CITAZIONE (Unendlichkeit‹‹ @ 16/9/2010, 14:26)
Okay, questa storia mi incuriosisce sempre di più, sai? Complimenti, scrivi bene, davvero. Anche se le etero non sono le mie preferite, trovo che questa storia sia molto interessante =)
Oh grazie mille sono davvero contenta che ti piaccia, ma di più che riesca ad attirarti! **
CITAZIONE (¿möglichkeit´ @ 16/9/2010, 14:27)
Complimenti vivi anche per questo capitolo, deve esserti costato fatica! E' molto più intenso degli altri!
Spero in un tuo prossimo aggiornamento!
Bhè si.. mi è costato molto scriverlo anche perchè io sono il mio miglior critico. Prima di postare o semplicemente far leggere uno dei capitoli, ci rimugino sopra per giorno XD
Ti ringrazio tantissimo!! **
Titolo: Ricordati Di Noi
Autore: *BabyStella*
Rating: PG13
Genere: AU, Romantica, Simpatica, Angst, Violence, Lemon
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Ricordati Di Noi
4. L'intervista.
L’animo di Bill sembrava aver avuto uno sbalzo, in un attimo il sorriso che sovrastava sul suo viso sparì in un secondo, rimpiazzando quel dolce sorriso da bambino in una smorfia di disapprovo per la scelta che Daisy aveva fatto alla sua proposta. Avrebbe voluto averla accanto nella sua carriera, ogni giorno al mattino, durante i concerti, tutti quei piccoli avvenimenti che nella sua vita erano diventati banali e senza senso con lei avrebbero potuto avere quella piccola sfumatura di armonica e felicità che cercava da mesi, anni. Tom non aveva dato la sua opinione, aveva deciso di mantenere il silenzio e accettare la scelta della ragazza, i suoi occhi profondi però la dicevano lunga, aveva passato tutta la giornata affianco il vetro dell’enorme pullman mentre Saki e gli altri caricavano gli strumenti e le valigie del gruppo. Georg e Gustav rimasero tutto il tempo a parlare tra di loro, cercando di allontanare l’idea di riprendere il tour carico di concerti e date troppe vicine anche per un riposo sostanziale. Daisy scese dalle scale che provenivano dal primo piano portando in spalla uno zaino nero con qualche scritta bianca in pennarello indelebile, per l’aspetto esteriore doveva essere uno di quei zainetti molto rattoppati e vecchi, ma per come lo stringeva tra le mani doveva avere un affetto particolare per lei, alcuni ciuffi di capelli le ricadevano sul viso infrangendo la prospettiva del ghiaccio proveniente dai suoi occhi incastonati in un viso perfetto dalla pelle bianca.
“Oh no!” esclamò Bill correndole in contro.
“Ma questo è lo zainetto che avevamo firmato tutti!” un sorriso solare sembrò dare un po’ di luce all’espressione che poco prima, sembrava non voler dare più la felicità che aveva sempre avuto.
Lo sfilò dalle spalle esili di Daisy tenendolo tra le mani come una reliquia, per un attimo sembrò che quel cioccolato che colorava gli occhi del cantante si fossero appannati per l’emozione di ripercorrere i passi del passato e tornare in quel giorno così triste, ma che avrebbe dato loro un motivo in più per stare insieme.
Su quella stoffa nera ormai consumata in bianco erano disegnate le firme dei ragazzi, quella di Bill era contornata da una stella, accanto a quella di Tom un bellissimo cappellino da baseball, vicino a quella di Georg un paio di occhi disegnati perfettamente in ogni dettaglio, mentre al lato della firma di Gustav un paio di bacchette da batteria intrecciate tra loro. Un ricordo troppo caro ad ognuno di loro per essere accantonato in un angolo nella memoria, troppo fondamentale per ognuno di loro.
“Si Bill. È proprio lui” disse lei guardandolo con tristezza.
“Mi ricordo ancora quel giorno” disse lui.
“Si.. anche io” Georg la guardò con curiosità alzando il sopracciglio sinistro e inclinò appena la testa verso sinistra iniziando a chiedersi perché all’improvviso gli umori di entrambi si erano scambiati.
“Daisy, ti prego.. vieni via con noi” disse Bill poggiando lo zainetto a terra. Come resistere a quegli occhi da cucciolo? Come resistere a quella voce che le aveva spezzato il cuore dal primo giorno in cui si erano conosciuti? Era impossibile. Forse.
“Bill.. io.. non posso lasciarla qui da sola, mi ha cresciuto”i suoi occhi si velarono da un folto velo di lacrime e l’ animo di Bill ebbe un sussulto, gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quel giorno di Dicembre davanti alla soglia di casa mentre sua madre gli raccomandava di comportarsi bene insieme al manager, i suoi occhi rossi di lacrime, le sue parole di conforto, e i giochi di Tom alle sue spalle che gli faceva i dispetti, erano due bambini, e Daisy sembrava la sua copia.
Quell’anziana donna assomigliava molto alla sua mamma, ricordava i momenti passati nel giardino la notte mentre lei li osservava con un sorriso dolce dalla finestra del salotto. L’avrebbe costretta a fare la sua stessa scelta?
Le avrebbe imposto di fare quello che non desiderava?
No. Doveva scegliere da sola.
“Si capisco.. ma almeno vieni insieme a noi? Abbiamo una intervista e stasera partiamo!”Daisy osservò con attenzione gli occhi di Bill. Sembravano implorarla con le ginocchia sul pavimento. Tom rientrò nella hal con un certo mal umore dipinto in faccia e questo sembrò agitare maggiormente Saki.
“Vi muovete?!” esclamò.
Daisy lo guardò stupita per la sua reazione. Perché dun tratto si comportava così? Cosa era successo tanto da farlo arrabbiare? Stringeva fortemente i pugni lungo i fianchi imprimendo la forma delle piccole unghie sul palmo bianco.
“Arriviamo” rispose il gemello.
Si voltò verso la ragazza e notando un sorriso sulle labbra circondate da un velo di lucido alla fragola le prese la mano portandola via con lui verso il grande pullman che li attendeva nel parcheggio privato.
Georg e Gustav si scambiarono uno sguardo complice per poi scoppiare a ridere nello stesso momento, Tom però non era della stessa opinione.
“Che hai amico?” chiese il bassista.
“Niente, solo sonno” gli diede le spalle per poi salire con una camminata goffa sul bus e tornò al suo posto accanto al finestrino perdendosi nei suoi pensieri più segreti e nascosti, voleva stare da solo, non voleva nessuno, nemmeno suo fratello. Daisy intanto stava osservando il bus con occhi sgranati per quello che gli si stava presentando davanti.
“Ma è una casa portatile?!” chiese sedendosi sul divanetto in pelle bianco che era sistemato appena sull’entrata, susseguiva un tavolino all’americana circondato dal divano che si appoggiava al finestrino, la cucina stretta era ricoperta di bottiglie di coca cola vuote, patatine e lattine di red bull. Alla fine del corridoio una scala a chiocciola portava al piano superiore, 5 lettini privati con una tendina da separé si portava sul corridoio, ogni cuccetta possedeva una televisione ed un lettore dvd, in modo che ognuno di loro poteva trascorrere le serate noiose con un film, strettamente richieste erano le cuffie, visto che la maggior parte dei video che il trecciolato osservava erano vietati ai minori.
“Si, più o meno, c’è tutto quello che ci serve” spiegò il bassista sedendosi accanto a lei.
I suoi occhi brillanti come due diamanti osservavano tutto con attenzione, come un bambino alla scoperta del nuovo mondo, così innocente a cui fare del male, così attenta all’aspetto di vita che i suoi migliori amici avevano da anni ormai, mentre lei era abituata a vivere con la sua nonna in una piccola casetta in periferia totalmente sola, in compagnia di se stessa, insieme alla musica che la intratteneva ogni volta che si sentiva sola.
“E’ stupendo”
“Tutto questo potrebbe essere tuo, se solo lo desideri” continuò il piastrato. Bill sorrise senza farsi vedere mentre si metteva seduto accanto al gemello assente.
“Tomi tutto bene?” chiese sotto voce.
Il fratello si limitò ad annuire senza dire una parola. Non sapeva nemmeno perché si stesse comportando così, sentiva che dentro di lui qualcosa era stato modificato, ma cosa?
Cosa era successo di così forte da cambiare il suo umore così velocemente?
“Ti ringrazio Georg.. ma sai anche tu che non è facile da decidere” spiegò. Le sue guancie si colorarono di rosso acceso e le sue labbra lucide si espansero in un timido sorriso.
“Ok basta parlare di questo, oggi rimarrai con noi vero?” chiese Gustav.
“Si se voi lo volete” disse sorridendo.
“Certo che lo vogliamo! Dopo cena ti accompagniamo a casa” continuò Georg.
Il resto della giornata trascorse in armonia, tutto il gruppo si era avvicinato alla piccola Daisy ricordando i momenti della loro infanzia trascorsa troppo distanti l’uno dall’altro, tante cose erano successe e il tempo a loro disposizione era poco. Troppo poco. Daisy si sfogò totalmente con il treccinato per la perdita del padre, rimasero forse ore nella cuccetta di Tom al piano superiore abbracciati senza dirsi una parola.
A volte il silenzio riesce ad esprimere parole che la voce non è in grado di dire, un abbraccio riesce a bloccarti il cuore senza permettergli di seguire il tuo comando, e in questo caso il chitarrista ricopriva perfettamente il ruolo.
Georg e Gustav passarono il loro tempo libero con lei raccontando eventi comici durante la registrazione del nuovo cd, gli errori commessi durante i concerti, tutti piccoli momenti di 4 ragazzi uguali agli altri, 4 ragazzi, nient’altro.
Bill invece era torturato dai giornalisti in una delle mille stanze lussuose di una radio tedesca, domande già sentite, risposte date mille volte, il suo sorriso ingannava l’obiettivo e la sua nuova pettinatura data l’immagine di un ragazzo confuso anche su se stesso, ma in realtà non era così.. Bill sapeva cosa voleva da se stesso, dal suo futuro, e lo stava ottenendo.
Tutti i ragazzi entrarono in seguito sedendosi ai lati del cantante, ognuno di loro indossò la loro maschera personalizzata fingendo sul loro umore, la voglia di urlare, la voglia di piangere, ma quello no. Non era il momento giusto.
“Sappiamo che ormai dal giorno in cui avete perso il vostro manager, molte cose sono cambiate nella vostra vita, anche i vostri rapporti?” chiese uno dei tanti giornalisti. Bill sobbalzò sul posto sentendosi chiedere una simile domanda, sporse la testa alle spalle del gemello e trovò Daisy con le lacrime agli occhi che si reggeva al braccio di Saki.
“Non penso questo sia il momento di parlare di lui, ma la sua perdita non ha modificato niente tra di noi, anzi siamo più uniti di prima” spiegò abbassando lo sguardo. Gustav si voltò nella stessa direzione dell’amico e rimase imbambolato.
“
Abbiamo visto che puntualmente ad ogni mesiversario, tornate in Germania per ricordarlo, perché avete scelto un hotel?” Bill strinse forte due pugni sotto il tavolo coperto da una enorme tovaglia rossa di raso, la forma delle sue unghie lasciarono il segno sulla pelle bianca mentre il batterista sperava col cuore che la ragazza a pochi metri da loro non scoppiasse il lacrime davanti le telecamere.
“Per permettere alle persone a lui care di rimanere tranquilli, lontani dagli obiettivi" chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo ed un silenzio tombale calò nella stanza solo quando si sentì un rumore brusco, la porta della sala che si chiudeva con violenza.
“Scusate” disse il moro frettolosamente. Si alzò dal suo posto senza lasciare spazio ai giornalisti di fermarlo, la sedia cadde sul pavimento ed una corsa contro il tempo si attuò in un secondo.
“Per oggi credo sia abbastanza” disse Saki verso il gruppo di fotografi rimasti scioccati per la reazione del cantante, ma non dovettero aspettare molto prima che anche il resto del gruppo sparisse sotto le loro mani.
“Daisy! Fermati!” urlò lui alle sue spalle.
Correva più veloce che le sue gambe potessero permetterlo, lacrime che assomigliavano a gocce di rugiada si dissolvevano nell’aria lasciando sulla sua pelle candida e timida una scia di dolore che spaccava il cuore, la chioma di capelli si scontrava contro il vento lasciando libero il viso privo di ogni incertezza. Bill correva velocemente dietro di lei allungando la mano nella sua direzione cercando di afferrarla in qualche modo, il suo cuore batteva come un tamburo in gola, doveva raggiungerla.
Fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, ma doveva prenderla.
“Daisy ti prego!”
Uscì fuori dalla grande struttura andando in contro ad un raggio di sole battente, si guardò intorno in paio di volte, Daisy sembrava sparita nel nulla.
Proprio quando decidette di tornare dagli altri un’ impulso troppo forte lo spinse alle spalle del grande palazzo, le macchine parcheggiate erano estremamente lussuose e il loro tour bus, sembrava un gigante attorniato da tanti piccoli nanetti. Un vento fresco gli accarezzò il volto trafiggendo il torace poco sviluppato fino ad entrargli nei polmoni.
Fin quando non la trovò. Appoggiata al muro con il viso coperto dalle mani smaltate, i capelli su di esse cercando di riparare il suo cuore spezzato dal resto del mondo.
“Daisy” disse lui a bassissima voce. Poggiò una mano tra i suoi capelli fino a spingerla tra le sue braccia.
Daisy si lasciò completamente trasportare da quella sensazione dolce e forte come una calamita, troppo potente per opporsi, le lacrime scendevano giù per le sue guance, come un fiume in piena fino ad essere assorbite dalla maglia nera del cantante.
“Ssssh.” Sussurrò. Poggiò il mento sulla spalla della ragazza e la cinse ai fianchi stringendola quanto potesse, mentre due lacrime nere scendevano lente dai suoi stessi occhi.
E’ così importante riuscire a consolare qualcuno? Parlare per ore sprecando fiato, frasi dette ed ascoltate mille volte per assumere un significato logico ormai, Bill si limitò a rimanere in silenzio, la voce rotta dalle lacrime al ricordo dell’ultimo incontro con il suo manager, lui che li aveva cresciuti.
Lui che era sempre stato presente al loro fianco.
Lui che aveva permesso a 4 ragazzini come loro a realizzare il loro sogno.
Lui che ormai era sparito dal loro udito, dal loro tatto. Diventando un grande angelo dalle ali immense per abbracciarli in un unico gancio senza che se ne accorgessero.
“Bill..” disse silenziosamente, la voce spezzata da respiri a metà, le sue mani erano saldamente aggrappate alla giacca del cantante, le labbra le tremavano velocemente e il suo cuore sembrava aver perso la cognizione del ritmo normale.
“Ssssh.. ora torniamo dentro, andrà tutto bene” si asciugò velocemente due lacrime nere sulle guancie per non farsi vedere da lei.
Ricoprì il suo viso dolce da una maschera, la stessa che portava da anni, la stessa per cui tutto il mondo era abituato a conoscerlo. Sistemò il braccio sinistro sulla spalla di Daisy e senza permetterle di scontrare il volto verso le telecamere intrecciò le dita smaltate nella chioma di capelli castani forzandola a rimanere in quella stessa posizione.
Una folta folla di giornalisti si erano accalcati sulla soglia dell’edificio, i flasch si ripetevano tra di loro senza fermarsi un attimo e la voce di Saki era quasi un sussurro, sovrastata dalle mille domande.
“Potremo intervistare la ragazza?” chiese uno.
“Non penso sia possibile, la figlia di David non vuole rilasciare interviste” spiegò.
“Per quale motivo?”“Perché essendo una figlia senza suo padre vuole vivere da sola questo momento di grande dolore, quindi vi chiedo di lasciarla in pace, e di non rivolgere nessuna domanda di questo genere al resto del gruppo, siamo tutti addolorati per quello che è successo” dietro l’angolo Bill spiava la situazione per riuscire a trovare il momento adatto per tornare dagli altri, ma varcare la soglia, attraversando tutti quei giornalisti era più difficile di quanto sembrasse.
“Daisy, rimani così, e non dire una parola” disse poggiando il mento sulla fronte di lei. Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto sfogare tutto quello che dentro di lei stava crescendo a dismisura, era così difficile rimanere da soli quando ne occorre? Tutta la stampa voleva lei, le loro attenzioni si erano spostate dal gruppo tedesco per concentrarsi sui suoi occhi gelidi.
“Bill.. ho paura” sibilò lei.
“C’è anche Saki, non ti faranno niente, ti fidi di me?” chiese. Poggiò le mani curate sulle esili spalle della ragazza chiudendola in un abbraccio forte, non avrebbe mai voluto lasciarla andare.
“Si” sussurrò lei.
“Allora andrà tutto per il meglio” cercò di convincere se stesso, doveva andare tutto bene. Bill era sempre stato un tipo molto tranquillo senza mai perdere la calma, ma in quel preciso momento aveva il timore che tutti i suoi freni in situazioni nervose, e senza limiti di privacy crollassero da un momento all’altro.
“Quando potremo avere una nuova intervista con il gruppo?” continuò.
“Ve lo farò sapere quanto presto” la serietà che la guardia del copo aveva assunto metteva timore, Georg dalla piccola hall ascoltava con attenzione tutto quello che li fuori stava succedendo, incrociò le braccia tra di loro accavallando la gamba destra, scosse la testa facendo smuovere la chioma di capelli piastrati e lasciò uscire dalle labbra carnose un sospiro.
“Non ci voleva” disse fissando un punto fisso.
“Spero solo che Bill riesca a non metterla davanti le telecamere” disse Gustav appoggiandosi alla parete accanto l’amico. Tom invece si era lasciato trasportare da una sigaretta, seduto con le gambe divaricate, lo sguardo basso sembrava dare una strana luce a quel mare di cioccolato che ardeva in due perle incastonate sul viso lineare. Si era completamente perso nel suo piccolo strano mondo che da sole poche ore aveva sconvolto la sua “normalità.”
“Tom? Secondo te riusciremo a portarla con noi?” chiese il moro.
“Non me ne fotte niente” Georg si voltò verso il trecciolato con gli occhi sgranati.
Ma cosa gli prendeva adesso?
Prima non diceva nulla, adesso qualsiasi cosa usciva dalle sue labbra era negativa ed offensiva.
Non era da lui.
Non era da Tom.
“Tom ma mi dici che ti prende? Ci conosciamo da anni, non pensare che non abbia capito che hai qualcosa di strano” disse il bassista.
“Tu pensi di sapere tutto di me, ma non sai un cazzo! Lasciami in pace Georg” detto questo gettò in malo modo il resto della sigaretta nel portacenere nero sul tavolino di vetro e lasciò i due amici nel silenzio più assoluto. Sparì dietro una porta lasciando tutta la stampa, i suoi stessi amici, suo fratello, senza la sua presenza.
Voleva stare solo.
Solo per qualche minuto. Senza nessuno.
“Andiamo” disse sottovoce Bill. Si fece spazio tra la folla stringendo tra le braccia la povera Daisy che senza un attimo di tregua veniva abbagliata dai flash delle macchine fotografiche, mille domande ripetute senza pause, Saki allungò la mano verso il cantante cercando di afferrarlo, ma tutto fu inutile.
“Bill! Bill!” voci sconosciute che lo chiamavano. Mani dal tocco pesante sule sue spalle tanto da farlo indietreggiare, spinte forti che spaventarono Daisy cercando di non cadere. Era un delirio.
“Daisy non lasciarmi” sussurrò lui.
Alcune volte pensò di iniziare ad urlare, dire tutto quello che pensava senza avere il timore di finire sui giornali scandalistici, strinse più forte che potesse la ragazza l suo corpo esile mentre con l’unico mezzo che potesse utilizzare cercava di mantenere la calma di se stesso, e della folla attorno a loro.
“Non abbiamo niente da dire!”
“Bill solo una domanda!” chiese uno dei tanti.
“Per favore non è il momento!” abbassò il volto verso di lei assicurandosi che tutto fosse tranquillo, trovò solo una testolina castana aggrappata al suo petto con le unghie incastrate nella sua maglia nera, non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare.
“Avrete altre possibilità ma adesso non è il momento vi prego” pregò il frontman. Fin quando Saki non riuscì a raggiungerli, afferrò la ragazza per le spalle allontanandola da Bill, prese il moro per il braccio imprimendo la forma della sua forte mano sulla pelle bianca del cantante tirandoli entrambi verso l’entrata del lussuoso palazzo.
“State bene?” chiese lui.
“Saki ma sei matto?! Guarda che segno mi è rimasto!” esclamò indicando con l’indice smaltato di nero, un’impronta rossa sul braccio sinistro.
“Scusa Bill ma era l’unico modo” disse lui sorridendo.
“Uff!” Georg e Gustav si precipitarono accanto ai due sperando di trovarli interi. Daisy era sparita nel nulla.
“Daisy! Dov’è?!” Bill si guardò intorno un paio di volte prima di accorgersi che si era volatilizzata come un soffio di vento caldo d’ Agosto, arriva solo una volta nell’anno, ti accarezza la pelle, sfiora i tuoi capelli e poi, trasportato dall’onda del tempo svanisce, senza lasciare nulla del suo passaggio sul suo tragitto.
“Bill forse è meglio lasciarla da sola” Gustav posò una mano sulla spalla dell’amico cercando di convincerlo, il moro annuì sospirando e insieme agli altri entrarono nella sala da pranzo, raccogliere un po’ d’energie per poter affrontare la nuova giornata.
Un vento freddo, gelido attraversò velocemente una sottile sfoglia d’acqua che riempiva la grande piscina sul retro del palazzo, gli alberi strusciavano i rami lasciando volar via piccoli fiori di ciliegio, lontano. Più sopra delle nuvole.
Più sopra del sole.
Gli ombrelloni emanavano un forte rumore, quasi un rombo brusco riuscendo contro ogni logica a non crollare in acqua, le sdraio erano vuote, sotto i raggi del sole cocente che in quella giornata di Novembre aveva abbagliato anche il più piccolo insetto.
Solo una delle tante, era occupata da un corpicino tremante.
Dalla parte opposta un cuore confuso ed un ‘anima straziante camminava lentamente sul bordo vasca dimenticando ogni ideale, ogni motivo per cui la sua vita fosse diventata così importante, così fondamentale. Un cappellino da baseball ricopriva la fronte alta mettendo a riparo gli occhi di miele da un abbagliante palla di fuoco sopra di lui, fin quando non alzò lo sguardo davanti a sé.
La vide li. Sola.
“Daisy” disse tra se. Cosa gli stava succedendo? perché si sentiva così diverso da quando l’aveva rivista? Perché tutto quello che per lui era normale, stava diventando futile ed inutile? Non riusciva a spiegarselo. Nascose le mani nella enorme felpa che ricopriva il torace sviluppato e si avvicinò senza fare troppo rumore.
“Daisy” disse ad alta voce. La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi di ghiaccio sembravano essere in valia di una fiamma di fuoco, che ardente dentro di lei era riuscita a provocare altre lacrime sulle guance rosse.
“Smetti di piangere” si mise seduto accanto a lei con modo impacciato per i pantaloni troppo grandi.
“Non risolvi nulla” disse.
“Tom.. non ci riesco” si alzò su con la schiena cancellando ogni traccia di dolore sulla sua pelle, osservò con attenzione gli occhi del chitarrista, così uguali a quelli di Bill, ma così diversi tra di loro.
“Nessuno avrà pietà di te Daisy, se continui ad essere così fragile, tutti ti verranno contro solo per farti del male, per questo io non sono così” Tom iniziò a fissare un punto davanti a sé dimenticando che quella che aveva accanto aveva perso suo padre da poco più di tre mesi.
“Il mondo è una merda” continuò “Nessuno ti vorrà mai bene veramente”
“Tu non mi vuoi bene?” chiese. Tom si voltò verso di lei facendo nascere un piccolo sorriso sul volto.
“Si”
“Allora il mondo non fa così schifo” chiuse gli occhi alzando il viso verso l’alto. Pensava alle parole dell’amico, doveva cambiare davvero? Modificare il suo carattere per non essere affranta dal resto dell’umanità? Forse si.
Tirò un respiro profondo, che improvvisamente si bloccò quando sentì una gelida pallina di ferro posarsi sulle sue labbra calde.