,f a n f i c t i o n stories ~

Amoressia.

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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 14/8/2010, 17:15




L'anoressia è un argomendo delicato da trattare, lo so, eppure mi va di farlo. Non so cosa ne sarà di questa storia, so solo che la sento mia più che mai. E'.. uhm, un pezzo della mia vita, direi.
Ecco, vi lascio alla lettura. Consigli, critiche, accetto tutto. (:


«Noi siamo amoressici.»
«Amoressici?» e rise, di una risata divertita, un po’ confusa.
«Sì. Rifiutiamo i nostri sentimenti come io rifiuto il cibo.»
«Amoressici dici, eh?» ci ragionò su. «Allora è meglio se ci curiamo.»
Lei annuì, sovrappensiero. L’Amoressia si può curare?




Capitolo uno.




L’edificio del Liceo classico M. Cairoli la guardava imponente e vecchio, quasi decadente, con le scritte dei suoi studenti sui muri. Una in particolare catturava l’attenzione di ogni studente, vecchio o nuovo.
‘Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.’
Iris rise e pensò allo stupido che l’aveva scritto sopra l’enorme cancello. Si ricordava vagamente di un tizio che tre anni fa faceva l’ultimo anno. Poi l’avevano espulso per quella scritta, ma non l’avevano cancellata. Era lì, maestosa, metteva paura a tutti quelli che entravano.
Ritornò al presente ed entrò, tra le urla esagerate degli studenti del liceo. Cercò di non badarci molto, ma era ogni giorno la stessa storia. Odiava stare tra quella gente, tra adolescenti che non facevano che fissarla ogni giorno, non abituandosi a lei.
Non c’era studente del terzo anno che non la guardasse. Raccolse tutto il coraggio che aveva dentro di se, come ogni giorno, e percorse i corridoi, arrivando alla sua aula. Ci entrò e andò nell’ultimo banco, vicino alla finestra.
«Lei è in anticipo, signorina Rossini.» Iris alzò la testa dal libro di Latino e incontrò il sorriso del suo professore.
Sorrise e chiuse sia il quaderno che il libro. «Sì, non ho voglia di stare fuori.» rispose, indicando con un leggero cenno del capo il corridoio.
Il professore annuì, pensieroso.
«Hai mangiato qualcosa stamattina?» le domandò, come di consuetudine, abbandonando ogni formalità. Ogni mercoledì mattino era così. Arrivava in classe, trovava il professor Gilardi intento a compilare il registro. Si sedeva, lui la raggiungeva. ‘Lei è in anticipo, signorina Rossini.’ E poi ‘Hai mangiato qualcosa stamattina?’
Lei annuì, perdendo anche l’ultimo briciolo di buonumore.
«Sì, latte e brioche.» mentì e lui fece finta di crederci.
«Attenta, Rossini, attenta.»
Il professore l’aveva presa in simpatia perchè era l’unica in classe a prestare attenzione alle sue lezioni. Si preoccupava per lei e un paio di volte l’aveva pure accompagnata all’ospedale dopo che era svenuta.
E anche lei, in fondo, si era affezionata a lui. Se solo la smettesse di chiedermi in continuazione se faccio colazione.
«Certo, prof.»
Ma la campanella coprì la sua voce, obbligando gli studenti a entrare nelle loro classi. Nessuno si stupì di vedere Iris già seduta con i libri sul banco, intenta a studiare.
Nessuno si stupì di vedere che non aveva alzato la testa nemmeno una volta in quelle prime tre ore. Prima Latino, poi Matematica e infine Greco. Lei aveva ascoltato i professori senza alzare la testa, senza dire una parola. Aveva preso appunti e poi al suono della campanella aveva chiuso il quaderno.
Aveva ignorato i commenti poco gentili dei ragazzi dietro di lei e si era alzata.
«Iris..» qualcuno la fermò sulla porta. Doveva andare in bagno, bere tanta acqua.
Si girò e vide una ragazza starle davanti. Si vergognava di dover chiedere aiuto a quell’anoressica. Così guardò da un’altra parte.
«Cosa vuoi, Lisa?» domandò infine Iris, perdendo la pazienza.
Lisa era amica di Anna e nessuna delle due parlava con Iris. Era vietato parlare con Iris; forse perchè sembrava volesse ammazzare con lo sguardo chiunque si avvicinasse. Per questo spesso e volentieri il banco accanto a lei rimaneva vuoto.
«Ecco, volevo chiederti.. visto che sei brava in latino, se puoi darmi una mano, ecco.» balbettò, strizzita. Anna, dietro di lei, un po’ rideva sotto i baffi un po’ si arrabbiava perchè non le andava a genio che l’amica si rivolgesse a quella sfigata.
«No.» rispose Iris, senza cambiare espressione.
«Perchè?» domandò sorpresa Lisa. Si aspettava un sì perchè tutte volevano avvicinarsi a lei o ad Anna. Tutte aspiravano a diventare loro amiche. Tutte tranne Iris.
«Non ho tempo da perdere con te.» fece un passo avanti, smettendo di guardare la bionda tinta.
Questa si infuriò. «E cosa devi fare, eh? Attaccarti al cesso e vomitare? Nascondere il cibo? Eh?»
Iris si fermò sulla soglia, si appoggiò alla porta e l’altra mano la strinse forte in un pugno. Lisa era soddisfatta di quelle parole; era la loro specialità far star male Iris e le altre ‘sfigate’.
Guardò Anna per trovare conferma. L’altra, bionda naturale, le sorrise e alzò il police destro.
«Ecco perchè non ho tempo da perdere con te.» sibillò tra i denti, trattenendo la voglia di spaccarle la faccia.
Lisa rimase sorpresa, il suo sorriso compiaciuto sparì, lasciando al posto a un’espressione che poche volte compariva. Iris aveva ferito Lisa.
Iris rimase ancora un secondo e poi se ne andò.
«Stupida anoressica.» bisbigliò Lisa, quando Anna le fu accanto.
«Non ho ancora capito perchè hai chiesto aiuto proprio a lei.» disse e sbuffò. Si sistemò la gonna e si sedette su un banco.
«Perchè è l’unica brava in latino.» rispose tra i denti Lisa. Si spostò la frangia dagli occhi e guardò l’amica. Era bella, certo. Anna era bellissima e spietata. I ragazzi le morivano dietro e lei li rifiutava tutti. Quelli della sua età non le piacevano; mirava a quelli più grandi, magari dell’ultimo anno o più grandi ancora, come il marito bello da morire della nuova professoressa di Filosofia. Bello e infedele, aveva detto un giorno la bionda, soddisfatta di averlo ospitato tra le sue gambe.
Faceva tante cose sbagliate, Anna, per la sua età. Quindici anni non le bastavano e così fingeva di averne diciotto, venti.
Qualche volta la si vedeva in giro con Matteo, quello della quinta C. Non avevano una vera storia, ma si divertivano insieme. A lui piaceva sul serio. La verità era che Anna non si accontentava mai di nessuno.
«Che vuoi che sia? Un tre non ti rovinerà la media. E poi il compito è settimana prossima, hai ancora tempo per studiare.» rispose l’altra annoiata.
«Per te è facile. Tanto chi se ne frega se rimani bocciata, no?»
Anna cambiò espressione e avvicinò il viso a quello di Lisa. «Sta’ zitta, stupida.»
Lisa rimase così per un po’, senza sapere come ribattere. Anzi, non doveva ribattere o se la sarebbe scordata la popolarità. Così fece finta di non aver sentito.

*


Iris si guardò allo specchio. I capelli scuri le incorniciavano il viso magro. Non aveva il ciuffo o la frangia come la maggio parte delle ragazze della scuola, e questo la faceva sembrare ancora più strana. Erano lunghi, le arrivavano qualsi al fondoschiena, lisci. Gli occhi invece erano chiari e facevano a botte con il suo viso sempre imbronciato. Erano azzurri come il cielo con sfumature di un giallo strano. Erano il ritratto di tutta la felicità che Iris sopprimeva.
Aprì il rubinetto e lasciò che per qualche secondo l’acqua scorresse libera. In verità lo faceva perchè era sempre sporca all’inizio.
Abbassò la testa, tirandosi i capelli indietro e aprì la bocca. Lasciò che l’acqua entrasse e le riempisse lo stomaco.
Quando si tirò su, stava già meglio. Cercò di sorridere, ma le sembrò solo di deformarsi il volto. Schioccò le sottili labbra e si avviò verso la porta. Appena in tempo perchè la campanella la stordì. Odiava quel rumore assordante. Le faceva venire il mal di testa.
Tornò in classe e pazientemente aspettò che passassero anche le ultime due ore.
Poi, come ogni giorno, uscì quasi correndo, affaticandosi e perdendo il respiro per pochi secondi. Fuori dal cancello sua madre l’aspettava in macchina, battendo le mani e canticchiando una canzone allegra. Era una donna ancora giovane. Appena quarantenne, senza rughe, magra, bella. Per questo il marito l’aveva sposata. Perchè aveva visto in lei la giovinezza eterna. Aveva gli occhi dello stesso colore della figlia e l’unica ruga che la caratterizzava era quella che si formava quando vedeva arrivare la figlia in tutta la sua magrezza. Socchiudeva gli occhi sforzandosi di non piangere, pregando che non morisse lì davanti a lei, mentre attraversava la strada, tra gli sguardi dei suoi compagni.
«Ciao, tesoro.» disse, sorridendole.
Lei annuì. «Ciao, mamma.»
La donna partì e nessuna disse altro. Non facevano molta conversazione; non si ricordava nemmeno l’ultima volta che la figlia aveva riso di cuore.
A casa l’aspettava Boby, il loro cane; si capiva che era un pastore tedesco solo dall’aspetto esteriore perchè dentro il cane aveva il carattere di un pulcino indifeso.
Appena le vide entrare saltò addosso a Iris e le leccò le guance. Lei chiuse gli occhi e lo lasciò fare. Era l’unico che riusciva a metterle il buon umore.
«Ciao tesoro!» esclamò qualcuno e Iris sbuffò, buttando per terra la cartella e avviandosi verso le scale.
«Dove vai? Adesso preparo la cena!»
«Chiamami appena è pronto.» disse, passando accanto all’uomo che prima aveva salutato sua madre.
Iris non lo sopportava: con quella pancia ingombrante l’aveva sempre costretta a stare nel margine del divano, quando era piccola, per guardare la tv. E aveva quei denti orrendi.
Non capiva perchè sua madre aveva sposato uno come lui.
«Anche oggi di cattivo umore, Iris?» domandò l’uomo, non aspettandosi veramente una risposta, dato che non gliela dava mai.
«Lasciala in pace, Lucas.»

*


Si tolse i jeans e si mise una tuta. Poi accese lo stereo e sospirò tranquilla. Lì, nella sua stanza, stava bene.
«La cena è pronta tesoro.» chiamò la madre, quasi urlando per farsi sentire sopra la voce di David Bowie.
Senza dire niente mise pausa e scese. Cominciava a non sopportare più la sua vita sempre uguale.
Come ogni sera Lucas stava a capo tavola, blaterava su quanto aveva lavorato. La madre sedeva alla sua destra e annuiva ogni volta, dipendendo dalle parole del marito. Iris si sedette davanti alla madre, senza guardare nessuno dei due.
Approfittò dela distrazione dei due per dare metà della sua carne a Boby. L’altra metà la nascose nel fazzoletto che mise in tasca.
La madre le sorrise, senza rendersene conto. Iris, anche se con entrema fatica, masticò un cucchiaio di riso, per farla contenta. Sentì un connato di vomito salirle su per la gola, ma lo trattenne, lasciandosi scappare una smorfia.
Si alzò. «E adesso dove vai?» domandò, un po’ scocciato, Lucas.
«Che t’importa?» Iris lo guardò male e uscì.
«Lasciala in pace, tesoro. Imparerà a volerti bene. Diamole tempo.»
Lucas scosse la testa, non approvando. Erano passati anni da quando Iris aveva chiesto tempo epr accettarlo. Anni.
«Hai visto anche tu che si è portata dietro il tovagliolo pieno di cibo?» osservò Lucas, prendendo la mano della moglie.

*


«Iris!» gli occhi azzurri della ragazza rotearono e attraverso lo specchio guardarono la porta. Qualcuno provò ad entrare, ma l’aveva chiusa a chiave.
Sorrise soddisfatta.
«Iris! Esci subito dal bagno.» continuò a urlare la madre, preoccupata e irritata allo stesso tempo.
Iris sbuffò e si mosse lentamente verso la porta marrone. Fece scattare la chiave verso destra e la madre la aprì e la guardò con occhi spalancati, terrorizzati.
«Che c’è, mamma?» domandò Iris, facendosi spazio.
«Ero preoccupata per te.» ammise e diede una veloce occhiata al water. Alcuni pezzi della sua cena erano rimasti sulla superficie dell’acqua.
Mentre le esili gambe della ragazza salivano le scale, la madre le corse dietro. «Hai buttato ancora il cibo, eh? Ma perchè ci fai questo? Non vedi che stai morendo?» urlò fino a diventare rossa dalla rabbia.
Iris si fermò un momento, la guardò senza espressione, poi sospirò e riprese a salire. Un gradino alla volta, piano, perchè il suo corpo non reggeva troppo sforzo.
«Non so di cosa stai parlando.» mentì, come ogni giorno faceva.
La madre non disse niente, si fermò al secondo gradino, si sedette e si prese la testa fra le mani. Pianse per un po’; pianse per tutte quelle volte che la figlia non lo faceva. Pianse perchè giorno dopo giorno Iris si spegneva.
Iris entrò nella sua stanza e si sentì subito meglio. La calda luce della sua lampada la riscaldò e si tolse la felpa. Si avvicinò alla scrivania e prese il diario.
Si affacciò, poi, alla finestra. Si sedette lì e dalla sua mansarda vedeva tutto. Si stava facendo buio e le poche persone rimaste sulle strade stavano attente a tenere bene l’ombrello per non bagnarsi. Lei invece tirò fuori il piede e lasciò che la pioggia lo lavasse. Sorrse senza un motivo e poi prese a scrivere nel suo diario, mentre la luna splendeva e le faceva da amica. L’unica.

Caro diario,
Uno nasce, cresce, sbaglia, cambia, invecchia, muore. Non credi che la vita sia troppo breve per vivere davvero?
Cerchi disperatamente di vivere come si deve, ma cadi sempre nella solita monotonia. Ti alzi la mattina, ti vesti, vai a scuola, studi, torni a casa, guardi la televisione, aspetti che arrivi sera e dormi. La monotonia ti prende completamente, ti imprigiona e tu non pe puoi più uscire; è come una malattia che non ha una cura e mai l’avrà. Monotonia. È così crudele e piena di sè, non lascia che la gente si viva la sua vita.
C’è forse qualcosa di più crudele della monotonia?
 
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•denniminaj´
CAT_IMG Posted on 15/8/2010, 20:59




Posso dire una cosa?
Io non leggo quasi mai Original.
Non mi soddisfano pienamente perché molti non approfondiscono i personaggi (che, essendo originali, non possono essere capiti come i fandom musicali o televisici) e altri scrivono con i piedi.
Ma la tua mi ispira troppo.
La tua è una ventata di aria fresca in una camera sempre chiusa, tenuta segregata dalla banalità.
E dato che io, quando faccio i commenti, li faccio "bene", non mi tolgo la soddisfazione di quotarti le parti più belle.

CITAZIONE
«Lei è in anticipo, signorina Rossini.» Iris alzò la testa dal libro di Latino e incontrò il sorriso del suo professore.
Sorrise e chiuse sia il quaderno che il libro. «Sì, non ho voglia di stare fuori.» rispose, indicando con un leggero cenno del capo il corridoio.
Il professore annuì, pensieroso.
«Hai mangiato qualcosa stamattina?» le domandò, come di consuetudine, abbandonando ogni formalità. Ogni mercoledì mattino era così. Arrivava in classe, trovava il professor Gilardi intento a compilare il registro. Si sedeva, lui la raggiungeva. ‘Lei è in anticipo, signorina Rossini.’ E poi ‘Hai mangiato qualcosa stamattina?’

Parto da qua. Penso che questo pezzo sia veramente realistico. Così vero, e vicino.
Qualcosa che mostri le abitudini e le cose che accadono ogni giorno, o in questo caso ogni mercoledì.

CITAZIONE
Aprì il rubinetto e lasciò che per qualche secondo l’acqua scorresse libera. In verità lo faceva perchè era sempre sporca all’inizio.
Abbassò la testa, tirandosi i capelli indietro e aprì la bocca. Lasciò che l’acqua entrasse e le riempisse lo stomaco.
Quando si tirò su, stava già meglio. Cercò di sorridere, ma le sembrò solo di deformarsi il volto.

Anche questo pezzo è incredibilmente realistico, apprezzo il modo in cui l'hai descritto.

CITAZIONE
C’è forse qualcosa di più crudele della monotonia?

Concordo in pieno.

Devo farti i complimenti, questa è una delle poche fan fiction originali che mi sono piaciute.
Spero vivamente in un continuo <3
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 16/8/2010, 13:40




Ohh! Ti confesso che ho molta paura di affrontare i commenti che mi verranno fatti a questa storia perchè è diversa dalle solite che scrivono.
Spero solo di non deluderti con i prossimi capitoli e ti ringrazio per aver apprezzato molto quelle parti! ^^
I personaggi sono per me la cosa più impoprtante, quindi do molto spazio a ognuno di loro.

Arriverò presto il secondo capitolo, forse stasera o domani. (:

Ti ringrazio ancora!
 
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CAT_IMG Posted on 16/8/2010, 17:18
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...I drove for miles and miles...
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Ciao cara,

ammetto di non leggere quasi mai le storie che postate voi ragazze. La colpa è tutta della Denni che mi ha linkato la tua storia su msn. Ammetto, sai, che sin dal primo impatto mi ha catturata. Il titolo, sai. Può non dir nulla come mille cose e a me ne raccontava mille.

Di solito non leggo storie che non siano yaoi, sono un pò limitata, sì. Ma la tua mi piace, quindi aggiornala presto. E i miei complimenti. Scrivi limpidamente, sono pezzetti di vita. Brava.

E chiedo perdono già ora, se non noterò il tuo aggiornamento perchè io, sì sa, ho una memoria pessima =)
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 16/8/2010, 19:20




Troppo gentile, davvero. Ti ringrazio di cuore. (:
Tranquilla, l'importante è che qualche volta ti fai sentire. Sai, per sapere se vado bene o no. v.v
 
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CAT_IMG Posted on 27/8/2010, 12:45
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AAAAAAAAAAAAAA, DOVE è IL SEGUITOOOOOO, DOVE èèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 27/8/2010, 17:27




Aaahh che spaventooo O____________O
Okok, eccolo eccolo! hahah


Capitolo 2.



Il professor Luca Gilardi era seduto sui gradini dell’entrata. Fumava la sua solita sigaretta, prima di entrare e cominciare la sua giornata di lavoro.
«’Giorno, prof.» salutò Anna, sculettando e il professore non potè fare a meno di guardarle il culo. La gonna si muoveva qua e là, mentre i ragazzi ancora fuori se la immaginavano in mutande.
«Anna Anna, torna sulla retta via, ragazza.» sospirò, aspirando profondamente dalla sigaretta.
«A volte mi sembra che lei abbia cinquant’anni, prof.» disse sfacciata, senza vergogna.
A Luca piaceva quando Anna ripeteva in continuazione prof. Lo faceva in modo provocatorio, ma forse lei non se ne accorgeva neanche.
«Torni ai suoi trentacinque.» disse seria, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Lui sapeva delle dicerie su quella ragazzetta. Sapeva quanto era sbagliata, eppure non riusciva ad immaginarsela con tutti quei ragazzi. Abbracciata a loro non ce la voleva vedere.
Sospirò e decise di entrare.
Anna, intanto, era andata a salutare Matteo e baciarlo in bocca come se stessero insieme da sempre. Lui ricambiò, perchè era pazzo di lei e lo sapevano tutti ormai.
Poi lei si girò verso Lisa e le sorrise.
«Andiamo in classe?» le domandò, prendendola per mano. Lisa faceva invidia a tutte le ragazze, perchè lei era amica di Anna, perchè usciva con i ragazzi più grandi, perchè era bella.
Lisa annuì.
«Oggi siamo in ritardo. Spero che Lucia ci abbia tenuto il posto.» si lamentò Anna, mentre percorrevano i corridoi, fino ad arrivare davanti all’entrata della loro classe. Lasciò la mano a Lisa e corse a prendere i posti. L’amica la raggiunse e si sedette, dopo aver lanciato una brutta occhiataccia ad Iris.
La mora sembrò non accorgersi di quello che succedeva intorno a lei.
La professoressa Mariachiara Bianchi entrò nell’aula accompagnata dal solito rumore dei suoi tacchi. E faceva tanto ridere i suoi studenti perchè camminava dondolandosi buffamente, a causa del peso e dei tacchi, appunto, perchè l’età non le permetteva più di camminarci come quando aveva vent’anni.
Sospirò come ogni giorno e si sedette alla cattedra. Osservò i trenta ragazzi e sospirò ancora. fare l’insengnante non era mai stato il suo sogno; lei avrebbe dovuto fare la modella, l’attrice, perchè un tempo era stata una donna bellissima. Ora, di quella donna, restavano solo gli occhi azzurri, che non avevano perso d’intensità nemmeno andando avanti con gli anni.
«Apriamo i libri a pagina trecentosei e finiamo velocemente questa tortura.» alcuni risero, altri aprirono il libro e basta.
L’ora passò lentamente per la maggior parte dei presenti, tra numeri, segni e altre cose che Iris non capì. La matematica era un’altro mistero della sua vita che non avrebbe mai risolto, non che ci teneva tanto. Erano un ammasso di cose incomprensibile e inutili. Le andava il cervello in palla solo a pensarci.
Raccolse i suoi libri di matematica e li buttò dentro lo zaino. Vide, mentre era ancora a testa bassa, dei piedi avvicinarsi a lei. Erano delle Vans nere e dei jeans blu scuro a sigaretta, stretti sulla gamba del ragazzo.
Alzò la testa e lo guardò. «Ciao, Fra.» mormorò e si alzò, domandandosi cosa volesse da lei un tipo che le aveva rivolto la parola solo per insultarla. Si domandava anche perchè continuava a chiamarlo ‘Fra’ quando tra di loro non c’era più alcuna amicizia dalla terza media.
«Iris.» bisbigliò, teso. Si sedette sul suo banco, facendole segno di ritornare sulla sedia. Lei obbedì, un po’ confusa.
Francesco Petrullo era un tipo strano.
«Ti devo chiedere una cosa.» disse infine, giocando le mani.
«Ti segano anche quest’anno? Guarda che io non ti aiuto.» disse velocemente, interrompendolo. Era stato bocciato già due volte perchè non riusciva a prendere più di cinque in Latino e Greco. Era un tipo davvero strano. Vestiva particolare, esagerato, e se avesse potuto avrebbe portato il suo skate persino in classe.
«No!» esclamò, scocciato e sbuffò. «Perchè dovresti aiutarmi?» continuò senza capire.
Iris sospirò e indicò Lisa che se ne stava in fondo alla classe a chiacchierare con Anna e ragazzi venuti da altre classi.
«Ti ha chiesto di aiutarla?» domandò, indicandola anche lui con il pollice.
Iris annuì impaziente.
«Sabato a casa mia c’è la festa d’inizio scuola.» disse e lei annuì. Francesco organizzava quella festa da quando erano in prima media. Era un modo per godersi gli ultimi momenti di libertà. La faceva la seconda settimana d’inizio scuola. Invitava praticamente tutta la scuola, ma dopo la terza media non l’aveva più invitata da nessuna parte e lei ci aveva fatto l’abitudine.
Lo guardò alzando il sopracciglio poi notò quanto si stava torturando le mani dall’ansia.
«Io non vengo più alle tue feste da..»
«Lo so, lo so Iris.» la interruppe, perchè non aveva voglia di starla a sentire mentre ripercorreva gli eventi di quel venerdì pomeriggio.
Si alzò e si mise davanti a lei.
«Mia madre mi ha obbligato ad invitarti, lo ammetto.» confessò con sguardo basso.
Lo interruppe. «Come sta la signora Petrullo?»
«Iris!» la sgridò con i nervi a fior di pelle. Si sentiva osservato da dietro e sapeva da chi. Anna.
«Senti, Fra, no.» disse con un sorriso tirato. In quel momento lo odiava. «Sabato ho altro da fare.» si giustificò, mentendo. Sabato l’avrebbe passato come al solito, chiusa in casa a guardare le repliche delle puntate di Grey’s Anatomy.
Fece per allontanarsi e uscire dalla classe per andare in bagno. Francesco la seguì.
«Iris! Iris!» la chiamò, ma lei non lo stette a sentire e si chiuse la porta del bagno delle ragazze alle spalle. Appoggiò le mani sul lavandino e si guardò nello specchio. Aveva il respiro corto.
Francesco si fermò davanti alla porta e vi si appoggiò. Sospirò e decise di entrare. Si guardò intorno per controllare se ci fossero insegnanti e poi aprì la porta.
La prima cosa che vide furono le scritte sui muri. Una marea di cuoricini. Iris era sempre nella stessa posizione e non aveva detto niente vedendolo entrare.
«Iris..» bisbigliò e si avviciò lentamente.
«Fra, vattene.» sussurrò, senza trovare la voce.
Le riusciva difficile allontanare il suo ex migliore amico.
«Quindi non vieni alla festa?» mormorò, guardando il riflesso della ragazza nello specchio. Lei fece altrettanto e annuì.
«Te l’ho detto: ho altri impegni.» mentì di nuovo.
Lui sospirò e si lasciò cadere a terra. «Credevo che dicendoti che mia madre ti voleva alla festa saresti venuta..» bisbigliò, vergognandosi di sè stesso.
Iris si sedette accanto a lui e lo guardò aggrottando la fronte.
«Non.. non è così?» volle sapere e lui scosse la testa.
«Fra, senti..» iniziò, ma lui la guardò facendola smettere di parlare. I suoi occhi verdi erano come un cartello segnaletico: Stop, significava.
Anna aveva amato quegli occhi per così tanto tempo. Scacciò il ricordo e tornò ad ascoltarlo.
«Mi dispiace per.. per quello che è successo quel venerdì, Iris.»
Lei spostò lo sguardo su una piastrella del pavimento veramente interessante. Decise di non ascoltare niente di quello che le avrebbe detto, perchè non aveva intenzione di perdonarlo.
Si alzò e fece per uscire, ma si bloccò con la mano sulla maniglia della porta. «Fu Anna a organizzare tutto, vero Fra?» domandò, sapendo già la risposta.
Lui, preso alla sprovvista, boccheggiò un po’ e poi annuì, mortificato.
«Certo. C’è sempre Anna.» commentò con odio, prima di lasciarlo da solo nel bagno delle ragazze.

*



La vice preside Mazzini l’aveva riproverata ancora per l’abbigliamento poco adatto all’area scolastica. Aveva chiamato i genitori e li aveva convocati a scuola. Aveva fatto loro il solito discorso, facendoli infuriare.
E lei si era beccata la punizione.
Anna sbuffò veramente scocciata e velocemente si mosse verso gli amici. Si strinse nella giacca di pelle e percorse la piazza, beandosi degli sguardi che le venivano continuamente lanciati.
La gonna svolazzava ribelle; anche se fuori faceva freddo non aveva rinunciato ad indossarla.
«Anna!» esclamò Lisa e l’accolse con un abbraccio. «Ma non eri in punizione tu?» continuò, sorpresa.
Anna sbuffò ancora e poi regalò un sorriso a denti scoperti ai presenti. «Nessuna punizione mi impedisce di divertirmi!» esclamò e si avviò verso un bar.
«Voglio una cioccolata calda.» disse, entrando. Il cameriere annuì e li condusse ad un tavolo al piano di sopra, dove non c’era troppa gente.
«Questo è il piano, ragazzi.» cominciò, quando l’attenzione dei presenti fu tutta su di lei. «Alla tua festa Fra invitiamo anche gli amici di tuo fratello.»
Francesco alzò gli occhi al cielo e li roteò, scocciato. Le disse di no perchè suo fratello non perdeva tempo con quelle festicciole tra adolescenti. Lui i suoi vent’anni li passava nei pub a divertirsi con la sua ragazza e i suoi amici fichissimi. Era a loro che Anna mirava da tanto tempo.
«Dài, Franci. Digli che ci sarà droga, alcol o quello che vuoi, ma fallo venire. Ti prego ti prego ti prego.» continuò a ripetere ‘ti prego’ un po’ di volte finchè Matteo non sbuffò.
«Ma che ha quello lì che ti interessa?» protestò, geloso.
«Vent’anni, amore, vent’anni.» rispose Anna pacata. Certe volte Matteo non lo sopportava troppo. Con i suoi modi da gelosone psicopatico, pretendeva di averla solo per sè. Non sospettava minimamente che lei non lo considerasse nemmeno, se non quando quelle sere morte si sentiva sola e lo chiamava. Allora lui si precipitava di corsa, a piedi, in auto, in motorino o in bici. La raggiungeva sempre.
«No Anna. Mio fratello e i suoi amici non verranno. Punto. Rassegnati, dài.» sputò, un po’ irritato.
La bionda alzò gli occhi al cielo e cominciò a bere la sua cioccolata. «Che palle che siete, madonna.» mormorò.
«E poi, mio fratello non fa uso di droga.. o alcol.» si ricordò Francesco. Incrociò le braccia al petto e si appoggiò allo schienale.
Anna cominciò a ridere, seguita da Matteo e da Lisa. «Sì, certo, come no.» esclamò, sempre ridendo.
«Lo sanno tutti di quella volta che..»
«Ok, va bene. Stai zitta.» la zittò il ragazzo, perdendo la pazienza.
Si alzò, prendendo la sua giacca. La indossò e guardò Anna.
«Mi sono ricordato che ho un impegno.» scandì bene le parole perchè capisse che in verità voleva solo andarsene lontano da lei.
Anna gli fece il verso e si accese una sigaretta. «Ci vediamo, Franci.» lo salutò, alzando la mano.
Il cameriere la rimproverò perchè nel bar non si poteva fumare.
«Che palle che siete tutti, oh.» sbuffò e buttò la sigaretta per terra.
«Hai esagerato Anna.» si azzardò a dire Lisa. Anna si bloccò e mise la tazza di cioccolato sul tavolo senza aver bevuto.
«Cosa?»
«Lo sai che suo fratello non c’entrava niente poi con quella storia.»
Matteo annuì. «Sei stata crudele questa volta.»
La bionda roteò gli occhi. «E allora?»
Matteo e Lisa si guardarono a vicenda e stavano pensando sicuramente la stessa cosa.
Anna finì velocemente la sua cioccolata calda e si alzò.
«Dove andiamo?» domandò Lisa, imitandola. Matteo si mise il giubbotto e aspettò seduto che la sua ragazza rispondesse.
«Ho lezione di pianoforte. Devo andare.»
«Ci pianti per una fottutissima lezione di pianoforte?!» sbuffò Matteo e Lisa annuì.
Anna rise e gli accarezzò la guancia. «Stasera ho la casa libera.» disse maliziosa e Matteo annuì capendo.
Lisa girò la testa dall’altra parte mentre quei due si baciavano, dando spettacolo ai presenti.
«Ti aspetto alle otto.» poi baciò Lisa sulla guancia e se ne andò giù per le scale.
«Se vuoi puoi venire anche tu stasera.» Lisa si risvegliò dai suoi pensieri e mise a fuoco Matteo che le sorrideva.
Si alzò, non guardandolo. «Una cosa a tre sarebbe più divertente.» commentò, scoppiando a ridere.
«Vaffanculo, scemo.»
 
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•denniminaj´
CAT_IMG Posted on 27/8/2010, 20:31




M'attizza donna.
Attenta agli errori di battitura, a volte ti scappano, per il resto si fa intrigante e incredibilmente realistica!
Continua così! <3
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 29/8/2010, 10:26




Eh, gli errori di battitura mi perseguitano sempre.
Ti ringrazio!
 
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CAT_IMG Posted on 29/8/2010, 19:07
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...I drove for miles and miles...
........

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Oh, siccome ora sono intrippata con la tua storia, farai bene ad aggiornare e magari a farmelo presente da qualche parte XD XD

Mi piace e, se ti devo dire la verità, questo Fra mi attizza.
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 29/8/2010, 22:34




Fra ti attizza? haha
Anche a me.

Sono contenta che ti piaccia così tanto la storia. ^^
 
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CAT_IMG Posted on 13/9/2010, 16:08
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Taptaptap, stiamo aspettando XD
 
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•denniminaj´
CAT_IMG Posted on 14/9/2010, 14:13




*batte piedino*
XD
 
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brokenpromiseland;
CAT_IMG Posted on 14/9/2010, 14:29




Oh mamma, scusate è che greco e latino mi vogliono troppo bene e non mi lasciano mai un attimo stare xD.
Arriva arriva presto v.v
 
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•denniminaj´
CAT_IMG Posted on 14/9/2010, 18:11




Che fortunata, hai degli amici così premurosi XD
 
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23 replies since 14/8/2010, 17:15   209 views
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