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Ricordati di Noi.

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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 12/9/2010, 11:55




Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG17
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon

Questa storia è sotto licenza dalla Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License,quindi:
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Ricordati Di Noi





1. Strane Realtà.



Erano ormai dieci minuti che fissava quel punto preciso. Non sapeva ancora che cosa fare, cosa pensare. Sapeva solo... che doveva finirla di farsi male in quel modo atroce, continuare a sentire il sangue scorrere sulla sua pelle bianca fino a cadere in piccole gocce rosso fuoco sul pavimento di marmo. Continuare a passare il tempo bloccata nel suo passato, ricordare momenti, frasi che mai … sarebbero tornate indietro. Si alzò lentamente dal pavimento barcollando appena, prima di appoggiarsi alla parete e prendere un respiro profondo. Gli altri la stavano aspettando nel salotto, non poteva farlo adesso… doveva resistere almeno qualche altro minuto, per poi tornare in quella piccola stanza e riprendere il suo unico passatempo, l’unico che la potesse distrarre dal dolore che il suo cuore sentiva da mesi.
Uscì dal bagno sentendo alcune voci provenire dalla cucina, quella maledetta festa non doveva esserci, quella festa doveva essere in suo ricordo.. e invece era diventata la scusa per poter bere e divertirsi.
Entrò in cucina ripensando alla lametta che aveva, con poca voglia, lasciato sul lavello del bagno e, subito, incontrò uno dei tanti invitati che non conosceva.
“Brutta serata?” lo osservò con attenzione. Sicuramente doveva essere Vince, uno dei suoi tanti amici che aveva sentito nominare ma che mai aveva avuto l’onore di conoscere. I suoi occhi verde mare gli ricordarono subito la costa greca, la stessa su cui aveva passato notti magiche lontane dalla realtà. Si perse per un secondo in quel colore acceso, immerso sotto una chioma di capello biondo oro, setosi e pettinati al punto giusto, quanto il suo tono di voce tranquillo e calmo. Indossava una giacca nera di pelle con una camicia bianca di raso sotto di essa, il pantalone stretto metteva in risalto il corpo muscoloso e le mani grandi impugnavano con decisione un bicchiere di vodka.
“Abbastanza”
Lui la guardò alzando il sopracciglio destro quasi confuso per la sua risposta secca, ma senza darle importanza, tornò dal suo gruppo di amici riprendendo a ridere.
Era assurdo.
Più li guardava in volto, milioni di volte si chiedeva perché tutta quella gente era venuta per ridere, per scherzare. Lei dentro si sentiva morire. Spostò lo sguardo sulla lunga tavolata imbandita di strani cocktail e salatini, si guardò intorno, quasi si trovasse in un film in bianco e nero. Doveva trovarlo. Doveva riuscire ad incontrare i suoi occhi, almeno per un minuto. Poi, come un lampo che squarciava il cielo, lo vide. Così lontano da lei, così perfetto da lasciarle il fiato sospeso, bloccato in gola.
Nemmeno le avesse letto nel pensiero, si voltò con eleganza, anche lui con un bicchiere di vodka tra le mani completamente smaltate di nero, le sorrise debolmente e, a passo lento, iniziò ad andarle incontro.
“Qualcosa non va?” le sorrise con dolcezza osservandola in ogni angolo, forse aveva già capito. Forse era diventata così trasparente da sembrare invisibile, per alcune persone, ma non per lui.. non per Bill.
“E’ solo che.. non capisco.. siamo tutti qui per ricordare, invece, la gente si mette a bere e a ridere! Bill.. spiegami perché” si mise seduta sul divanetto della cucina, dove alcune ragazze sorridevano maliziosamente al famoso cantante non curandosi della motivazione per cui tutti si erano riuniti.
“Perché..” si fermò alzando lo sguardo verso le ragazze accanto a lei e ricambiò gentilmente,poi tornò su quella che da sempre, era rimasta fissa nella sua mente. Tornò indietro nel tempo di qualche anno soffermandosi sull’ultima volta che si erano incontrati, quel concerto. Quello in cui il povero Bill era caduto nell’ansia più totale, ma lei era lì… come se avesse sentito il suo richiamo. Spuntò dietro la sua guardia del corpo con quel sorriso solare che era in grado di cancellare ogni turbamento.
“Ti dispiace se andiamo a parlare di là?” chiese poggiando il bicchiere sul tavolo, porse la mano smaltata verso di lei e la guardò dritto negli occhi.
“Certo..” l’afferrò con decisione e, scansando la marea di gente attorno a loro, entrarono in una delle tante sale lussuose dell’enorme hotel.
“Perché siamo qui?” chiese lei incerta.
“Troppa gente..” rispose chiudendo la porta alle sue spalle. Davanti a loro una sala totalmente fuori dai canoni della povertà. Arredata con mobili in ciliegio luccicante e strani soprammobili costosi, guardò la moltitudine di diamanti che li circondavano.
“Troppa gente? Bill, ma se tu ami stare nelle folle! Andiamo.. quando è stata l’ultima volta che hai fatto un concerto? Ieri sera?”
“Anche se sto tra la folla, questo non vuol dire che mi piaccia viverci sempre. Sono anche io umano come te, e a differenza degli altri capisco che hai qualcosa che non va..” le prese le mani stringendole tra le sue. Erano gelide. Forse come i suoi occhi di ghiaccio pietrificati dalla paura che in quei mesi era nata nel suo cuore e, col passare del tempo, stava aumentando sempre di più.
“E’ che mi manca..” le strinse forte, due mani che sembravano l’unica via di fuga da quella trappola infernale che la stava uccidendo lentamente, più tempo passava, più le cose peggioravano di secondo in secondo.
“Lo so.. manca anche a me, ma tutta questa gente non è come noi.. ora ti cambi, e c’è ne andiamo da qua.. andiamo a fare un bel giro in macchina come al solito” chiuse gli occhi per un secondo. Ricordava ancora le notti passate in quella macchina, la strada illuminata da pochi lampioni, le risate di ragazzi innocenti del futuro, senza pensieri, senza dolore. Solo lei e Bill in quelle notti d’inverno sotto la neve a contare i fiocchi di ghiaccio che si consolidavano sul vetro dell’auto.
Forse le avrebbe fatto bene rivivere quel momento.
Forse tornare indietro nel passato con lui, sarebbe servito.
“Va bene Bill..” disse riaprendo le palpebre.
Lo lasciò nella sala con gli altri invitati mentre, a passo lento, saliva i tanti scalini ricoperti da un enorme tappeto rosso, la sua mente sembrava assente. Scollegata dal resto del mondo.
Improvvisamente si ritrovò a vagare nel suo passato, così prezioso per lei, ma troppo doloroso per riviverlo ogni secondo, si soffermò su di un giorno d’estate, un sole cocente da rovere le pietre e un vento caldo e dolce tra i suoi capelli castani che ricadevano dolcemente sulle spalle lasciando un piccolo ciuffo infrangere lo sguardo felice e senza pensieri. Ricordava ancora quanto fosse felice quel giorno, quanto avesse aspettato il suo aereo arrivare in aereoporto con Bill, ricordava ancora le lacrime che avevano varcato i suoi occhi quando era riuscita a riabbracciarlo, ricordava ancora quanta gioia il suo cuore avesse sentito in un sol secondo. Il suo papà. L’unico che, dopo la perdita della madre era riuscito a farla sentire bene, l’unico che aveva fatto di tutto per non farla soffrire, ma adesso, mentre il suo respiro aumentava sempre di più tra i ricordi, sapeva che aprendoli, lui non sarebbe stato al suo fianco. Lui era andato via. Per sempre.
“Ehi ti senti bene?” si sentii scuotere con lentezza, facendola svegliare dal suo stato di trans e vide davanti a se uno dei suoi migliori amici. Capelli neri e occhi castano chiaro, lo ricordava da sempre con le sue bacchette in mano da batterista, ma i suoi capelli erano cosparsi di un biondo oro. Nonostante i suoi cambi di look, così come Bill, non era mai cambiato.
“Oddio” disse lui sottovoce.
“Ciao Gustav” sorrise lievemente e portò una mano sulla sua guancia destra, accarezzando con attenzione i tratti del suo volto angelico e la sua voce dolce e amorevole come l’aveva sempre ricordata.
“Se non fosse stato per i tuoi occhi, non ti avrei mai riconosciuto”disse ancora incredulo. Nel passato del famoso batterista vi era una ragazzina, una bambina dagli occhi azzurri e il carattere troppo sensibile per reggere ancora una volta una perdita. Ed invece, adesso si trovava davanti una donna, alta e slanciata più di lui, ma con la tristezza e il dolore dipinto sul viso.
“Anche tu sei cambiato molto, ti stanno benissimo i capelli neri” disse cercando di apparire, almeno, meno triste del solito, ma sapeva che era completamente impossibile. Non poteva evitarlo. Gustav scosse la testa lentamente e la prese per le spalle tirandosela al petto, iniziò ad accarezzarle i capelli con dolcezza e le schioccò un tenero bacio sulla fronte.
“Oh Gustav… mi sei mancato tantissimo” disse soffocando la voce nella sua maglia bianca.
“Anche tu piccola, dove stavi andando?”
“In camera a cambiarmi.. Bill vuole portarmi a fare un giro in macchina” spiegò.
“Visto come è cambiato? Ma rimane sempre uno sciocco!” disse cercando di sdrammatizzare. Sentii un risolino forzato sul suo torace e con la massima lentezza la lasciò andare.
“Allora vai, ci vediamo dopo”
“Dove sono gli altri? Georg? E Tom?” chiese.
“Saranno qui in giro, Tom deve ancora arrivare, ma tu vai.. avremo tanto tempo per parlare insieme” le sorrise un’ultima volta prima di sparire dietro l’angolo ed andare in cerca del bassista. Riprese a camminare dimenticando, per un secondo, il suo ultimo ricordo e con uno strano sorriso entrò nella sua stanza.
Si cambiò velocemente la maglietta con una felpa a manica lunga, tanto quanto bastasse per nascondere i segni della lametta sulle sue vene, scese velocemente le scale per raggiungere il moro sulla soglia del parcheggio privato.
Lo trovò appoggiato all’auto con una sigaretta tra le mani e lo sguardo fisso al cielo nero colmo di stelle, era stupendo. Più di quanto si ricordasse. Il taglio di capelli era cambiato, una cresta sul capo ed un ciuffo sull’ occhio destro aveva rimpiazzato la chioma di capelli neri pece che quasi sempre alzava a mo’ di porcospino. La giacca nera copriva una maglia, anch’essa nera, con delle scritte in inglese bianche, la cintura di pelle con le iniziali del suo nome e del suo cognome le ricordò quanto fosse vanitoso, curava il suo aspetto come una prima donna, ma solo poche persone riuscivano a capire quanto Bill fosse sensibile, quanto il suo cuore si spezzasse subito per ogni minima cosa, proprio come lei. Forse per questo i primi tempi aveva timore d’intraprendere la vita della star, sapeva che sarebbe andato in contro a molti, giornalisti, molte persone contro il suo modo di essere, ma in fondo a chi importava? Se qualcuno lo avesse amato come meritava, allora poteva e voleva farlo.
“Bill” sibilò avvicinandosi. Lui gettò via la sigaretta ormai finita e le sorrise dolcemente aprendole lo sportello del passeggero. Si avvicinò a lui ricordando le mille volte che fingevano di essere alcuni personaggi delle favole. Lui,così dolce da perdere il fiato, lei, troppo sensibile da rompersi facilmente. Si sedette al suo posto e, solo quando Bill ebbe chiuso lo sportello, prese un respiro profondo, alzò lo sguardo al cielo chiudendo gli occhi. Sentii un dolce filo di vento sulla pelle sfiorarle i capelli e ricordarle i momenti più belli che aveva vissuto assieme a lui.
“Eccoci” disse lui sorridendo. Accese il quadro dell’auto e mise in moto. Sentii il rumore del motore vibrare un paio di volte prima di sfrecciare sull’asfalto.
“Allora.. è da tanto che non ci vediamo” disse lui.
“Già… come stanno andando i concerti?” chiese poggiando il viso sullo schienale, puntando gli occhi su di lui. Aveva iniziato ad osservarlo con attenzione, gli occhi contornati di nero fissavano la strada sicuri della destinazione e le sue unghie curate risaltavano dall’impugnatura in gomma nero.
“Molto bene, anche se sono alla ricerca di nuove canzoni, ultimamente non trovo facilmente l’ispirazione…” spiegò.
“Oh la troverai Bill… sei sempre stato bravo a scrivere le tue amate canzoni, è quello che hai nel sangue”
“Non sforzarti per favore” lei sgranò gli occhi senza nemmeno capire che cosa stesse dicendo.
“Bill ma che dici?!” esclamò. Fu un secondo. Sterzò senza preavviso accostandosi sulla costa del lago che partiva dalla montagna in fondo alla grande città e moriva subito dopo l’hotel che avevano lasciato.
“Ma che fai?! Sei pazzo!” portò lo sguardo alle sue spalle assicurandosi che nessun’altra macchina si fosse infortunata e lasciò scuotere la chioma di capelli prima di voltarsi verso il moro alla guida.
“Spiegami che diavolo ti prende!” rimase di sasso. Bill prese il suo volto tra le mani osservando con attenzione i suoi occhi azzurri. Il tocco del cantante la fece rabbrividire sotto quelle mani così curate, così perfette ed esili. Con una sola mano iniziò ad accarezzarle i capelli, molto lentamente, quasi il modo più semplice per farla cadere nel mondo dei sogni, poi, con estrema delicatezza, la tirò a se facendola aderire al suo petto.
“Bill..” sibilò prima di cadere in un pianto forte.
“Lo so.. ora sfogati, li c’èra troppo gente, per questo ti ho portato con me.. sfoga tutto adesso, qui.. qui con me..” poggiò il mento sulla spalla di lei lasciando cadere dai suoi occhioni castani lacrime nere, sporche di mascara.
“Oh Bill..”strinse le palpebre più che poteva, lasciando che le sue mani si adagiassero sul cuore pulsate del moro mentre le sue braccia l’avvolgevano in un abbraccio. Forte e dolce. Ascoltava il battito del suo cuore aumentare e il profumo forte del cantante stuzzicare il suo cuore e bruciare nel naso, si lasciò andare. Sfogando tutte le lacrime che da quando aveva detto addio al padre non era stata in grado di lasciare scivolare via, David era sempre rimasto nel suo cuore, ma non abbastanza da proteggerla dal dolore che stava sentendo.

“Bill..il mio Bill..” pensò prima di soffocare la voce in una nuova lacrima.
 
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CAT_IMG Posted on 12/9/2010, 17:28
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...I drove for miles and miles...
........

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Ah! Prima! =)

Okay. Il capitolo è scritto molto bene e senz'altro attira la curiosità. Il mio povero piccolo Jost... XD

Mi piace, parte bene, come storia. Lei problematica, in attesa di qualcuno che la salvi =) chi meglio dei nostri quattro eroi? =)

Beh, che dire, aspetto il seguito =)

 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 12/9/2010, 18:09




Oh grazie mille cara!!
Aspetto qualche altro commento e posto il seguito u.u
 
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¿blessedwithluckysevens´
CAT_IMG Posted on 12/9/2010, 19:01




Concordo, sembra interessante l'inizio, sebbene non sia molto attratta dai Tokio Hotel!
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 15/9/2010, 12:24




Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG13
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon


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Ricordati Di Noi





2. Ricordi.




Passarono minuti. Forse ore. Non aveva importanza. Il famoso cantante dimenticò tutta la sua fama, il solo averla tra le braccia gli aveva ricordato quanto fosse importante avere una vita normale. Senza fotografi pronti a ritrarre la sua immagine in posizioni strane o mentre faceva cose del tutto naturali, sapeva che quelle sue semplici pose potevano scaturire un grande successo. Iniziò ad accarezzarle i capelli dimenticando che quella stessa sera tutto il gruppo, le loro famiglie e amici si erano riuniti per ricordare il famoso manager dei Tokio Hotel. David aveva lasciato il gruppo a causa di un terribile incidente d’auto, ma aveva anche lasciato sua figlia. Lei che aveva vissuto i primi successi dei ragazzi da quando si riunivano nei garage di Georg per provare le prime canzoni nate dal nulla. O meglio, nate dal cuore di Bill. Lei che avevano lasciato sulla soglia di casa quando aveva appena 15 anni, troppo giovane e piccola per restare sola con sua nonna, ma forse troppo grande per capire così presto le responsabilità che dovrebbe avere una persona adulta. Ora dopo così tanto tempo si erano ritrovati, in una brutta situazione.
Daisy, aveva vissuto la sua vita nella piccola Loitsche, incontrando davanti a se ostacoli troppo grandi per la sua età, ma assieme al padre, grande manager si sentiva completa. Non le mancava nulla. Solo quando anche lui venne a mancare si sentii persa. Senza una meta.
Ricordava ancora con facilità quando le arrivò la notizia che aveva distrutto i cuori dei membri del gruppo tedesco, si trovava da sola nella sua camera con la testa china sul libro di biologia quando sua nonna vi entrò con il telefono tra le mani e le lacrime agli occhi.
“Nonna.. chi è? È papà?” i suoi occhi brillavano di gioia al sol pensiero di poter parlare con il suo adorato padre dopo giorni in assoluto silenzio. La povera signora anziana scosse la testa facendo nascere sul volto un piccolo sorriso e con voce roca rispose.
“No cara.. è Bill.” Le porse il telefono senza dire altro e pulendosi le mani sporche di farina sul grembiule rosa uscì dalla stanza lasciando la nipote assieme al cantante dall’altra parte del mondo.
“Bill? Ciao come stai?” chiese titubante. Sapeva che qualcosa non andava, sentiva la voce del moro parlare tra i singhiozzi e quello che recepiva era incomprensibile.
“Aspetta.. Bill calmati, dimmi che succede! Dov’è mio padre?” sentii un leggero tonfo e la voce del tenero Bill si spezzò in un pianto tragico.
“Bill! Bill rispondimi!” sentì qualche rumore leggero e una nuova voce parlarle.
“Daisy sono Tom.. scusa Bill non riesce a parlare adesso” la voce del giovane rasta sembrava sconvolta. Non lo aveva mai sentito così. Ma cosa stava prendendo a tutti quanti?
“Tom.. mi dici che cos sta succedendo?Non dirmi che Bill ha visto un altro film romantico!” sapeva che il moro era sempre stato appassionato dalle storie d’amore e conosceva bene le sue lacrime. Tutte le fan erano al corrente del suo più grande desiderio, Bill cercava l’amore. Ma fino a quel momento, l’amore non aveva cercato lui.
“No.. magari. Senti devo parlarti di David” disse serio.
“Wow Tom come sei serio! Non ti ho mai sentito così.. dai parla.” Lasciò cadere la matita sul grande quaderno pieno di appunti presi in classe e accese la piccola lampada sulla scrivania imbandita di libri e fogli strappati qua e là.
“Allora..” prese un respiro profondo. Com’èra difficile per lui dire quelle parole, non era mai stato bravo ad essere molto delicato, sicuramente suo fratello aveva più capacità di parola, ma in quel momento era troppo sconvolto per parlare.
“Domani saremo tutti a Loitsche”
“Oh davvero?! Che bello! Ma allora cosa centra mio padre?”
“Ecco.. merda com’è difficile.”
“Tom che ti prende? Per favore dimmi cosa sta succedendo..” si mise seduta sul letto cercando di mantenere la calma, non aveva mai sentito il rasta assumere quel tono di voce e le parole che lentamente uscivano dalle sue labbra sembravano tutto. Tranne che positive.
“David.. Daisy, David ha avuto un serio incidente stradale.. e domani non sarà con noi..” respirò a pieno sperando di essere stato conciso e chiaro su quello che fosse successo.
“Oddio.. e adesso come sta?! Tom dimmi che sta bene!” il rasta sbuffò poggiando la mano tra le treccine nere e si mise seduto accanto al fratello che con il viso colmo di
lacrime si stropicciava le palpebre sporcandosi le mani di matita nera.
“Daisy.. tuo padre non tornerà con noi.. perché è insieme alla tua mamma..” cercò di essere il più delicato possibile anche se avrebbe usato ben altre parole per essere più chiaro.
Dalla ragazza le parole erano sparite. Solo un grande silenzio rotto dai singhiozzi del cantante regnavano nella suite di Parigi e il cuore di Tom iniziò a battere in modo incontrollabile. Che fosse svenuta?
“Daisy?! Rispondimi!” sentì solo il telefono che cadeva sul pavimento e la voce della giovane lasciare al cielo un urlo disperato.

Da quel giorno era tutto cambiato, la vivacità che era regina negli occhi della ragazza era sparita, lasciando spazio alla tristezza che ogni mattina le macchiava gli occhi facendole dimenticare quante cose ancora in quel mondo alla rovescia la stesse aspettando. Ogni mese nel giorno del ricordo del manager, il gruppo cancellava ogni impegno per tornare in Germania e incontrarla, ricordare quei piccoli momenti di gioia insieme a David per poi lasciarli sul loro enorme bus e alla loro fama.
Adesso però qualcosa stava cambiando, ogni mese al ritorno a casa, nella mente di Bill ronzava un pensiero che non riusciva più a mandare via. Troppo importante per lui da lasciare da parte, troppo stuzzicante da non portare dietro con lui e Tom, il suo gemello lo aveva capito da tempo.
“Ti senti meglio?” chiese aprendo lentamente gli occhi. Abbassò lo sguardo verso di lei e rimase a bocca aperta, si era addormentata. La sistemò con dolcezza sul suo sedile e si levò la giacca di pelle posandola lentamente sul suo corpo infreddolito. Accese il quadro dell’auto e con uno scatto veloce partì velocemente sulla strada per tornare in quell’hotel troppo pieno. Durante il tragitto si voltava verso di lei controllando che continuasse a riposare nel modo più comodo possibile, le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e tornò a fissare il percorso che lo separava dal punto d’arrivo.
Improvvisamente sentii il telefono iniziare a squillare e con un veloce movimento lasciò solo una mano sul volante mentre l’altra frugava nella tasca del jeans troppo stretto. Quando finalmente lo prese in mano lasciò lo sguardo cadere su Daisy addormentata accanto a lui. Dormiva ancora.
“Pronto?”
“Bill ma dove diavolo sei!” esclamò una voce maschile dalla parte opposta.
“Tom sono in macchina sto arrivando..” disse alzando lo sguardo al cielo. A volte suo fratello si comportava esattamente come lui, se mancava l’altro i caratteri si scambiavano diventando davvero una coppia di sposati.
“Ma Daisy è con te?” chiese sorseggiando il suo drink.
“Si.. si è addormentata, Tomi dobbiamo parlarle di quella cosa..” disse girando ad una curva con una mano, si stupì di se stesso.
“Si ma non stasera, domani mattina a colazione insieme a Georg. È sempre la stessa?” Bill alzò un sopracciglio stranito per quella domanda, voleva sapere se fosse cambiata? Per qualche strana ragione iniziò a pensare alla mente perversa del gemello.
“No è cambiata un po’ ma non vedo perché ti interessi Tom! Non dirmi che hai già fatto qualche strano piano porno eh!” esclamò.
“Ma no tranquillo.. tanto per adesso sono occupato caro fratellino, ci vediamo direttamente domani” per un secondo gli sembrò di sentire la voce di una donna ridacchiare appena sotto il telefono. Alzò nuovamente gli occhi castani al cielo ricordandosi del carattere che Tom aveva dalla nascita, nessuno lo avrebbe cambiato.
“Va bene Tomi. Buona notte” lasciò che la chiamata si chiudesse da sola mentre sistemava il telefono nella tasca del pantalone e impugnava anche con l’altra mano il volante della sua macchina.
Si voltò verso di lei per qualche secondo per poi tornare alla sua guida tranquilla, il cielo era davvero stupendo quella sera, colmo di stelle e senza una sola nuvola nei paraggi, iniziò a pensare agli ultimi avvenimenti che erano accaduti nella sua vita, solo qualche anno prima frequentava la scuola media ricoperto dagli insulti dei suoi compagni di classe, e adesso si trovava nel mondo perfetto dei suoi sogni. Ma qualcosa gli mancava. Cosa poteva essere? Spesso si era messo a piangere davanti ai film romantici e alla fine di ogni proiezione una domanda lo tormentava “Perché non può succedere a me?”
Da lontano scrutò il lussuoso hotel, ma qualcosa lo insospettì. Una marea di flash stavano ricoprendo l’entrata e tantissima gente si accalcava tra di loro, che cosa stava succedendo laggiù?
Solo quando vide qualche ragazzina con in mano i poster del suo viso sgranò gli occhi capendo tutto quello che stesse succedendo. avevano deciso di riunirsi in un hotel per non assalire la piccola casa della madre di David, invece anche li erano riusciti a trovarli. Aumentò la velocità facendo tuonare più volte il motore della macchina e superò velocemente la folla di giornalisti senza dare troppo nell’occhio se non fosse per qualche fan, troppo attenta per non notare la targa.
“Merda” disse sottovoce. Lo specchietto retrovisore faceva vedere alla perfezione le ragazze che correvano velocemente dietro di loro.
Decise di parcheggiare nel sotto passaggio, almeno così le avrebbe seminate, ma appena tirò il freno notò che lo avevano raggiunto molto, troppo velocemente.
Ma che avevano sotto le scarpe? Razzi? Si voltò verso Daisy e scese dall’auto deciso a soddisfare le fan così da poter tornare presto in camera.
“Bill! Oddio non posso crederci!” disse una con scritto in viso il suo nome.
“Ragazze ve lo chiedo per favore.. non dite a nessuno che sono qui va bene?” chiese cercando di essere il più convincente possibile. Se i giornalisti lo avrebbero scovato sarebbe caduto in guai seri, per non parlare che si sentiva totalmente stanco e il suo corpo richiedeva subito un letto nel quale sprofondare.
Firmò qualche autografo sui poster e qualche foto veloce, illuminato solo dal flash delle macchine fotografiche visto che li sotto, non si poteva vedere niente di niente. Sorrise dolcemente verso l’obiettivo dell’ultima macchinetta e abbracciò una delle tante fan che lo guardavano con occhi sognanti.
“Bene ragazze..” sorrise di nuovo “Vi aspetto ai nuovi concerti!” le poche fan che lo avevano raggiunto annuirono senza pronunciare una parola e con le bocche spalancate, senza parole si allontanarono dal parcheggio cercando di mettere a fuoco quello che fosse accaduto. Bill sorrise tra se e aprì lo sportello di Daisy trovandola accucciata sotto la sua giacca con le gambe tirate al petto, coperte dal pantalone nero totalmente attillato. Si abbassò verso l’auto e con poca difficoltà riuscì a prenderla tra le braccia lasciando i piedi ciondolare nel vuoto, sentii il capo della ragazza poggiarsi sul suo petto e il respiro regolare adattarsi alla situazione che aveva cercato di rendere il più delicata possibile per non svegliarla. Chiuse lo sportello con un gesto di bacino secco e chiuse la macchina premendo il pulsante del telecomando elettronico.
“Mh..”
Bill abbassò il viso verso di lei sorridendo appena e spingendo il sedere all’indietro aprì la porta del parcheggio entrando in una saletta privata da dove poteva chiamare l’ascensore ed evitare la folla di giornalisti che li stavano aspettando all’uscita principale.
Entrò nella cabina premendo il tasto del piano col naso e si appoggiò alla parete prendendo un respiro profondo. L’aveva scampata. Era riuscito a fregarli tutti in un sol momento.
“Ma come sono bravo!!” esclamò fiero di se.
“Bill..” Daisy aprii lentamente gli occhi incontrando quelli castani del moro.
“Sonno vero? Siamo quasi arrivati” sorrise dolcemente stringendo la presa per non farla cadere a terra e se la ritrovò a pochi centimetri dal viso. Il suo cuore iniziò a battere in modo incontrollabile, il leggero fruscio delle corde della cabina erano diventate silenziose, sentiva solo un tuono fortissimo nel cervello, tale da non mutare ogni altro rumore attorno a lui.
Gli occhi di Daisy però si chiusero quasi subito abbandonando il viso sul suo torace tornando nel mondo dei suoi sogni più dolci e lontani dal dolore che in soli pochi mesi era riuscita ad accumulare.
Si abbassò lentamente al suo orecchio sussurrando.
“Ti porterò via da qua..” poi, come un richiamo alla realtà, le porte dell’ascensore si aprirono, lasciando davanti al cantante un corridoio lungo e completamente vuoto. Iniziò a camminare cercando con lo sguardo il numero dorato che richiamasse quello della sua stanza, portare Daisy nella sua, era un’impresa impossibile. Avrebbe dovuto frugare nelle tasche della ragazza e non poteva avere l’assoluta certezza che non si sarebbe svegliata. Prese un respiro profondo pensando a quante cose da quel giorno sarebbero cambiate, e osservando con attenzione le sue unghie, un pensiero gli trapassò la mente, il mattino seguente avrebbe dovuto rifare lo smalto prima di scendere a fare colazione, o non si sarebbe sentito bene con se stesso, adorava prendersi cura di sé, doveva essere perfetto in ogni occasione, anche se fosse stata una passeggiata, doveva essere a brillante come un diamante alla luce del sole.
Si sentì sollevato quando finalmente trovò il numero che indicava la sua stanza.
874.
Sistemò la giovane su un braccio e iniziò a cercare la chiave nella giacca che copriva il corpo esile di Daisy.
“Dove diavolo è!” esclamò tra se mentre continuava a cercare quel maledetto pezzo di ferro. Si ricordò le parole del gemello quando, prima di scendere nella sala gli aveva raccomandato di mettere la chiave nella tasca del jeans così da non perderla.
Finalmente dopo varie manovre riuscì a prenderla il più velocemente possibile aprì la porta della stanza fiondandoci dentro prima di incontrare qualcuno, o peggio di cadere nelle trappole dei fotografi. Ormai si trovavano dappertutto.
Non sapeva più come comportarsi.
Non sapeva più come fare.
Qualsiasi cosa si trovava a dire, a fare, loro erano sempre nei paraggi a ritrarre in un pezzo di carta tutti i suoi movimenti. Lasciò stendere dolcemente la ragazza sul suo letto e rimpiazzò la sua giacca, con una coperta più pesante. Chiuse per bene la porta sperando che da un momento all’altro non fosse stata scaraventata da qualche strano uomo armato di telefonino o macchina fotografica.
“Finalmente” pensò stiracchiandosi.
Sistemò per bene la giacca sulla sedia e si legò le scarpe con un alto tacco poggiando la pianta del piede sul pavimento freddo. Si voltò verso di lei per qualche secondo assicurandosi che stesse dormendo nel modo più dolce possibile e sfilò dal pantalone il pacchetto di sigarette. Scansando le pieghe del tappeto uscì sul balcone respirando a pieni polmoni l’aria della sua Germania.
Quanto gli era mancato stare li, nella sua terra.
Tornare a casa e riabbracciare sua madre, correre per strada senza essere riconosciuto e inseguito, passare i pomeriggi nel salotto di casa a scrivere la sua musica senza aver paura di essere ritratto anche quando era senza trucco.
Camminare per negozi e fare shopping come piaceva lui senza avere dietro di se Saki e il resto della sicurezza.. la sua vita da pop star, aveva vantaggi, ma dall’altra parte, gli aveva negato tutte quelle semplici azioni che iniziavano a mancargli da tempo.
Lasciò che la nicotina invadesse i suoi polmoni e chiuse gli occhi alzando il viso al cielo, un vento gelido gli accarezzò la pelle bianca spostando dietro le spalle i pochi capelli ingellati che si alzavano in una prosperosa cresta.
Pensava al tour che stava per riprendere, al nuovo manager che avrebbe preso il posto di David e alla proposta che voleva fare alla figlia, non avrebbe permesso che la sua vita si consumasse in quella casa dimenticata dal mondo.
No. Lei meritava di più.
Lei meritava la vita che suo padre aveva smesso di vivere, lei meritava l’amore che fino a quel momento non aveva potuto consumare giorno per giorno, lei meritava un sorriso al mattino che si spegnesse insieme al sole dopo le sei e mezzo del pomeriggio, con l’arrivo della notte i suoi occhi si sarebbero chiusi pensando a tutto quello che di positivo aveva vissuto.
“Bill..” si voltò di scatto sentendosi chiamare e notò che gli occhi di Daisy erano chiusi. Ma continuava a chiamarlo. Il viso candido era nascosto dalla coperta che arrivava fino al mento, lasciando scoperte le labbra rosee, le ciglia perfettamente lunghe si estendevano quasi fino alle fine sopracciglia castane che attorniavano gli occhi incastonati da una perla di ghiaccio.
Sorrise tra sé sentendo un leggero rossore pitturare le sue guance e tornò a fumare appoggiandosi al muro esterno alla stanza.
“Bill..” continuò.
Gettò il resto della sigaretta e entrò velocemente in camera notando qualche giornalista sotto lo stesso balcone andare in cerca di lui, o del resto della band. Chiuse le finestre velocemente lasciando intravedere le unghie nere con il franch bianco dalla tenda color rosso acceso e tirò un respiro di sollievo per averla scampata nuovamente.
“Daisy? Mi senti?” chiese timidamente sedendosi accanto a lei. Ma di tutta risposta aveva solo un grande silenzio rotto dai sospiri che dalle sue labbra schiuse uscivano come un vento caldo e lento.
Scosse la testa lentamente sorridendo appena e allungò la mano verso di lei sperando che quel gesto non la svegliasse, le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si alzò dal suo posto per avvicinarsi.
“Perché il mio cuore batte così veloce? Non la vedo da anni, è impossibile che mi senta così solo perché le sistemo i capelli! Bill calmati..” pensò tra se mentre si avvicinava sempre di più. Sentì uno strano profumo invadergli i polmoni, un’ebbrezza che non aveva mai sentito prima, ma era bastato un secondo per fargli girare la testa. Posò dolcemente le labbra sulla sua fronte e si alzò quasi subito iniziando ad indietreggiare, inciampò qualche volta nelle sue stesse scarpe fino a sbattere contro il muro della stanza.
“Ma che diamine mi prende! Bill smettila di fare lo stupido! È anche più piccola di te e non puoi metterti in testa certe idee!” disse a se stesso. Notò subito che il suo dolce viso era andato in fiamme e le sue labbra bruciavano ardentemente per quel gesto che non si sarebbe aspettato nemmeno da se stesso. Accese la lampada della scrivania per non permettere che la forza della luce potesse svegliarla e dandole le spalle si spogliò poggiando in malo modo gli indumenti sulla sedia dove la sua giacca giaceva immobile.
Prese velocemente il pantalone del pigiama dalla valigia. Quanto odiava dormire vestito di notte, si sentiva in trappola. Immobilizzato dai suoi stessi vestiti e per quanto provasse a prendere sonno era sempre impossibile. Ma quella notte non era solo e dormire con soli i boxer addosso lo metteva a disagio. Si distese lentamente accanto a lei e si accucciò sotto la coperta dandole le spalle.
La sentiva accanto a lui.
La sentiva respirare dolcemente e camminare nel cammino dei sogni, forse il solo dove si sentisse se stessa, dove non poteva provare dolore o anche soltanto il giudizio dei giornalisti. Ricordò il discosto che Tom gli aveva fatto prima di parlare del suo piano con gli altri.
“Lo sai vero che andrà in pasto alla stampa? Sei sicuro di volerla mettere in un tale pericolo Bill? Forse non è il caso..” aveva detto buttandosi sul divanetto della hall.
“Lo so Tomi.. ma ho deciso” anche il rasta era a conoscenza della testardaggine del gemello, quando si metteva in testa una cosa, doveva ottenerla, era più forte di lui.
La sentiva muoversi dolcemente dietro di lui e questo lo metteva ancora più in imbarazzo, si sistemò a pancia in su così da riuscire almeno a chiudere gli occhi e cadere nel carro di Morfeo.
Tutto questo però venne interrotto da uno strano peso sul suo torace ed una mano calda poggiata accanto al suo cuore. Aprì gli occhi di botto spaventandosi bruscamente, si alzò sui gomiti cercando di non cadere sul pavimento e si tranquillizzò del tutto notando che era solo Daisy adagiata su di lui.
“Ah sei tu..” disse sottovoce. Si risistemò al suo posto cercando più spazio nel letto e con un sorriso poggiò il braccio sulle sue spalle abbracciandola lentamente. La giovane si sistemò senza ordini sul petto del cantante, poco sviluppato la caldo e liscio quanto bastasse per renderle il sonno molto più confortevole.
Iniziò ad accarezzarle i capelli lasciandoli adagiare in modo scomposto sul posto del materasso vuoto dietro di lei e chiuse gli occhi deciso a dormire almeno un paio d’ore.
In quell’immenso spazio nero che stava scrutando vide una persona che lo aveva seguito da quanto aveva soli 12 anni, David gli sorrideva circondato da una strana luce bianca, come un fascio dolce e leggero gli ronzava intorno senza lasciare che gli occhi si abbagliassero di candido colore chiaro.
“Bill ricorda la promessa che mi hai fatto” disse la figura e in un secondo, scomparve nel nulla, lasciando dietro di se solo una lunga scia di piccole stelline come una polverina. Bill scattò nel sonno alzandosi con la schiena e causò il risveglio di Daisy.
“Bill che è successo?!” chiese lei allarmata.
Bill era completamente sudato e le goccioline scendevano lentamente lungo la tempia per morire nella curva del suo collo lungo e dai dolci lineamenti.
“Solo.. Cristo” si alzò in piedi velocemente.
“Bill calmati era solo un sogno!” Daisy si alzò subito andandogli incontro e posò d’istinto una mano nella sua chioma nera che si era abbassata sulle spalle nascondendo l’occhio destro del cantante.
“Io.. devo calmarmi” disse posando la testa tra le mani. Daisy lo guardò confusa cercando nei suoi occhi una risposta a tutta quell’agitazione nata solo per un brutto sogno, era diventato totalmente bianco e le sue labbra sottili tremavano velocemente quasi fosse uscito da una doccia gelata.
“Bill.. calmati” lo prese per le spalle facendolo sedere sul letto.
Bill posò le mani sulle ginocchia sottili cercando di respirare a fondo, aveva sognato? O forse era solo diventato totalmente pazzo. Sapeva di aver bisogno di una vacanza ma non si aspettava di dover andare in un ritiro sabatico per aver visto il suo manager dopo 3 mesi dalla sua morte.
“Che.. che ora è?” si voltò nervosamente verso la finestra, cercando la luce del sole o il nero totale spezzato dalle stelle ma si ricordò di aver chiuso tutto a causa dei giornalisti.
“Sono le 4 Bill” disse lei spiando appena dal display del cellulare.
Quindi era ancora notte, poteva riposare ancora un po’? oppure doveva spaventarsi per quello che aveva visto?
“Bill calmati, vieni..” si voltò verso di lei confuso per quello che stesse dicendo e si sentì tirare verso il basso fin quando non sentì la testa adagiarsi sulle gambe della giovane.
“Ora stenditi e riposati, era solo un .. brutto sogno” continuò tra uno sbadiglio. Bill sorrise dolcemente e lasciò alzare le gambe sul letto fino a ritrovarsi disteso e la testa sulle gambe di Daisy. Si sentiva meglio. Si sentiva tranquillo. Alzò per un attimo gli occhi verso di lei trovandola con gli occhi chiusi e la testa poggiata alla parete, ricordava bene la promessa che aveva fatto a David prima di dirgli addio.
Ricordava bene le parole che aveva pronunciato.
Ricordava tutto di quella giornata.
Ma adesso non aveva importanza, adesso voleva solo dormire, dimenticare quello strano sogno e cadere tra le braccia di Daisy e nei sogni che lo stavano aspettando per poi morire, dietro il sole cocente di un nuovo giorno.
 
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¿blessedwithluckysevens´
CAT_IMG Posted on 15/9/2010, 14:23




Uhm, bene, ora la storia acquista ancora più trama! Non vedo l'ora di leggere il seguito!
 
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CAT_IMG Posted on 15/9/2010, 15:09
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Brava! Questo capitolo mi è piaciuto molto =)

...Povero il mio David!

Sono molto curiosa, ora =)
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 16/9/2010, 12:45




Grazie mille!! **

Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG13
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon



Questa storia è sotto licenza dalla Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License,quindi:
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Ricordati Di Noi





3. La Richiesta.





La notte passò in modo lento, quasi al rallentatore. Le lancette nel grande orologio della hall sembravano non voler camminare più e la pazienza del chitarrista si stava esaudendo. Continuava a camminare avanti e indietro torturando le povere enormi tasche della felpa. Ma quanto ci metteva Bill a scendere? Gli altri membri del gruppo erano già tutti seduti attorno al tavolo nella sala per la colazione e Saki sembrava abbastanza irrequieto quella mattina. Li aspettava una lunga intervista e, fin quando il nuovo manager non fosse arrivato, la guardia del corpo doveva prendersi cura di tutti i particolari e gli appuntamenti che dovevano seguire.
Gustav si era perso completamente nelle sfumature che il suo latte compieva ogni volta che ruotava il cucchiaino. Aveva la testa poggiata su una mano e il braccio sul tavolo, gli occhi ancora arrossati, i capelli spettinati e dalla sua espressione doveva avere ancora molto sonno. Georg, invece, si era impallato a leggere tutto quello che comprendeva il loro menù e ripeteva ad alta voce ogni riga del libretto plastificato che aveva tra le mani, il batterista gli lanciò un’ occhiata non molto socievole, era bastato quel piccolo gesto per farlo tacere.
“Ok.. ma qualcosa dovrò pur fare no?!” esclamò.
“Stare zitto magari?! Georg, sono le sette del mattino, per favore, fai silenzio!”. Era vero quando si diceva che il primo mattino non mette mai di buon umore, il moretto ne era la prova vivente. Trascinava ogni gesto con in testa il sol pensiero di rimettersi a letto e sprofondare nel materasso. Era molto stanco, tutti quegli appuntamenti lo stavano mettendo alle strette, ma doveva andare avanti. Da quando era piccolo aveva la musica tra le mani, non era la solita melodia che potesse sentire con le cuffie. No.
Per Gustav era tutta un’altra storia, sentiva le mani tremare prima di un concerto, ascoltava le voci delle fan urlare dietro il solito tendone nero che li nascondeva prima di mostrare la loro luce al resto del pianeta. Tutto cadeva in simbiosi con l’altro, tutto si collegava come una catena ripetuta mille volte, troppo forte per essere spezzata da una nota stonata, si andava avanti. Sempre e comunque.
“Ragazzi dobbiamo parlare” disse Saki mettendosi seduto. Era trasparente la situazione in cui si era cacciato Bill. Sicuramente la sua sveglia non era suonata, oppure il cantante le aveva fatto fare un grande salto dalla finestra per poi schiantarsi a terra. Ormai erano tutti abituati, ogni mattina si ripeteva sempre la stessa storia. Avevano imparato a volergli bene nonostante i suoi terribili difetti, ma, forse, per questo erano così uniti, conoscevano i momenti di crisi che poteva avere l’altro così da restare in silenzio quando ne ricorreva il momento, o parlare e ridere quando fosse servito.
“Che succede?” chiese Georg.
“Sappiamo tutti quello che Bill vuole proporre alla vostra amica e per me non ci sono problemi… basta che sappiate tutto quello a cui la state sottoponendo” disse seriamente mentre porgeva il menù al cameriere alle sue spalle.
“Saki, lo sappiamo, ma sai anche com’è fatto Bill! Non lo ostacola nessuno quando vuole fare qualcosa!” esclamò disperato.
“Spero solo che questo non faccia nascere dei disguidi tra di voi, ragazzi” Saki era da sempre la colonna portante del gruppo. Da quando David era venuto a mancare, si occupava di ogni appuntamento, riunione, servizio fotografico che il gruppo doveva fare. La sua esperienza accanto al manager lo aveva addestrato a sistemare ogni cosa.
“Stai tranquillo Saki” disse Gustav stiracchiandosi sulla sedia. Lasciò che dalle sue labbra si espandesse un rumoroso sbadiglio e, senza curarsi delle persone presenti nella sala, si alzò lentamente dal suo posto camminando tranquillamente tra la marea di ragazzine che non si erano accorte minimamente della loro presenza. Saki aveva fatto di tutto per trovare un tavolo il più nascosto possibile dalla folla. Ormai sapeva che gli umori dei ragazzi erano parecchio suscettibili a prima mattina, soprattutto quello di Tom.
“Gustav!” lo riprese.
“Cosa?! Che ho fatto!”. Il povero Gustav non ebbe tempo per pronunciare un’altra parola. Delle ragazzine impazzite lo avevano circondato ricoprendo il viso candido e bianco da flash ripetuti, porgendogli sotto il naso migliaia di poster e bigliettini da firmare.
“Ragazze un attimo!” disse sorridendo. Quanto era dura la vita della star. Non riuscivano a fare niente, nemmeno colazione, senza che, da un momento all’altro, un fotografo si trovasse alle sue spalle, le fan si accalcassero su di loro per avere anche un sol capello, un indumento, qualsiasi cosa che ricordasse la presenza delle loro stelle accanto. Era difficile da credere, per quante ragazze li seguivano ovunque.
Gli occhi del batterista sembravano spaventati, quasi terrorizzati per quello che gli stava succedendo. Solo qualche anno prima tutta quella situazione lo avrebbe caricato al massimo, avrebbe fatto scorrere nelle sue vene adrenalina pura, voglia di sfondare dietro la sua batteria, voglia di far ascoltare al resto del mondo quanta grinta e fuoco ardesse nel suo cuore quando saliva sul palco.
“Saki!” esclamò alzando una mano.
La massa di fan lo avevano ricoperto. Georg salì sulla sedia cercando di trovarlo con lo sguardo fin quando riconobbe il caschetto di capelli neri tra milioni di mani e testoline.
“Stai bene amico?” chiese soffocando le risate. Intanto Saki si faceva spazio tra le ragazze cercando di trarlo in salvo da quel bagno di folla improvviso.
“Ragazze per favore fatemi passare!”. Fu costretto a spingere con violenza le ragazzine per recuperare il batterista.
Lo scortò fino all’uscita della sala per poi lasciarlo libero nella hall, dove Tom si stava beatamente fumando una sigaretta cercando di allontanare l’idea di uccidere il gemello quando sarebbe arrivato.
“Wow! Che matte!” disse sorridendo mentre si sistemava per bene la maglia stropicciata. Il suo sorriso però svanì appena notò l’espressione che Tom aveva dipinta in volto. Era chiaro che qualcosa non andava e, notando l’assenza del fratello, capì subito di cosa si trattasse.
“Bill vero?” chiese buttandosi sul divanetto accanto a lui. Tom si limitò ad annuire, sbuffando dalle labbra carnose il fumo e si appoggiandosi allo stipite della porta cercando di mantenere la calma. Il cappellino si adattava perfettamente alla circonferenza del volto e le treccioline nere avevano rimpiazzato la chioma di rasta dorati di qualche anno prima. La felpa enorme bianca che indossava nascondeva alla perfezione il corpo muscoloso, e il pantalone extra large incuteva quasi curiosità su cosa potesse tenere all’oscuro di tutti. Alzò lo sguardo al cielo nuvoloso chiudendo gli occhi appena la nicotina si espandeva dentro di se e lasciava un piccolo sbuffo di fumo uscirne quasi con noia.
“Giuro che quando scende lo uccido!” pensò.
Ma in realtà non lo faceva mai. Era impossibile, Bill e Tom avevano condiviso tutto, purtroppo anche le prime cotte amorose, cosa che il rasta non si era mai dimenticato ma ormai non ci faceva nemmeno peso. Il suo gemello lo rendeva completo. Sapeva che in qualsiasi modo sarebbero andate le cose con la band non sarebbe mai rimasto solo, la cosa più importante era rimanere con lui.
Sorrise tra sé pensando che quando lo avrebbe visto non un muscolo si sarebbe mosso contro di lui, mai erano arrivati alle mani in una lite, al massimo si tiravano ogni cosa gli passasse davanti.
“Eccomi scusate il ritardo!” la voce di Bill irruppe nei suoi pensieri all’improvviso. Si voltò con la rabbia dipinta in faccia ma si fermò. Il suo cuore ebbe un sussulto.
Possibile che quella ragazza accanto a lui fosse Daisy?
La ricordava alle prime armi con il suo corpo, così immatura e dalle forme gracili per essere cambiata in modo così radicale. Eppure i suoi occhi non mentivano, erano gli stessi. Ghiacciati e capaci di pietrificarlo senza dire una parola. Era notevolmente cambiata e il suo modo di portarsi era più delicato e semplice, diverso da quello che nella sua mente. Una maglietta nera stringeva la sua vita facendo risaltare il seno cresciuto, insieme ad un pantalone attillato fino alle caviglie avvolgevano le gambe perfette e per finire un paio di bamboline nere ai piedi la rendevano una creatura delicata, troppo fragile.
“Ciao Tom” disse. Il rasta chiuse immediatamente gli occhi, sembrò che una dolce melodia gli fosse entrata dentro e spaccato il cuore in mille pezzi. Note delicate che lo accompagnavano in una danza che non aveva mai udito.
“Ciao Daisy, sei proprio cambiata...” disse riaprendoli. Gli si avvicinò a passo lento sorridendo. Solo quando fu davanti a lei riuscì a riconoscerla davvero. I suoi occhi erano sempre gli stessi, in grado di immobilizzare ogni sua mossa, in grado di congelare le sue parole ma allo stesso tempo scioglierlo come nessuno era mai stato in grado di fare.
Daisy si alzò sulle punte baciandolo sulla guancia ma, di tutta risposta, Tom l’afferrò per le spalle stringendola forte a se. Non sapeva perché lo stesse facendo, forse non era mai stato in grado di far uscire ogni suo sentimento fuori dalla corazza che avvolgeva il suo cuore.
“Tom…” sibilò lei. In un primo momento avrebbe voluto allontanarsi, ma senza nessun vero motivo, si lasciò trasportare adagiando la testa sul suo torace, affondando la guancia nell’enorme felpa.
“Tomi! Non mi hai dato nemmeno il buon giorno!” disse Bill lamentandosi “Ehi Gustav ma che ti è successo?!” chiese di seguito.
“Io non ti consiglio di andare a fare colazione amico” Georg uscì all’improvviso dalla sala inciampando sulle sue stesse scarpe. Saltellò su un piede prima di trovare l’equilibrio, peccato che lo trovò solo nel momento preciso in cui andò a sbattere contro il cantante facendolo cadere sul pavimento.
“Cazzo Georg!” esclamò lui. Daisy e Tom si lasciarono andare, si voltarono verso i due scoppiando a ridere per la scena.
“Bill stai bene?” si abbassò verso di lui per aiutarlo ad alzarsi. Solo Georg era rimasto immobile a terra.
“Daisy? Ma sei davvero tu?”
“Ciao Georg” non disse nient’altro. Si gettò tra le braccia del bassista scoppiando in lacrime.
Lacrime che stupirono sia Gustav che Tom. Perché tutto a un tratto piangeva?
Bill abbassò lo sguardo senza dire altro e, intanto, si massaggiava il sedere per la botta che aveva ricevuto. Sapeva bene quello che aveva. Conosceva troppo bene le paure che erano nate in quegli anni. La sua paura più grande si era avverata, ritrovarsi sola al mondo senza nessuno, senza di loro.
Loro, che avevano segnato la sua infanzia.
Loro, che le erano stati accanto quando aveva perso sua madre.
Loro, che avevano passato le notti addormentati accanto a lei per controllarla.
Loro che adesso, erano tornati per non lasciarla mai.
“È per David?”chiese Tom all’orecchio del gemello.
“Sì, ieri era tranquilla, stamattina ha ripreso a piangere. Eppure sono passati dei mesi. Tomi posso dirglielo adesso? Ti prego” sfoggiò la sua espressione da cucciolo, alla quale Tom non poteva fare altro che annuire e andare in contro alla scelta e ai cambiamenti che avrebbero dovuto affrontare tutti insieme.
“Daisy… io dovrei parlarti… noi dovremo parlarti” si corresse.
La giovane si allontanò dal bassista e, asciugandosi le lacrime con la manica della maglia, annuì al cantante. Perché aveva quella espressione?
Cosa dovevano dirgli?
Tom si era appoggiato alla parete nascondendo il volto sotto il cappellino mentre Georg la fece sedere sul divanetto della hall, intanto Gustav si stava preoccupando che nessuno li potesse sentire.
“Ne ho parlato anche con Saki ed ha accettato… tutti noi, vorremmo che tu venissi via.. via con noi, lontana da qua, saremo sempre con te e non ti dovrai preoccupare della stampa, sistemeremo tutto...” Daisy poggiò le mani sulle labbra.
Andare via con loro?
Girare il mondo come faceva suo padre e seguire le sue orme.
Ma avrebbe dovuto lasciare sua nonna, il suo lavoro. Ne valeva davvero la pena?
“Io... non lo so...”
Bill si voltò di scatto verso il fratello per cercare un appoggio, che non trovò.
“So che hai bisogno di tempo per pensarci Daisy… ma noi partiamo stasera” disse Gustav sedendosi accanto a lei, prese la mano destra racchiudendola tra le sue, era gelida. Aveva paura? Paura di cosa?
“E’ che… Bill mia nonna è completamente sola qua” lasciò andare la mano dalla presa del batterista e poggiò le ginocchia sul pavimento facendo scontrare il naso con quello del cantante.
“Bill guardami..” sibilò.
Il moro alzò lo sguardo verso di lei perdendosi completamente in quelle due sfere di ghiaccio. Tutte le parole che avrebbe voluto dire sparirono all’improvviso e il respiro gli si era bloccato in gola, senza permettergli di dire una sola sillaba.
“Promettimi una cosa” disse lei. Bill annuì.
“Ricordati di noi Bill...” prese le mani curate del moro stringendole forte tra le sue. Gli altri membri del gruppo si guardarono confusi, per quanto ne sapevano non era mai successo niente tra di loro, allora perché quella frase?
“Non lo farò…” sibilò lui.
Daisy sorrise dolcemente e si alzò in piedi, si voltò verso di loro. Tom non la guardava nemmeno, aveva incrociato le braccia al petto senza pronunciare una parola, Georg sorrideva senza volerlo e Gustav si era concentrato sulle scarpe da tennis per farle sbattere tra di loro.
Ma lei lo sapeva.
Nessuno di loro si sarebbe scordato di lei.
E lei, non si sarebbe dimenticata di loro.
 
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CAT_IMG Posted on 16/9/2010, 13:26
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Okay, questa storia mi incuriosisce sempre di più, sai? Complimenti, scrivi bene, davvero. Anche se le etero non sono le mie preferite, trovo che questa storia sia molto interessante =)
 
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¿blessedwithluckysevens´
CAT_IMG Posted on 16/9/2010, 13:27




Complimenti vivi anche per questo capitolo, deve esserti costato fatica! E' molto più intenso degli altri!
Spero in un tuo prossimo aggiornamento!
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 07:07




CITAZIONE (Unendlichkeit‹‹ @ 16/9/2010, 14:26)
Okay, questa storia mi incuriosisce sempre di più, sai? Complimenti, scrivi bene, davvero. Anche se le etero non sono le mie preferite, trovo che questa storia sia molto interessante =)

Oh grazie mille sono davvero contenta che ti piaccia, ma di più che riesca ad attirarti! **



CITAZIONE (¿möglichkeit´ @ 16/9/2010, 14:27)
Complimenti vivi anche per questo capitolo, deve esserti costato fatica! E' molto più intenso degli altri!
Spero in un tuo prossimo aggiornamento!

Bhè si.. mi è costato molto scriverlo anche perchè io sono il mio miglior critico. Prima di postare o semplicemente far leggere uno dei capitoli, ci rimugino sopra per giorno XD
Ti ringrazio tantissimo!! **


Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG13
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon



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Ricordati Di Noi





4. L'intervista.




L’animo di Bill sembrava aver avuto uno sbalzo, in un attimo il sorriso che sovrastava sul suo viso sparì in un secondo, rimpiazzando quel dolce sorriso da bambino in una smorfia di disapprovo per la scelta che Daisy aveva fatto alla sua proposta. Avrebbe voluto averla accanto nella sua carriera, ogni giorno al mattino, durante i concerti, tutti quei piccoli avvenimenti che nella sua vita erano diventati banali e senza senso con lei avrebbero potuto avere quella piccola sfumatura di armonica e felicità che cercava da mesi, anni. Tom non aveva dato la sua opinione, aveva deciso di mantenere il silenzio e accettare la scelta della ragazza, i suoi occhi profondi però la dicevano lunga, aveva passato tutta la giornata affianco il vetro dell’enorme pullman mentre Saki e gli altri caricavano gli strumenti e le valigie del gruppo. Georg e Gustav rimasero tutto il tempo a parlare tra di loro, cercando di allontanare l’idea di riprendere il tour carico di concerti e date troppe vicine anche per un riposo sostanziale. Daisy scese dalle scale che provenivano dal primo piano portando in spalla uno zaino nero con qualche scritta bianca in pennarello indelebile, per l’aspetto esteriore doveva essere uno di quei zainetti molto rattoppati e vecchi, ma per come lo stringeva tra le mani doveva avere un affetto particolare per lei, alcuni ciuffi di capelli le ricadevano sul viso infrangendo la prospettiva del ghiaccio proveniente dai suoi occhi incastonati in un viso perfetto dalla pelle bianca.
“Oh no!” esclamò Bill correndole in contro.
“Ma questo è lo zainetto che avevamo firmato tutti!” un sorriso solare sembrò dare un po’ di luce all’espressione che poco prima, sembrava non voler dare più la felicità che aveva sempre avuto.
Lo sfilò dalle spalle esili di Daisy tenendolo tra le mani come una reliquia, per un attimo sembrò che quel cioccolato che colorava gli occhi del cantante si fossero appannati per l’emozione di ripercorrere i passi del passato e tornare in quel giorno così triste, ma che avrebbe dato loro un motivo in più per stare insieme.
Su quella stoffa nera ormai consumata in bianco erano disegnate le firme dei ragazzi, quella di Bill era contornata da una stella, accanto a quella di Tom un bellissimo cappellino da baseball, vicino a quella di Georg un paio di occhi disegnati perfettamente in ogni dettaglio, mentre al lato della firma di Gustav un paio di bacchette da batteria intrecciate tra loro. Un ricordo troppo caro ad ognuno di loro per essere accantonato in un angolo nella memoria, troppo fondamentale per ognuno di loro.
“Si Bill. È proprio lui” disse lei guardandolo con tristezza.
“Mi ricordo ancora quel giorno” disse lui.
“Si.. anche io” Georg la guardò con curiosità alzando il sopracciglio sinistro e inclinò appena la testa verso sinistra iniziando a chiedersi perché all’improvviso gli umori di entrambi si erano scambiati.
“Daisy, ti prego.. vieni via con noi” disse Bill poggiando lo zainetto a terra. Come resistere a quegli occhi da cucciolo? Come resistere a quella voce che le aveva spezzato il cuore dal primo giorno in cui si erano conosciuti? Era impossibile. Forse.
“Bill.. io.. non posso lasciarla qui da sola, mi ha cresciuto”i suoi occhi si velarono da un folto velo di lacrime e l’ animo di Bill ebbe un sussulto, gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quel giorno di Dicembre davanti alla soglia di casa mentre sua madre gli raccomandava di comportarsi bene insieme al manager, i suoi occhi rossi di lacrime, le sue parole di conforto, e i giochi di Tom alle sue spalle che gli faceva i dispetti, erano due bambini, e Daisy sembrava la sua copia.
Quell’anziana donna assomigliava molto alla sua mamma, ricordava i momenti passati nel giardino la notte mentre lei li osservava con un sorriso dolce dalla finestra del salotto. L’avrebbe costretta a fare la sua stessa scelta?
Le avrebbe imposto di fare quello che non desiderava?
No. Doveva scegliere da sola.
“Si capisco.. ma almeno vieni insieme a noi? Abbiamo una intervista e stasera partiamo!”Daisy osservò con attenzione gli occhi di Bill. Sembravano implorarla con le ginocchia sul pavimento. Tom rientrò nella hal con un certo mal umore dipinto in faccia e questo sembrò agitare maggiormente Saki.
“Vi muovete?!” esclamò.
Daisy lo guardò stupita per la sua reazione. Perché dun tratto si comportava così? Cosa era successo tanto da farlo arrabbiare? Stringeva fortemente i pugni lungo i fianchi imprimendo la forma delle piccole unghie sul palmo bianco.
“Arriviamo” rispose il gemello.
Si voltò verso la ragazza e notando un sorriso sulle labbra circondate da un velo di lucido alla fragola le prese la mano portandola via con lui verso il grande pullman che li attendeva nel parcheggio privato.
Georg e Gustav si scambiarono uno sguardo complice per poi scoppiare a ridere nello stesso momento, Tom però non era della stessa opinione.
“Che hai amico?” chiese il bassista.
“Niente, solo sonno” gli diede le spalle per poi salire con una camminata goffa sul bus e tornò al suo posto accanto al finestrino perdendosi nei suoi pensieri più segreti e nascosti, voleva stare da solo, non voleva nessuno, nemmeno suo fratello. Daisy intanto stava osservando il bus con occhi sgranati per quello che gli si stava presentando davanti.
“Ma è una casa portatile?!” chiese sedendosi sul divanetto in pelle bianco che era sistemato appena sull’entrata, susseguiva un tavolino all’americana circondato dal divano che si appoggiava al finestrino, la cucina stretta era ricoperta di bottiglie di coca cola vuote, patatine e lattine di red bull. Alla fine del corridoio una scala a chiocciola portava al piano superiore, 5 lettini privati con una tendina da separé si portava sul corridoio, ogni cuccetta possedeva una televisione ed un lettore dvd, in modo che ognuno di loro poteva trascorrere le serate noiose con un film, strettamente richieste erano le cuffie, visto che la maggior parte dei video che il trecciolato osservava erano vietati ai minori.
“Si, più o meno, c’è tutto quello che ci serve” spiegò il bassista sedendosi accanto a lei.
I suoi occhi brillanti come due diamanti osservavano tutto con attenzione, come un bambino alla scoperta del nuovo mondo, così innocente a cui fare del male, così attenta all’aspetto di vita che i suoi migliori amici avevano da anni ormai, mentre lei era abituata a vivere con la sua nonna in una piccola casetta in periferia totalmente sola, in compagnia di se stessa, insieme alla musica che la intratteneva ogni volta che si sentiva sola.
“E’ stupendo”
“Tutto questo potrebbe essere tuo, se solo lo desideri” continuò il piastrato. Bill sorrise senza farsi vedere mentre si metteva seduto accanto al gemello assente.
“Tomi tutto bene?” chiese sotto voce.
Il fratello si limitò ad annuire senza dire una parola. Non sapeva nemmeno perché si stesse comportando così, sentiva che dentro di lui qualcosa era stato modificato, ma cosa?
Cosa era successo di così forte da cambiare il suo umore così velocemente?
“Ti ringrazio Georg.. ma sai anche tu che non è facile da decidere” spiegò. Le sue guancie si colorarono di rosso acceso e le sue labbra lucide si espansero in un timido sorriso.
“Ok basta parlare di questo, oggi rimarrai con noi vero?” chiese Gustav.
“Si se voi lo volete” disse sorridendo.
“Certo che lo vogliamo! Dopo cena ti accompagniamo a casa” continuò Georg.
Il resto della giornata trascorse in armonia, tutto il gruppo si era avvicinato alla piccola Daisy ricordando i momenti della loro infanzia trascorsa troppo distanti l’uno dall’altro, tante cose erano successe e il tempo a loro disposizione era poco. Troppo poco. Daisy si sfogò totalmente con il treccinato per la perdita del padre, rimasero forse ore nella cuccetta di Tom al piano superiore abbracciati senza dirsi una parola.
A volte il silenzio riesce ad esprimere parole che la voce non è in grado di dire, un abbraccio riesce a bloccarti il cuore senza permettergli di seguire il tuo comando, e in questo caso il chitarrista ricopriva perfettamente il ruolo.
Georg e Gustav passarono il loro tempo libero con lei raccontando eventi comici durante la registrazione del nuovo cd, gli errori commessi durante i concerti, tutti piccoli momenti di 4 ragazzi uguali agli altri, 4 ragazzi, nient’altro.
Bill invece era torturato dai giornalisti in una delle mille stanze lussuose di una radio tedesca, domande già sentite, risposte date mille volte, il suo sorriso ingannava l’obiettivo e la sua nuova pettinatura data l’immagine di un ragazzo confuso anche su se stesso, ma in realtà non era così.. Bill sapeva cosa voleva da se stesso, dal suo futuro, e lo stava ottenendo.
Tutti i ragazzi entrarono in seguito sedendosi ai lati del cantante, ognuno di loro indossò la loro maschera personalizzata fingendo sul loro umore, la voglia di urlare, la voglia di piangere, ma quello no. Non era il momento giusto.

“Sappiamo che ormai dal giorno in cui avete perso il vostro manager, molte cose sono cambiate nella vostra vita, anche i vostri rapporti?” chiese uno dei tanti giornalisti. Bill sobbalzò sul posto sentendosi chiedere una simile domanda, sporse la testa alle spalle del gemello e trovò Daisy con le lacrime agli occhi che si reggeva al braccio di Saki.
“Non penso questo sia il momento di parlare di lui, ma la sua perdita non ha modificato niente tra di noi, anzi siamo più uniti di prima” spiegò abbassando lo sguardo. Gustav si voltò nella stessa direzione dell’amico e rimase imbambolato.

Abbiamo visto che puntualmente ad ogni mesiversario, tornate in Germania per ricordarlo, perché avete scelto un hotel?” Bill strinse forte due pugni sotto il tavolo coperto da una enorme tovaglia rossa di raso, la forma delle sue unghie lasciarono il segno sulla pelle bianca mentre il batterista sperava col cuore che la ragazza a pochi metri da loro non scoppiasse il lacrime davanti le telecamere.
“Per permettere alle persone a lui care di rimanere tranquilli, lontani dagli obiettivi" chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo ed un silenzio tombale calò nella stanza solo quando si sentì un rumore brusco, la porta della sala che si chiudeva con violenza.
“Scusate” disse il moro frettolosamente. Si alzò dal suo posto senza lasciare spazio ai giornalisti di fermarlo, la sedia cadde sul pavimento ed una corsa contro il tempo si attuò in un secondo.

“Per oggi credo sia abbastanza” disse Saki verso il gruppo di fotografi rimasti scioccati per la reazione del cantante, ma non dovettero aspettare molto prima che anche il resto del gruppo sparisse sotto le loro mani.
“Daisy! Fermati!” urlò lui alle sue spalle.
Correva più veloce che le sue gambe potessero permetterlo, lacrime che assomigliavano a gocce di rugiada si dissolvevano nell’aria lasciando sulla sua pelle candida e timida una scia di dolore che spaccava il cuore, la chioma di capelli si scontrava contro il vento lasciando libero il viso privo di ogni incertezza. Bill correva velocemente dietro di lei allungando la mano nella sua direzione cercando di afferrarla in qualche modo, il suo cuore batteva come un tamburo in gola, doveva raggiungerla.
Fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, ma doveva prenderla.
“Daisy ti prego!”
Uscì fuori dalla grande struttura andando in contro ad un raggio di sole battente, si guardò intorno in paio di volte, Daisy sembrava sparita nel nulla.
Proprio quando decidette di tornare dagli altri un’ impulso troppo forte lo spinse alle spalle del grande palazzo, le macchine parcheggiate erano estremamente lussuose e il loro tour bus, sembrava un gigante attorniato da tanti piccoli nanetti. Un vento fresco gli accarezzò il volto trafiggendo il torace poco sviluppato fino ad entrargli nei polmoni.
Fin quando non la trovò. Appoggiata al muro con il viso coperto dalle mani smaltate, i capelli su di esse cercando di riparare il suo cuore spezzato dal resto del mondo.
“Daisy” disse lui a bassissima voce. Poggiò una mano tra i suoi capelli fino a spingerla tra le sue braccia.
Daisy si lasciò completamente trasportare da quella sensazione dolce e forte come una calamita, troppo potente per opporsi, le lacrime scendevano giù per le sue guance, come un fiume in piena fino ad essere assorbite dalla maglia nera del cantante.
“Ssssh.” Sussurrò. Poggiò il mento sulla spalla della ragazza e la cinse ai fianchi stringendola quanto potesse, mentre due lacrime nere scendevano lente dai suoi stessi occhi.

E’ così importante riuscire a consolare qualcuno? Parlare per ore sprecando fiato, frasi dette ed ascoltate mille volte per assumere un significato logico ormai, Bill si limitò a rimanere in silenzio, la voce rotta dalle lacrime al ricordo dell’ultimo incontro con il suo manager, lui che li aveva cresciuti.
Lui che era sempre stato presente al loro fianco.
Lui che aveva permesso a 4 ragazzini come loro a realizzare il loro sogno.
Lui che ormai era sparito dal loro udito, dal loro tatto. Diventando un grande angelo dalle ali immense per abbracciarli in un unico gancio senza che se ne accorgessero.
“Bill..” disse silenziosamente, la voce spezzata da respiri a metà, le sue mani erano saldamente aggrappate alla giacca del cantante, le labbra le tremavano velocemente e il suo cuore sembrava aver perso la cognizione del ritmo normale.
“Ssssh.. ora torniamo dentro, andrà tutto bene” si asciugò velocemente due lacrime nere sulle guancie per non farsi vedere da lei.
Ricoprì il suo viso dolce da una maschera, la stessa che portava da anni, la stessa per cui tutto il mondo era abituato a conoscerlo. Sistemò il braccio sinistro sulla spalla di Daisy e senza permetterle di scontrare il volto verso le telecamere intrecciò le dita smaltate nella chioma di capelli castani forzandola a rimanere in quella stessa posizione.
Una folta folla di giornalisti si erano accalcati sulla soglia dell’edificio, i flasch si ripetevano tra di loro senza fermarsi un attimo e la voce di Saki era quasi un sussurro, sovrastata dalle mille domande.
“Potremo intervistare la ragazza?” chiese uno.
“Non penso sia possibile, la figlia di David non vuole rilasciare interviste” spiegò.
“Per quale motivo?”
“Perché essendo una figlia senza suo padre vuole vivere da sola questo momento di grande dolore, quindi vi chiedo di lasciarla in pace, e di non rivolgere nessuna domanda di questo genere al resto del gruppo, siamo tutti addolorati per quello che è successo” dietro l’angolo Bill spiava la situazione per riuscire a trovare il momento adatto per tornare dagli altri, ma varcare la soglia, attraversando tutti quei giornalisti era più difficile di quanto sembrasse.
“Daisy, rimani così, e non dire una parola” disse poggiando il mento sulla fronte di lei. Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto sfogare tutto quello che dentro di lei stava crescendo a dismisura, era così difficile rimanere da soli quando ne occorre? Tutta la stampa voleva lei, le loro attenzioni si erano spostate dal gruppo tedesco per concentrarsi sui suoi occhi gelidi.
“Bill.. ho paura” sibilò lei.
“C’è anche Saki, non ti faranno niente, ti fidi di me?” chiese. Poggiò le mani curate sulle esili spalle della ragazza chiudendola in un abbraccio forte, non avrebbe mai voluto lasciarla andare.
“Si” sussurrò lei.
“Allora andrà tutto per il meglio” cercò di convincere se stesso, doveva andare tutto bene. Bill era sempre stato un tipo molto tranquillo senza mai perdere la calma, ma in quel preciso momento aveva il timore che tutti i suoi freni in situazioni nervose, e senza limiti di privacy crollassero da un momento all’altro.
“Quando potremo avere una nuova intervista con il gruppo?” continuò.
“Ve lo farò sapere quanto presto” la serietà che la guardia del copo aveva assunto metteva timore, Georg dalla piccola hall ascoltava con attenzione tutto quello che li fuori stava succedendo, incrociò le braccia tra di loro accavallando la gamba destra, scosse la testa facendo smuovere la chioma di capelli piastrati e lasciò uscire dalle labbra carnose un sospiro.
“Non ci voleva” disse fissando un punto fisso.
“Spero solo che Bill riesca a non metterla davanti le telecamere” disse Gustav appoggiandosi alla parete accanto l’amico. Tom invece si era lasciato trasportare da una sigaretta, seduto con le gambe divaricate, lo sguardo basso sembrava dare una strana luce a quel mare di cioccolato che ardeva in due perle incastonate sul viso lineare. Si era completamente perso nel suo piccolo strano mondo che da sole poche ore aveva sconvolto la sua “normalità.”
“Tom? Secondo te riusciremo a portarla con noi?” chiese il moro.
“Non me ne fotte niente” Georg si voltò verso il trecciolato con gli occhi sgranati.
Ma cosa gli prendeva adesso?
Prima non diceva nulla, adesso qualsiasi cosa usciva dalle sue labbra era negativa ed offensiva.
Non era da lui.
Non era da Tom.
“Tom ma mi dici che ti prende? Ci conosciamo da anni, non pensare che non abbia capito che hai qualcosa di strano” disse il bassista.
“Tu pensi di sapere tutto di me, ma non sai un cazzo! Lasciami in pace Georg” detto questo gettò in malo modo il resto della sigaretta nel portacenere nero sul tavolino di vetro e lasciò i due amici nel silenzio più assoluto. Sparì dietro una porta lasciando tutta la stampa, i suoi stessi amici, suo fratello, senza la sua presenza.
Voleva stare solo.
Solo per qualche minuto. Senza nessuno.
“Andiamo” disse sottovoce Bill. Si fece spazio tra la folla stringendo tra le braccia la povera Daisy che senza un attimo di tregua veniva abbagliata dai flash delle macchine fotografiche, mille domande ripetute senza pause, Saki allungò la mano verso il cantante cercando di afferrarlo, ma tutto fu inutile.
“Bill! Bill!” voci sconosciute che lo chiamavano. Mani dal tocco pesante sule sue spalle tanto da farlo indietreggiare, spinte forti che spaventarono Daisy cercando di non cadere. Era un delirio.
“Daisy non lasciarmi” sussurrò lui.
Alcune volte pensò di iniziare ad urlare, dire tutto quello che pensava senza avere il timore di finire sui giornali scandalistici, strinse più forte che potesse la ragazza l suo corpo esile mentre con l’unico mezzo che potesse utilizzare cercava di mantenere la calma di se stesso, e della folla attorno a loro.
“Non abbiamo niente da dire!”
“Bill solo una domanda!” chiese uno dei tanti.
“Per favore non è il momento!” abbassò il volto verso di lei assicurandosi che tutto fosse tranquillo, trovò solo una testolina castana aggrappata al suo petto con le unghie incastrate nella sua maglia nera, non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare.
“Avrete altre possibilità ma adesso non è il momento vi prego” pregò il frontman. Fin quando Saki non riuscì a raggiungerli, afferrò la ragazza per le spalle allontanandola da Bill, prese il moro per il braccio imprimendo la forma della sua forte mano sulla pelle bianca del cantante tirandoli entrambi verso l’entrata del lussuoso palazzo.
“State bene?” chiese lui.
“Saki ma sei matto?! Guarda che segno mi è rimasto!” esclamò indicando con l’indice smaltato di nero, un’impronta rossa sul braccio sinistro.
“Scusa Bill ma era l’unico modo” disse lui sorridendo.
“Uff!” Georg e Gustav si precipitarono accanto ai due sperando di trovarli interi. Daisy era sparita nel nulla.
“Daisy! Dov’è?!” Bill si guardò intorno un paio di volte prima di accorgersi che si era volatilizzata come un soffio di vento caldo d’ Agosto, arriva solo una volta nell’anno, ti accarezza la pelle, sfiora i tuoi capelli e poi, trasportato dall’onda del tempo svanisce, senza lasciare nulla del suo passaggio sul suo tragitto.
“Bill forse è meglio lasciarla da sola” Gustav posò una mano sulla spalla dell’amico cercando di convincerlo, il moro annuì sospirando e insieme agli altri entrarono nella sala da pranzo, raccogliere un po’ d’energie per poter affrontare la nuova giornata.
Un vento freddo, gelido attraversò velocemente una sottile sfoglia d’acqua che riempiva la grande piscina sul retro del palazzo, gli alberi strusciavano i rami lasciando volar via piccoli fiori di ciliegio, lontano. Più sopra delle nuvole.
Più sopra del sole.
Gli ombrelloni emanavano un forte rumore, quasi un rombo brusco riuscendo contro ogni logica a non crollare in acqua, le sdraio erano vuote, sotto i raggi del sole cocente che in quella giornata di Novembre aveva abbagliato anche il più piccolo insetto.
Solo una delle tante, era occupata da un corpicino tremante.
Dalla parte opposta un cuore confuso ed un ‘anima straziante camminava lentamente sul bordo vasca dimenticando ogni ideale, ogni motivo per cui la sua vita fosse diventata così importante, così fondamentale. Un cappellino da baseball ricopriva la fronte alta mettendo a riparo gli occhi di miele da un abbagliante palla di fuoco sopra di lui, fin quando non alzò lo sguardo davanti a sé.
La vide li. Sola.
“Daisy” disse tra se. Cosa gli stava succedendo? perché si sentiva così diverso da quando l’aveva rivista? Perché tutto quello che per lui era normale, stava diventando futile ed inutile? Non riusciva a spiegarselo. Nascose le mani nella enorme felpa che ricopriva il torace sviluppato e si avvicinò senza fare troppo rumore.
“Daisy” disse ad alta voce. La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi di ghiaccio sembravano essere in valia di una fiamma di fuoco, che ardente dentro di lei era riuscita a provocare altre lacrime sulle guance rosse.
“Smetti di piangere” si mise seduto accanto a lei con modo impacciato per i pantaloni troppo grandi.
“Non risolvi nulla” disse.
“Tom.. non ci riesco” si alzò su con la schiena cancellando ogni traccia di dolore sulla sua pelle, osservò con attenzione gli occhi del chitarrista, così uguali a quelli di Bill, ma così diversi tra di loro.
“Nessuno avrà pietà di te Daisy, se continui ad essere così fragile, tutti ti verranno contro solo per farti del male, per questo io non sono così” Tom iniziò a fissare un punto davanti a sé dimenticando che quella che aveva accanto aveva perso suo padre da poco più di tre mesi.
“Il mondo è una merda” continuò “Nessuno ti vorrà mai bene veramente”
“Tu non mi vuoi bene?” chiese. Tom si voltò verso di lei facendo nascere un piccolo sorriso sul volto.
“Si”
“Allora il mondo non fa così schifo” chiuse gli occhi alzando il viso verso l’alto. Pensava alle parole dell’amico, doveva cambiare davvero? Modificare il suo carattere per non essere affranta dal resto dell’umanità? Forse si.
Tirò un respiro profondo, che improvvisamente si bloccò quando sentì una gelida pallina di ferro posarsi sulle sue labbra calde.
 
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¿blessedwithluckysevens´
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 13:50




Anche questo capitolo non scherza, a quanto pare!
La storia sta prendendo una bella svolta, spero vivamente in un continuo!
 
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CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 19:16
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...I drove for miles and miles...
........

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Te l'ho già detto che la storia mi incuriosisce sempre più? =) =)
Cavolo, adesso il ritmo incalza =) =)
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 18/9/2010, 12:57




Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG13
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon



Questa storia è sotto licenza dalla Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License,quindi:
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Non puoi alterare o trasformare quest'opera, ne' usarla per crearne un'altra
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Ricordati Di Noi




5. Io non dimentico.









Il cuore del giovane chitarrista sembrava aver preso il controllo di ogni azione e pensiero gli passasse sotto tiro, alzò la mano sinistra fino ad adagiarla sulla guancia della ragazza per attirarla maggiormente verso il suo volto, dentro di lui un impulso troppo forte aveva preso il sopravvento, non sapeva nemmeno perché si stesse comportando in quel modo, così strano anche per se stesso, ascoltava solo il cuore battere nella testa come un tamburo impazzito, sentiva solo le mani iniziare a sudare quando quella tenera ragazza si accostava al suo fianco, si era ritrovato a sognarla senza niente addosso nelle notti buie, decidendo di sopprimere il suo desiderio corazzando il suo cuore sotto un velo nero, troppo spesso.
Nessuno, forse solo Bill, era stato capace di penetrare al suo interno, trovare la vera sostanza di se stesso in piccole azioni, parole, che sembravano banali, in codice.
Un codice che il suo gemello aveva imparato ad interpretare.
Quindi per questo Tom era cambiato dopo quella notte?
Anni, anni precedenti a quella giornata di Novembre, in uno dei tanti lussuosi hotel della Germania, poco distante, da dove quel giovane cuore aveva preso il comando delle labbra, degli occhi, del corpo del treccinato.
Troppo giovani per capire quanto le parole avrebbero potuto avere peso sul loro rapporto apparentemente indistruttibile, troppe notti passate insieme, troppi giorni trascorsi in quel vecchio garage, troppe le risate dolci di un gruppo inseparabile.
Proprio quando il bulletto della scuola aveva fatto il primo passo nei confronti di Daisy, Tom si era sentito minacciato, messo in pericolo dalla presenza di quel giovane, lo avrebbe potuto disintegrare se solo lo voleva, avrebbe potuto approfittarne in quel preciso momento, allora perché non aveva fatto niente?
Perché l’aveva lasciata andare senza di lui?
Che fosse stata gelosia?
Si ritrovò soli 15 anni chiuso nella camera di Bill con la chitarra sulle gambe nude, il mento poggiato sulla parte più vicina al legno lucido, ed una lacrima calda lenta sulla sua guancia, una marea di pensieri nella testa e solo la sua immagina chiara e nitida in lontananza.
Aveva sofferto.
Aveva sofferto troppo per lei.
Aveva permesso la possibilità di perderla una volta, non sarebbe accaduto di nuovo.
Solo in quel momento capì il motivo del suo comportamento, fosse stata paura?
Paura di vederla svanire di nuovo.
Di doverla lasciare sulla soglia di casa con la sua felpa tra le mani ed un casto bacio sulla guancia fredda prima di salire sul buss, che lo avrebbe accompagnato alla carriera, il sogno della sua vita.

No. Questa volta non sarebbe successo.
“Tom..” sibilò lei allontanandosi da lui. Il treccinato si passò una mano sulle labbra e aprì lentamente gli occhi color cioccolato, permettendo al sole cocente di illuminarli con dolcezza.
“Tom io ti voglio un gran bene.. ma..” la mano del chitarrista bloccò ogni sua parola, poggiando la mano appena sudata sulle labbra rosee della ragazza. Il suo cuore si fermò di botto, cessando ogni battito regolare nel petto.
“Lo so, ma dovevo farlo” il tono che aveva assunto era forse intraprendente, doveva farlo? Daisy scosse il viso un paio di volte cercando di mettere a fuoco la situazione, Tom uno dei suoi migliori amici l’aveva appena baciata. E adesso che cosa sarebbe successo? Sorrise appena notando il grande rossore sulle gote del chitarrista, ma dentro di sé, sapeva bene che quello che aveva appena fatto, era solo debolezza. Almeno così credeva.
“Tom hai tante ragazze lì fuori che ti vogliono” disse lei non curante delle sue parole.
“Vero” freddo. Come il ghiaccio. Il suo cuore si racchiuse nuovamente nella corazza che aveva costruito da solo, lasciò cadere un velo scuro sul volto iniziando a sorridere, anche se dentro di lui, urlava. Urlava di dolore.
Perché amare doveva fare così male? Non se lo era mai spiegato.
Perché Bill credeva in questo dolore? Perché tutto doveva essere così complicato per lui? Tutte volevano il suo cuore, ma spesso si ritrovava a suonare sui palchi delle grandi capitali, osservava attentamente le ragazze delle prime file e si chiedeva, “Quante di queste potrebbero amare il mio cuore?”
Amore. Sentimento complicato, sensazioni inspiegabili che arrivano tutte insieme, ti rendono estraneo agli altri, ti rendono diverso, perso.
Perso negli occhi della persona che ami.
Perso nella sua risata.
Perso sulla sua pelle che odorava di vaniglia.
Perso tra i suoi capelli setosi.
Inebria il tuo cuore e lo rende succube di quella sensazione, e non si calma. Non si placa. Sempre di più. Non riesci a farne a meno.
“Almeno bacio bene?” chiese lui ridendo.
Daisy scoppiò a ridere portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, i suoi occhi ripresero a brillare per un solo attimo, in quel piccolo secondo in cui Tom, annegò completamente.
Affogava in quel mare di ghiaccio, rimanendo pietrificato davanti a quelle labbra carnose, ogni piccolo movimento riusciva a drogarlo sotto ogni aspetto.
“Dovremo andare Tom” disse lei. Si alzò in piedi, gli stropicciò il cappellino da baseball e iniziò a camminare a passo lento, lungo il bordo vasca.
Tom sorrise tra se, si passò una mano sul cappellino, sistemando per bene e si alzò seguendo il percorso del suo amore impossibile, accucciò le mani nelle tasche della grande felpa e si perse tra i capelli della giovane.

“Nooo! Quello è il mio!” sintetizzò Bill. Era in corso una vera e propria corsa al cestino del pane, il bassista e il cantante erano nel bel mezzo di una nuova asta fuori dagli schemi. Gustav intanto scuoteva la testa ridendo, era capitato al centro di una situazione, che molte volte era meno non partecipare.
“Ma dai Bill! Ci mettono una vita a portarne ancora e tu, ne hai già mangiato uno!” precisò l’amico.
“Ma io sono magrissimo e devo mangiare!” sistemò per la millesima volta uno dei suoi tanti anelli al dito esile della mano destra e lasciò che un piccolo pezzo di pane fosse addentato con sicurezza tra le sue labbra.
“Quando ti conviene! Voglio vedere quando faremo una nuova intervista sulla tua presunta anoressia! Poi intervengo io!” l’umore del moro sprofondò all’improvviso. Lasciò cadere il pezzo di pane accanto al piatto e voltò lo sguardo dalla parte opposta evitando ogni contatto visivo con Georg.
Gustav lasciò affondare il gomito nello stomaco del bassista lanciandogli un’occhiataccia. Erano mesi ormai che questo discorso andava avanti e nessuno dei giornalisti accennava a mettere da parte un argomento toccante per il frontman.
“Bill.. scusa”
“Non importa, dove diavolo sarà Tom?” si guardò intorno un paio di volte scrutando tra i tavoli vuoti della sala, nascose l’occhio sinistro sotto il ciuffo di capelli nero pece, per nascondere meglio un velo di lacrime, all’apparenza non molto stabile.
“Eccoli!” esclamò Gustav.
Daisy si fece spazio tra le sedie lussuose prima di arrivare di fronte al moro mentre Tom prendeva posto accanto il batterista.
“Daisy! Ma dove cazzo eri?!” esclamò lui.
“In piscina.. scusa Bill, volevo solo stare un po’ da sola” spiegò.
Bill rispose con una smorfia lasciando andare lo sguardo dalla ragazza al gemello davanti a sé.
“E tu? Niente da dire?” Tom alzò il sopracciglio sinistro e inclinò appena il viso verso sinistra iniziando a chiedersi quale altro problema fosse trapassato per il cervello del fratello.
“Stai bene? O qualche altro cagnolino è stato investito?” Gustav rise appena, mentre Georg osservava con attenzione il cantante sentendo un leggero nodo allo stomaco.
Fossero sensi di colpa?
“Ragazzi oggi pomeriggio alle tre, servizio fotografico” disse Saki spuntando dal nulla con una quantità industriale di fogli tra le mani, si mise seduto accanto Gustav sorridendo, ma il clima che aveva trovato, non era dei migliori.
“Vaffanculo Tom!” esclamò Bill.
Tom sospirò sonoramente non curandosi dell’insulto ricevuto, si stiracchiò sulla sedia addentando il pezzo di pane del fratello, gesto che provocò una vera e propria risata da parte di Georg.
“Ok, visto che siete così felici, quando dobbiamo lavorare chiamatemi!” si alzò dal suo posto, afferrò la grande borsa nera borchiata dalla sedia del tavolo vicino e lanciando uno sguardo profondo verso Daisy abbandonò la sala da pranzo.
“E così non ha mangiato nemmeno oggi” disse Saki sospirando.
“Scusatemi” disse Daisy alzandosi.
“No Daisy, lascialo solo, gli passerà” gli suggerì Tom.
“Non posso, quando stavo male lui c’èra, adesso io voglio esserci per lui” detto questo sorrise verso la guardia del corpo, e con un pensiero fisso nella mente, iniziò a correre alle spalle di Bill.

“Io non mi dimentico di te”

Iniziò a correre velocemente dietro il cantante, mentre ripensava alle parole di Saki, nemmeno oggi aveva mangiato? Che voleva dire? Attraversò la grande hall lussuosa passando davanti al bancone in ciliegio lucido, dove dietro di esso una ragazza alta e slanciata batteva le mani sulla tastiera cercando nuove attrazioni per la sua attività. Lo vide entrare nella cabina dell’ascensore, le sembrò lontano chilometri fin quando non riuscì ad entrare insieme a lui.
Si appoggiò alla parete grigia prendendo fiato mentre Bill la osservava stranito con il sopracciglio destro inclinato.
“Ma quanto corri veloce!” esclamò lei.
“Cosa vuoi Daisy? Ora sono io che voglio stare da solo. Ti prego” i suoi occhi castani assomigliavano ad un mare di miele cristallizzato, brillava sotto la tenue luce sopra le loro teste dando una leggera sfumatura di dolore a quel volto angelico.
“E’ qui che ti sbagli Bill. Io prima non ero del tutto da sola.. Tom mi ha trovato in piscina e mi ha fatto compagnia” si fermò.
Doveva dirlo?
Il bacio tra lei e il chitarrista la stava logorando. In quel momento le sembrò di tornare indietro con la memoria. I momenti più belli che aveva passato nei giorni in cui i ragazzi provavano nel garage di Georg, quei piccoli sguardi da parte sua che la facevano rabbrividire, il suo modo lento di far scorrere le dita sulla sua chitarra classica,il suo modo di ridere quando inciampava tra i cavi della batteria. Ricordava benissimo i battiti del suo cuore che iniziavano ad accelerare senza che lei potesse impedirlo, poi.. quel maledetto giorno.
“Me la sono fatta Gustav!” così aveva detto. Quelle parole che per notti intere avevano provocato lacrime amare sul suo viso bianco come il latte. Bill la osservava con attenzione, sapeva che gli stava nascondendo qualcosa, ma in quel momento il problema sulla sua presunta anoressia gli aveva riempito la testa di domande, dubbi.
“Sei stanco vero?” chiese. Non voleva parlarne. Per il momento.
“Tantissimo” una smorfia di stanchezza si fece vedere sul volto appena truccato del moro. I concerti che lo aspettavano erano molti, forse troppi. Per non contare che l’assenza di David rendeva tutto più complicato, Saki continuava ad assegnargli interviste noiose e i servizi fotografici aumentavano ogni giorno di più.
Il silenzio calò nella piccola cabina. Continuavano a guardarsi, piccoli sorrisi innocenti che illuminavano il viso di entrambi, piccoli gesti privi di parole che facevano nascere grandi emozioni. Così grandi da sembrare assurdi, surreali.
Fin quando l’ascensore non si fermò al piano delle rispettive stanze, ne uscirono contemporaneamente iniziando a percorrere il lungo corridoio pieno di quadri ed un tappeto rosso fuoco.
“Bill dobbiamo parlare.. da quanto tempo non mangi qualcosa?” si sentì morire. Forse non doveva intromettersi così tanto, forse non doveva inoltrarsi nella sua vita così di piombo, senza una spiegazione logica, forse.. era solo paura. Paura di perderlo.
“Perché questa domanda?” la sua voce iniziava a tremare, strinse forte i due pugni sui fianchi stretti, si morse il labbro inferiore così forte da lasciare il segno bianco sulle labbra carnose.
“Perché da quando sei tornato.. vedo che sei dimagrito troppo” non violò la copertura della guardia del corpo, era meglio parlarne faccia a faccia, senza lasciar intervenire chi con lui, viveva ogni secondo da quando aveva soli 15 anni.
“Mangio.. non devi preoccuparti” sbagliato. Daisy sapeva benissimo quello che stava lacerando il cuore di Bill, era anoressico? Non lo era? L’unico a darle determinate risposte era proprio lui. Lo guardò attentamente negli occhi scrutando una piccola bugia. Troppo piccola, che agli occhi della ragazza sembrò scontata.
“Stai mentendo” Bill si fermò di botto nel bel mezzo del corridoio, si appoggiò alla parente bianca , nascose il volto tra le mani ricoperte di anelli neri. Qualche ciuffo di capelli si adagio sulla carnagione chiara e uno scatto di spalle diede inizio ad un pianto disperato.
“Bill..” sussurrò.
Gli si avvicinò appoggiando le mani sulle sue, scoprendo alla luce del sole il volto di un piccolo angelo, così delicato e fragile. Così disperato da riuscire a nascondere nel cuore un segreto troppo grande anche per lui.
“Lo sai che puoi parlare con me” iniziò ad asciugare quelle lacrime nere sulle gote, cancellando ogni traccia di matita sciolta sul suo volto mentre il cantante tirava su col naso i segni evidenti di un crollo emotivo.
“Io.. mangio ma.. a volte mi dimentico di farlo..” sibilò lui tra un singhiozzo e l’altro.
Si lasciò andare lungo il muro fino a sedersi sul tappeto rosso che accompagnava i clienti alle proprie stanze, Daisy si abbassò a cavalcioni verso di lui stringendo forte le mani smaltate di nero e bianche tra le sue, contornate da un leggero french color perla. Erano così fredde, quasi come un cubetto di ghiaccio. Osservò ancora una volta gli occhi del suo migliore amico versare lacrime di dolore, non era la prima volta che si trovava in quella situazione, ricordava ancora le mille volte in cui gli ripeteva di dare un morso al suo gelato, mentre il giovane si ritirava indietro ripetendo la solita scusa. “Sono nervoso per le prove!”
Non era mai così.
“Bill.. se continui così lo stomaco si abitua.. vuoi sparire nel nulla? E poi con un po’ di pancetta saresti anche più sexy!” esclamò lei quasi ridendo. Bill alzò lo sguardo poggiando le mani a terra, sorrise tra qualche lacrima, come avrebbe fatto senza di lei? Come avrebbe potuto andare avanti senza il suo sorriso?
I suoi occhi osservatori cercavano di imprimere nella memoria ogni tratto del suo volto, ogni movimento delle sue labbra rosee, ogni capello della sua chioma castana, ogni contorno del suo corpo esile.
“Scema” disse spingendola leggermente.
“Bill.. dico sul serio”si alzò in piedi porgendogli la mano. L’afferrò senza esitazione e in secondo erano di nuovo insieme in un cammino uguale, ma che avrebbe portato entrambi a obiettivi differenti.
Arrivarono davanti ad una delle tante porte in legno lucido del corridoio, con una targa dorata con su scritto il numero della stanza del cantante. Daisy sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro per poi voltarsi di nuovo verso di lui, assicurandosi di trovarlo con il suo entusiasmo di sempre. Cosa che non trovò.
“Ci vediamo di sotto più tardi?” chiese lui.
“Oh no caro! Te lo scordi! Adesso entriamo e chiamiamo il servizio in camera, visto che non ho mangiato nemmeno io!” Bill abbozzò un sorriso mentre lo stomaco aveva iniziato a brontolare.
“Visto?! Anche lui mi da ragione!” scoppiò a ridere. Entrarono insieme nella stanza. Regnava il caos. Le scarpe di Bill erano sparse un po’ ovunque, il letto era stropicciato ed i copriletto era adagiato sul parquet, accanto alla finestra la scrivania era inondata di trucchi sparsi qua e là e le maglie nere erano aggrovigliate tra di loro. Una valigia bianca targata “Dior” era completamente aperta nel bel mezzo della camera, dove si potevano benissimo notare i box neri del cantante.
“Non ricordavo di aver lasciato questo casino!” disse lei chiudendo la porta alle sue spalle. Le gote di Bill si colorarono di rosso chiaro mentre si metteva seduto sul letto, dove sembrava esserci stata la prima guerra mondiale.
“Dovresti saperlo che l’ordine fa parte del dna di Tom”
“Vero, ma non ha importanza..” afferrò la cornetta del telefono privato iniziando a parlare con la ragazza che poco prima era impegnata con i suoi obiettivi direzionali.
“Grazie mille” disse in fine prima di riagganciare.
“Ma quante cose hai preso?” si distese a pancia in sù, ripensando alle mille cose che Daisy aveva ordinato solo per due, eppure.. la sua mente era vuota. Fissava il soffitto continuando a farsi mille domande, a cui mai, riusciva a trovare una risposta.
“A sufficienza per recuperare le tante volte che non hai mangiato” si mise seduta accanto a lui, osservando con particolare attenzione il torace poco sviluppato dell’ amico allargarsi e ritrarsi ad ogni respiro, la maglia si alzò leggermente, tanto quanto bastasse per scoprire sotto i suoi occhi ghiacciati il tatuaggio di Bill, quella piccola stellina sul basso ventre che gli aveva segnato il corpo.
“Hai fame?” chiese lei. Ma non ricevette nessuna risposta, gli occhi contornati di nero continuavano ad essere chiusi e le mani curate si erano lasciate cadere sui fianchi del corpicino del cantante.
“Bill? Ti sei addormentato?” si distese appena accanto a lui, cercando di capire se fosse caduto davvero nel mondo dei sogni, oppure la stava semplicemente prendendo in giro.
“Bill? Bill?” lo chiamò più volte, ma per ogni singola volta l’unica cosa che aveva in cambio era un nuovo respiro profondo e stanco. Sorrise dolcemente e con un movimento lento, si alzò la maglia scoprendo sotto un forte raggio di sole, una stella concentrica sul basso ventre.
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 19/9/2010, 22:57




o.o?
 
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19 replies since 12/9/2010, 11:55   219 views
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