voci di Anne e Thea, probabilmente erano tornate. Si concentrò su ciò che dicevano per capire di cosa parlavano.
«Mi stai dicendo che è gay, ha tradito il suo ragazzo e poi è venuto dalla prostituta che ha pagato la sera prima?» Anne sembrava sconvolta. «Ma sei idiota?! Lo fai anche entrare! Potrebbe stuprarmi!» aggiunse quasi urlando. Thea la guardò e quasi le scappò una risata. «Anne, è bisessuale, non è un maniaco assassino!» Certe volte la sua migliore amica sembrava un po' stupida quando si comportava in quel modo, ma lo era meno di quanto sembrasse. E poi non lo faceva mica per cattiveria.
Yu, dalla sua camera, ridacchiò.
Lei ci pensò un po' su. «Va bene, ma tienilo lontano da me, intesi?» concluse.
«Sai che ti stai comportando come un'ottusa omofobica, vero?» osservò la mora.
Anne sbuffò. «E tu lo sai che attrai le stranezze come la calamita col ferro?»
A quel punto Yu si alzò ed uscì dalla camera, sorridendo. Fuori, in corridoio, le due stavano discutendo.
«Buonasera Hannes!» esclamò Thea, interrompendo la discussione e sorridendo. «Come va? Stai meglio?»
Yu sentì una nausea improvvisa ed impallidì. “Non più ora che mi hai svegliato definitivamente, ricordandomi che sto una merda.”, voleva dire. In effetti, l'unico motivo per cui si era addormentato era la stanchezza, altrimenti sarebbe stato sveglio tutto il tempo, a guardare il soffitto, come Strify.
«Meglio, grazie» sbuffò, anche se dalla sua espressione sembrava più un “Non rompermi i coglioni, idiota!”. Ma Thea non si scompose e restò cortese. «Non ti ho presentato la mia amica...» iniziò, indicando la bionda. Era la tipica biondina: occhi azzurri, alta poco meno di lui e all'apparenza anche piuttosto stupida. Forse la stava giudicando in quel modo per quello che le aveva sentito dire, si disse Yu. «Lei è Anne.» La presentò la mora. Yu le strinse la mano con un finto sorriso e notò che era molto cauta, anche se sembrava non volerlo dare a vedere.
«Piacere.» sussurrò lei, analizzandolo con uno sguardo. Yu continuò a sorriderle. «Il piacere è mio.» disse,a anche se avrebbe voluto mandarla a quel paese. Lei non rispose, lasciò la presa e se ne andò in camera. Yu guardò Thea con un'occhiata eloquente.
«Perdonala, è simpatica quando impari a conoscerla.» disse lei, facendo spallucce. Fece una pausa, sembrava pensierosa. «Lo hai chiamato?» gli domandò.
«Chi?» domandò Hannes, anche se sapeva di chi stava parlando la mora. «Andreas, e chi sennò?»
Yu scosse la testa. «Ho dormito.»
Thea sbuffò spazientita. Gli aveva detto di chiamarlo se voleva chiarire e quel idiota che aveva fatto? Se ne era fregato. «Che cazzo aspetti? Vuoi che si incazzi perché non ti ritiri a casa e non sa dove sei finito?»
Yu scosse la testa. Non poteva chiamarlo. Insomma, Strify aveva tutti i motivi di questo mondo per mandarlo a fanculo e lui non aveva neanche un'argomentazione a proprio favore. Gli avrebbe chiesto scusa anche all'infinito, lo sapeva, ma forse non era quello il modo giusto. E se gli avesse scritto una lettera, magari accompagnata da un bel regalo? E se gli avesse fatto uno striscione? Se gli avesse scritto una canzone? Si sentì patetico. Era patetico e innamorato. Ma forse quelle idee le avrebbe usate, in fondo per amore si fa di tutto, no?
«Allora? Chiamalo, per la madonna!» esclamò lei, spingendolo di nuovo nella camera degli ospiti. «Ti lascio pure la tua privacy, ma fallo e subito!»
Chiuse la porta e Yu scosse la testa. Prese il cellulare e fece il numero, sperando che non rispondesse.

* * * * *

Strify spiegò a Chenelle tutto quello che era successo, dall'inizio alla fine. Con lei si era sempre confidato, poteva dirle tutto, non lo giudicava e gli dava ottimi consigli, perché guardava tutto in modo realistico e non troppo ottimista o pessimista come spesso si tende a fare, o almeno lui la considerava a quel modo.
Chenelle lo aveva ascoltato quietamente, mentre cucinava, poi gli aveva anche offerto il pranzo. Strify all'inizio aveva detto che non faceva niente, che sarebbe tornato quel pomeriggio, ma lei aveva insistito e così alla fine era rimasto. Gli sembrò di tornare indietro di un anno e si sentì meglio, anche se solo per quella sensazione. Passarono il pomeriggio assieme e sarebbe stata un'ottima domenica se solo Yu avesse dormito con Strify, la notte prima, invece di uscire con gli amici.
Dopo aver visto un film, Andreas decise di tornare a casa e togliere il disturbo ma, proprio in quel momento, Yu lo chiamò.
«Oh cazzo, è Hannes. Rispondo?» domandò a Chenelle. Lei annuì facendogli un cenno di incoraggiamento.
Strify premette il pulsante verde e rispose con uno «Ciao.» un po' freddo. Guardò Chenelle che gli faceva dei gesti e gli sussurrava di andare avanti. «Che... che c'è?» continuò esitante.
Yu sperava talmente che l'altro non avrebbe accettato la chiamata che se n'era quasi convinto, tanto che non sapeva neanche cosa rispondergli. Balbettò un po' all'inizio, ma poi trovò le parole giuste, che in fondo non erano complicate da pensare, ma restavano difficili da dire.
«Io... sono... Scusami.» iniziò con un sospiro. «Scusami davvero tanto, Andreas. Scusami, scusami, scusami.» sussurrò. Stava quasi per mettersi a piangere, ancora, ma si fece forza: stava parlando con Strify e doveva fare l'uomo, non la bambina lamentosa.
Strify, dal canto suo, non sapeva che dire. Era tutto così difficile. Ma sentirsi chiedere scusa così, abbandonando totalmente l'orgoglio, senza alcuna giustificazione, lo faceva sentire bendisposto nei confronti del moro, come se in fondo avrebbe potuto perdonarlo, un giorno. Sapeva che non era facile per lui, ma non per questo l'avrebbe mai perdonato così presto: stava male e non era una cosetta da nulla; non era un litigio, non si poteva dire “È colpa mia, facciamo pace” e basta, era una cosa seria.
«Yu, io non posso scusarti. Se avessi voluto ti avrei perdonato già. Devi darmi del tempo.» Sapeva di essere duro, ma non riusciva a fare altrimenti. Doveva pensare prima a sé stesso, poi a lui. Chenellle restò a guardare, annuendo. In fondo era la cosa giusta da fare.
«Ma Strify, ti prego! Cosa devo fare per farmi perdonare? Uno striscione? Un annuncio sulla rete nazionale? Devo scriverti una canzone? Devo ordinarti la camera tutti i giorni? Devo lasciarti la cuccetta migliore sul tourbus? Lo farò, farò tutto quello che vuoi! Ti prego, perdonami!» Yu si sentì ancora una volta ridicolo. Una cosa era pensare quelle cose, un'altra era dirle. Quanto era patetico.
A Strify venne quasi da ridere: che carino che era Yu, quando si comportava in quel modo. Fece un respiro profondo e mantenne quell'atteggiamento duro, non lasciò passare nulla. Da quel giorno in poi agli altri sarebbe dovuto sembrare che a lui non importasse per nulla del suo ormai ex ragazzo. «Yu, voglio solo che mi lasci in pace.» disse, chiudendo la chiamata.
Era un po' teatrale come fine, ma era la frase giusta.
 
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