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In trappola.

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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 20:01




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Autore: *BabyStella*
Genere: Twc, Romantico, Lemon, Angest
Titolo: In trappola.
Note: Rieccomi con una nuova Schot! XD
In realtà nasce da un sogno recente xD ma spero vi piaccia e spero davvero tanto che sia di vostro gradimento.
Baci. Titty.



Questa storia è sotto licenza dalla Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License,quindi:
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L’uomo continuava a camminare nervosamente per la stanza stringendo tra le mani un pezzo di carta divenuto fondamentale per lui, quasi stesse cercando le risposte giuste per le domande che ripetutamente i due giovani gli avevano, porso, eppure non sapeva nemmeno lui perché aveva fatto una tale sciocchezza, forse per gelosia, forse per la voglia estrema di possedere ciò che quei due, riuscivano ad avere anche solo sfoggiando un semplice sorriso o un balletto che uno di loro riteneva sexy. Si avvicinò cauto alla finestra osservando attentamente il panorama che dall’esterno riusciva ad illuminare completamente la stanza in legno, quella famosa baita nel quale aveva portato tante persone e nessuna di loro ne era uscita viva. Sorrise tra sé, pensando a quanti parenti ignari della sua attività continuavano a chiedergli cosa nella sua vita lo portasse avanti, con quali soldi riuscisse a condurre la sua esistenza fiondandosi su macchine costose, come riuscisse a pagare le bollette del suo attico enorme nel centro di Parigi, ma nessuna di queste domande avevano ottenuto una risposta concreta.
Sentì la porta principale aprirsi con uno stridio e la sua attenzione fù catturata dalla persona che ne faceva ingresso.
“Thomas, come stanno quei due?” quella voce che per anni aveva comandato le sue azioni, che per anni gli aveva espressamente detto cosa fare, persino cosa dire ai vari poliziotti che lo avevano richiamato a testimoniare omicidi che non avevano mai commesso, ma si sa.. per salvarsi la pelle era disposto a tutto.
“Stanno ancora dormendo” rispose vago.
“E quel pezzo di carta? Cos’è?” si avvicinò velocemente, Thomas non ebbe nemmeno il tempo per rispondere visto che il suo capo, gli aveva strappato la lettera di mano iniziando a leggerla ad alta voce.
“…Caro Thomas, sono giorni che non ti fai sentire e qui siamo tutti in pena per te” rise sotto i baffi continuando a leggere, conosceva troppo bene la storia dell’uomo che di fronte a lui aveva nervosamente iniziato a stringersi le mani. Ricordava benissimo il modo insolito con il quale aveva iniziato a far parte della sua banda di scagnozzi. Eppure Thomas era l’unico di cui si potesse fidare veramente, non aveva mai rifiutato un’ incarico e ogni volta che gli ordinava di fare qualcosa, anche la più malfamata la faceva senza proteste, all’inizio aveva pensato di avere davanti un ragazzo senza cervello, ma col tempo imparò a conoscerlo meglio e scoprire, che in fondo aveva una mente anche lui.
“Perché non ti fai mai sentire?” continuò “Vorrei tanto sapere cosa fai nella tua vita, da quando hai lasciato Berlino per la tua carriera d’avvocato non abbiamo più saputo niente di te.. ma che cara mamma” disse in fine distaccandosi dalle righe di una madre in pensiero per il proprio figlio.
“Potresti ridarmela per favore? Comunque quei due sono nell’altra stanza se ti interessa” riprese la lettera dalle mani del capo che scettico osservava attentamente i suoi occhi verde mare.
“Non dovresti rivolgerti così” disse serio “Sono io che ti ho salvato, lo sai”
“Si lo so, ma questo non ti obbliga a toccare le mie cose.. Cris” piegò accuratamente la lettera per poi riporla con cura nella tasca anteriore del pantalone in jeans.
Cris alzò un sopracciglio, scosse la testa divertito per il suo modo di fare, in effetti era proprio per quello che aveva deciso di risparmiargli la vita qualche anno prima ,la sua sfrontataggine di rispondere alle sue affermazioni lo aveva colpito nel profondo, riprendendo l’idea di sparargli contro e mettere fine alla sua esistenza.
“Andiamo và” gli diede le spalle iniziando a camminare lento per la stanza, mentre Thomas rimase in silenzio sospirando profondamente, era tutta fortuna, la sua.
Entrarono insieme nell’ ultima stanza in fondo al corridoio del primo piano, illuminata in gran parte grazie alla luce del sole che penetrava lenta dalla finestra alta, quasi come una fessura. Nessuno poteva scappare da lì, forse per questo le sue vittime rimanevano rinchiuse in quella stanza per giorni interi, fin quando Cris non prendeva in considerazione l’opportunità di divertirsi con loro prima di farli fuori definitivamente.
“Ma che bei.. aspetta, ma non erano due maschi?” chiese perplesso.
“Lo sono, l’altro sembra una donna ma non lo è” spiegò Thomas con calma, sistemò accuratamente una cassetta di legno nell’angolo della camera cercando di rendere confrontante un piccolo angolo d’ inferno.
Osservò attentamente i due corpi addormentati delle loro prossime vittime accucciati nella stessa posizione ma entrambi lontanissimi l’uno dall’altro, uno di loro indossava vestiti larghi come tende, un pantalone extra large dall’aspetto rap e una maglietta anch’èssa larga aderire perfettamente al suo torace sviluppato, una chioma di treccioline nere ricadevano sulle spalle ed un piercing nero al lato inferiore delle labbra rispecchiavano totalmente il suo andamento da figo, anche se in quella situazione sembrava una pecora in cerca del suo pastore. Una fascia blu aderiva sulla sua fronte premendo forte sulle tempie.
L’altro dalla parete opposta magrissimo, indossava una maglia nera attillata sul petto piatto ed un pantalone bianco come il latte fasciava con eleganza le gambe lunghe e sottili, una prosperosa cresta sul capo metteva in risalto la sua pelle diafana, mentre i gli occhi rigorosamente chiusi erano attorniati da un folto spessore di trucco nero, il tutto cosparso da bigiotteria d’argento sulle braccia esili e attorno al collo lungo e delicato.
“Cris, perché li abbiamo rapiti?” si sentiva ingenuo nel fare quella domanda, ma non sapeva nemmeno perché li aveva strappati dalla loro passeggiata tra le strade parigine quel pomeriggio. Cris rise sonoramente portandosi una mano sulla pancia paffuta.
“Thomas lo sai perché, dobbiamo ucciderli tutti e due”
“Si, ma.. perché? Che hanno fatto di tanto grave?” ogni volta che gli veniva assegnato un’incarico era lui il primo a chiederne le motivazioni, ma quando il suo amato capo gli rispose con un silenzio prolungato iniziò a pensare che forse, non lo sapeva nemmeno lui, semplicemente non gli andava giù che due giovani come quelli potessero avere la ricchezza e la popolarità ad una età così immatura.
“Perché.. sai non lo so, ma non mi vanno per niente giù” ecco appunto, aveva fatto centro.
“Quando li faremo fuori?”chiese semplicemente, prima usciva da quella baita, prima avrebbe potuto festeggiare il compleanno della figlia, Natalie.
“Quando mi sarò divertito un po’, aspettiamo che si sveglino, li hai legati bene vero?”
“Certo capo”
“Bene, allora resta qui per un po’, poi chiudi tutto per bene e lasciagli solo una bottiglia d’acqua, così puoi tornare dalla piccola Natalie” poggiò amichevolmente un braccio sulla sua spalla sorridendo sincero, anche se Thomas sapeva benissimo che di sincero in lui vi era ben poco, se non di meno.
“Va bene” rispose semplicemente.
“Bene, allora io vado, mia moglie stasera ha preparato qualcosa di speciale” rise facendo l’occhiolino al collega per poi congedarsi fino a sparire dietro la porta in legno.
Thomas rimase solo, o meglio dire, in compagnia di due giovani star internazionali, ripensò alle ore precedenti, strappare il cantante dalle sue compere senza preoccupazioni gli sembrò quasi trascinare via un bambino, era leggerissimo. Il problema principale si era compiuto nel portare in macchina il chitarrista, visto che svariate volte si era impuntato nel tirar via il fratello dalle sue mani, cosa che gli riuscì in malo modo, era bastato uno straccio con dell’anestetico per farlo crollare nel vicolo nero e tirarlo per le braccia muscolose nell’auto nera.
Bill, a scanso di equivoci era così che si chiamava quello truccato e Tom, quello dalle braccia forzute, ricordava perfettamente la figlia di appena undici anni correre per casa non appena sua moglie l’aveva accompagnata al loro concerto, che poi.. cosa ci trovasse di tanto esaltante in due ragazzi normali come quei due, proprio non riusciva a capirlo.
Si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia al petto, ripensando a cosa sua figlia avesse fatto se per pochi secondi li avrebbe potuti vedere in quelle condizioni, davanti i suoi occhi. forse avrebbe iniziato a saltare dalla gioia nell’avere i suoi idoli a pochi passi, oppure si sarebbe accanita contro di lui urlandogli in faccia le peggio parole, tutto stava a testare l’occasione, no?
La sua attenzione però venne catturata dal giovane treccinato che stringeva con forza gli occhi cercando di placare il dolore che proveniva dai suoi polsi chiusi in un paio di manette nere, schiuse leggermente le palpebre richiudendole quasi subito, sicuramente per la luce del sole che in un raggio accecante si era adagiata sul suo viso.
“Mh” scosse il corpo un paio di volte cercando di capire cosa, alle sue spalle gli stesse trattenendo le braccia, ma non ebbe nessun risultato, se non la certezza che qualcosa di ferro ed estremamente freddo gli univa le mani grandi.
“Non ti conviene muoverti, ti fai solo del male” lo consigliò rimanendo impassibile.
“Dove.. dove sono?” aprì definitivamente gli occhi solo quando le pupille si fossero abituate alla luce di quel luogo che non aveva niente a che vedere, con le vie dello shopping parigino.
“In un posto poco piacevole immagino” rise tra sé, definendo il luogo poco confortevole, in effetti i due ragazzi erano distesi sul terriccio senza nessun posto dove appoggiare la schiena e sentire il dolore diminuire, meglio così.
“Chi..Bill!” urlò. Lo sguardo profondo si scaraventò immediatamente sul fratello ancora dormiente appoggiato sulla parete distante da lui, almeno di qualche metro. Era seduto ma la schiena esile era appoggiata sulla parete murata e il volto caduto nel vuoto anche se la pettinatura insolita era ancora prosperosa e fieramente eretta.
“E’ ancora vivo, almeno per il momento”
“Cosa.. Cosa vuoi da noi? Lascialo andare!”urlò Tom mettendosi a sedere, per quanto gli fosse possibile.
“Bella domanda, e no.. non lo lascerò andare, ora, visto che mi sembri un tipo ragionevole ti consiglio di dire al tuo caro fratellino al suo risveglio, di stare calmo senza dire una parola, intesi?” consigliò. Conosceva troppo bene Cris, se qualche vittima avesse avuto anche solo il coraggio di rispondere in malo modo alle sue affermazioni gli avrebbe sparato in meno di un secondo.
Tom annuì, era inutile dimenarsi, avrebbe solo aumentato il dolore che le manette attorno ai suoi polsi gli impedivano qualsiasi movimento, doveva pensare.
Pensare? Erano stati rapiti cosa c’èra da pensare? L’unica cosa che voleva in quel momento era parlare con il suo gemello, chiedergli come si sentiva anche se a vedere i lividi viola sulle sue braccia la risposta sembrava scontata.
“Ora io devo andare, passate una bella serata!” esclamò quasi ridendo.
Tom voltò lo sguardo verso l’ uomo che da lì a poco sarebbe uscito da quel luogo sconosciuto e li avrebbe lasciati lì, soli alla loro disperazione e al terrore.
“Aspetta!” Thomas si voltò ma rimase comunque di spalle ai due.
“Mh?”
“Ho.. sete” si sentì un emerito idiota, e pensare che se in quel momento si fosse trovato in hotel, solo il cameriere gli avrebbe portato un bicchiere d’acqua fresco, in quel posto maledetto invece, si trovò a chiedere quasi implorare un sorso d’acqua.
“Ah giusto” l’uomo entrò cauto in quella che si poteva definire “Cucina” visto che l’unica cosa che poteva dare l’aspetto di una cucina, era solo un frigorifero alto e pieno di leccornie strane e bibite al quanto rinfrescanti. Afferrò una bottiglia e richiuse l’anta con la mano libera, rientrando poi nella stanza dove il chitarrista era sveglio ma mai quanto impaurito. Appoggiò la bottiglia sul terriccio a pochi centimetri da lui, svitando il tappo.
“Perché ci avete rapito? Se è un problema di soldi noi..” Thomas iniziò a ridere di gusto mettendosi in posizione dritta, alzò la giacca nera estremamente elegante scoprendo sotto i raggi cocenti del sole un’orologio in oro massiccio.
“Secondo te ho bisogno di denaro? Forse siete voi ad averne bisogno” fù in quel momento che in grande Tom Kaulitz, senza macchia e senza paura iniziò a tremare, cosa ne avrebbero fatto di loro? E di suo fratello?
Portò lo sguardo verso il moro che ancora privo di sensi giaceva a terra ancora incurante del grande pericolo a cui stavano andando in contro, osservò attentamente i lineamenti del suo volto bianco e stanco, potè ricordare facilmente le urla acute quando quell’uomo gli aveva strappato la borsa dal braccio cercando di ottenere la sua attenzione. Cosa che ottenne quasi subito, visto che Bill teneva le sue borse e le sue cose come se fossero suoi figli. Rise appena ricordando uno strano giorno piovoso quando il gemello aveva iniziato a parlare con la sua amata borsa nera completamente borchiata, solo perché si era bagnata sotto il getto piovoso.
“Tranquilla amore mio! Va tutto bene, papà è qui!” diceva accarezzando lo spessore luccicante nero.
“Ridi? Bhè penso proprio che quel sorriso svanirà presto, fidati” la voce del suo rapitore lo portò alla realtà, non c’èra niente di cui ridere, lui e il fratello si trovavano in quel posto lontano dal mondo legati con delle manette e senza un’ombra di speranza nelle vicinanze.
“Come, come bevo scusa?” Thomas scrutò con attenzione il volto del ragazzo, in effetti aveva ragione, con le mani legate come poteva prendere la bottiglia per bere? L’afferrò con sorriso maligno accompagnandola alle labbra del treccinato.
“Bevi” Tom deglutì, cavolo. Pensava di potersi slegare e fuggire via da li con la quella scusa banale, ma quell’uomo non sembrava affatto scherzare, sapeva benissimo le sue intenzioni anche se non aveva il potere di leggergli la mente come faceva la sua parte mancante, suo fratello.
Aprì cauto le labbra per riuscire ad afferrare l’apertura della bottiglia ma Thomas, la infilò senza cura nella sua bocca inclinandola verso l’alto. Tom bevve chiudendo gli occhi, un sorso enorme gli si bloccò in gola fino a traboccare agli angoli delle sue labbra finendo per bagnargli la maglia azzurra. Il rapitore tolse via la bottiglia dopo uno svariato periodo di tempo iniziando a ridere di gusto alla visione del famoso chitarrista iniziare a tossire fortemente.
“Bene, tuo fratello lo faremo bere domani d’accordo?” si alzò lento lasciando la bottiglia a pochi metri da qui, quasi avesse voluto fargli desiderare qualcosa di così semplice e importante per un corpo umano.
“No! Bill deve bere, per favore..” disse in fine cercando di rimanere calmo. Conosceva bene suo fratello, se non poteva avere qualcosa andava su tutte le furie e in quella situazione se non fosse mai riuscito a bere sarebbe caduto in una crisi nervosa.
“Per favore? Da quando il chitarrista più famoso implora?”
“Da quando sono chiuso qui dentro porca putt..” si fermò improvvisamente, quando la canna di una pistola Calibro 85 gli si puntò davanti gli occhi fino a premere fredda sulla sua fronte.
“Dicevi?”
“Per favore, solo un po’ d’acqua per mio fratello, nient’altro” sgranò gli occhi sentendo il ferro gelido premere fortemente sulla fronte, che avrebbe potuto fare? Era ammanettato e troppo lontano dal corpo della sua esistenza, dalla sua fonte di vita. Che cosa poteva fare? Cosa pensare in quell’istante?
“Sta ancora dormendo e non ho la minima intenzione di smanettarlo, facciamo così” allontanò la pistola dalla sua pelle mettendola nella tasca inferiore dei pantaloni, almeno così l’avrebbe tenuta sempre a portata di mano nel caso quel ragazzino avesse detto qualcosa di spiacevole. Avvicinò la bottiglia accanto al corpo immobile di Bill, prendendo poi il suo mento tra due dita.
“No! Non toccarlo!” esclamò Tom iniziando a dimenarsi.
Thomas rimase impassibile, osservando attentamente la pelle calda e delicata del cantante, fino ad annusargli i capelli dal profumo di rosa.
“Mh.. che buon profumo”
“Lascialo! Lascialo! Non toccarlo ti ho detto!”
“Peccato che sei un’uomo” disse senza nemmeno ascoltare le preghiere di Tom, continuando ad accarezzare le guance di Bill, sentirne l’essenza sotto i polpastrelli e captare con mano la dolcezza di un ragazzo, che a parer suo tutto sembrava tranne che un maschio.
Lasciò in malo modo il viso del moro che subito, ricadde nel vuoto scompigliandogli la cresta affievolita verso il basso, si voltò verso Tom osservando i suoi occhi color nocciola dipingersi di rabbia, di confusione, di terrore.
“Bene Tom, ci vediamo domani, salutami tuo fratello” detto questo lasciò la stanza dirigendosi verso l’uscita, lanciò un’ultimo sguardo al crestato appoggiato alla parete pensando che sicuramente, Cris si sarebbe divertito con lui, in seguito alle scoperte di una bellezza femminile racchiusa in un corpo maschile. Chiuse la porta portandosi verso l’auto laccata di nero per poi sgommare verso la sua esistenza che non aveva niente a che vedere con un paio di manette.
La situazione in cui si trovava era a dir poco assurda. Lui, il chitarrista più famoso della Germania rapito da un’ uomo sconosciuto. Ancora non riusciva a capire cosa diavolo voleva da lui, non erano i soldi che gli interessavano su questo era non aveva nessun dubbio visto che il suo orologio era circondato da oro massiccio, allora cosa voleva da lui? E da suo fratello? Alzò lo sguardo teso verso il gemello ancora privo di sensi, immobile nella pozione precedente, iniziava seriamente a preoccuparsi, erano ore che non accennava a muovere nemmeno un muscolo, si chiese addirittura se stesse respirando.
“Devo raggiungerlo, in modo o nell’altro” iniziò a strusciare con il sedere verso il fratello, trattenendo il peso del corpo sul muro di legno, l’unico suono udibile in quella stanza fuori dal mondo era il tintinnio delle manette fredde che gli trattenevano le mani dietro la schiena, la prima cosa che gli balenò in mente fù quella di riuscire a portare le mani in grembo, solo così avrebbe potuto scuotere Bill, o bere senza che qualcuno dovesse imboccarlo. Ma come? Come fare? Iniziò a divincolarsi cercando di portare le gambe tra le braccia, in modo da poter far passare le mani tra di loro, riuscendo così nel suo obiettivo.
“Mh” strizzò gli occhi dal dolore, solo in quel momento riuscì a maledire il suo fisico, Bill in questo non avrebbe avuto problemi, magro com’èra ci sarebbe riuscito in meno di un secondo, invece lui con il suo petto sviluppato e formato le cose diventavano sempre più complicate e dolorose.
Alzò il volto verso il soffitto, la luce del sole era scomparsa da un pezzo e l’unica cosa che riusciva ad illuminare la stanza era il bagliore fioco e candido della luna piazzata al centro del cielo come un lampione pronto ad illuminare l’ un percento della camera.
“Perché? Perché a noi” pensò mentre le sue mani cercavano, nei modi più strani di passare tra le gambe e finalmente riuscire a toccare terra almeno con un solo palmo di mano.
Gettò un’urlo muto al cielo quando finalmente gli arti inferiori del suo corpo riuscirono a scivolare tra le mani legate, sentiva i polsi bruciare, andare in fiamme per lo sforzo che aveva appena commesso, ma questo non lo rincuorò, la situazione in cui lui e Bill si trovavano era grave, troppo grave. Iniziò a spingersi verso il moro tastando il terreno freddo con il palmo sinistro, fin quando non si trovò a due centimetri dal corpo snello del cantante.
La pelle del suo viso era bianca come una nuvola e alcuni lividi erano visibili sotto il raggio di luce bianco della luna piena nel cielo nero come la pece, potè notare alcune macchie sui suoi amati pantaloni e iniziò a pensare a cosa al suo risveglio, avrebbe detto. Senza alcun dubbio avrebbe iniziato a maledire chiunque gli aveva provocato la sporcizia sui suoi vestiti, senza pensare che la preoccupazione nel non vedere la sua borsa accanto, lo avrebbe spedito nella tensione più isterica che conosceva.
“Bill? Bill ti prego svegliati” iniziò a scuoterlo lentamente, il volto stanco e pallido del gemello iniziò a dondolare senza un movimento preciso, la sua cresta prosperosa e alta si era ormai abbassata completamente dandogli una strana cunetta tra i capelli, il trucco era sbavato e colato sotto le palpebre e le sue labbra erano secche e dischiuse in un respiro calmo, quasi terrorizzante per Tom.
“Bill! Bill apri gli occhi cazzo!” lo scosse con più forza mentre la tensione a la paura avevano cancellato ogni traccia di razionalità e di ragione. Il gemello iniziò a mugugnare qualcosa di incomprensibile, quasi si stesse lamentando come se si trovasse ancora nella sua camera d’ albergo e il gemello volesse svegliarlo per le prime ore mattutine, per andare incontro così ad una nuova giornata lavorativa.
“Tom.. voglio dormire” il treccinato tirò un respiro di sollievo, se Bill aveva risposto c’èra solo una cosa che lo rallegrava: era vivo. Niente era più importante.
“Bill non siamo in hotel, apri gli occhi” il crestato aprì le palpebre lentamente, con svogliatezza, sentiva le braccia tese dietro la schiena ed un gran dolore alla nuca, come se avesse sbattuto a qualcosa di duro.
“Tomi” quando finalmente riuscì a mettere a fuoco il luogo in cui si trovava, cadde nel panico.
“Tom! Dove siamo? Cosa ci facciamo qui?” iniziò a chiedere alla velocità della luce, il gemello riuscì ad accarezzargli una guancia cercando di calmarlo quanto potesse, era inutile immaginarsi la sua reazione, era proprio quella che sia aspettava, la paura, il terrore e la totale perdita della ragione in meno di un secondo.
“Calmati Bill, calmati”
“Calmarmi? Dove ci troviamo? Perché siamo qui?” urlò divincolandosi qualche volta, sempre con più forza, fin quando riuscì a sentire qualcosa di freddo attorno i suoi polsi trattenergli qualsiasi movimento articolare, no, qualcosa non andava.
L’unica cosa che riusciva a ricordare era un bellissimo pantalone di pelle nera in una vetrina di un negozio famoso di Parigi, il disapprovo del gemello e poi, il nulla. Buio. Niente di niente. Forse era uno scherzo di Georg, riuscì’ a ricordare lo scherzo poco carino che il bassista aveva messo in atto rinchiudendolo nel bagno della sua camera mentre faceva la doccia.
Sì, forse era davvero così.
“E’ stato Georg vero?” chiese serio “Certo, ha superato se stesso questa volta” Tom scosse la testa afflitto, magari fosse stato così, lo avrebbe preferito mille e mille volte ancora.
“No Bill. Non è uno scherzo, ci hanno rapito fratellino. Mentre facevi shopping un’ uomo ci ha caricati in macchina e ci ha portati qui” spiegò cercando di assumere un tono vocale calmo e tranquillo, sperando che in qualche modo la sua non curanza arrivasse all’istinto del moro, dandogli così la certezza che le cose sarebbero finite nel migliore dei modi.
“Stai scherzando vero? Dimmi di si Tom, ho bisogno di sentirtelo dire” lo pregò con lo sguardo. Il cuore di Tom ebbe un fremito, avrebbe tanto voluto mentigli ma sapeva anche lui che qualche ora più tardi, il loro rapitore sarebbe tornato e solo in quel momento Bill, avrebbe realizzato che quello era tutto, tranne che uno scherzo.
“No Bill. Non sto scherzando” il moro analizzò con cura l’espressione del suo viso, no, non stava mentendo. Sgranò gli occhi sentendo il fiato mancagli, si trovavano entrambi in quella stanza abbandonata e nessuno dei due aveva la più piccola idea per uscire fuori da lì e tornare nel loro hotel, tornare alla loro fama, alla loro carriera.
“Bill” chiamò l’altro.
“Tomi”
“Bill in un modo o nell’altro usciremo fuori da qui, te lo prometto” continuò ad accarezzargli una guancia tentando di calmarlo e tranquillizzarlo, ma l’espressione visibile sulla sua faccia non era delle più rassicuranti.
“Davvero? E come? Come Tom?”
“..non lo so, ma un modo lo troveremo, David avrà sicuramente notato la nostra assenza” vide il moro calmarsi appena annuendo lentamente alla sua affermazione, il suo manager era la persona più tesa della terra, notando la loro assenza al rientro in hotel in quel preciso istante stava sicuramente radunando tutte e forze di sicurezza della città.
“Ho paura” ammise.
“Ci sono io qui Bill, non devi aver paura” Bill si perse completamente negli occhi del gemello, cercando la forza che in quel momento il suo cuore stava cercando come i polmoni cercano un soffio d’aria fresca, tra i due sicuramente il treccinato era i più forte, ma fino a che punto?
“Hai sete?” chiese.
“Mh Mh” era un sì. Il chitarrista ringraziò la sua forza persuasiva nell’aver convinto il rapitore a lasciare la bottiglia d’acqua accanto il corpo del fratello, lo conosceva troppo bene, dopo ore di sonno, se così si può chiamare, era sicuro che avrebbe chiesto dell’acqua.
“Bill devi riuscire a portare le mani sulle ginocchia”
“Ma sono legate, come faccio?”
“Metti le gambe tra le braccia e fai scivolare le braccia, solo così riuscirai a bere, oppure.. devo farti bere io” Bill rise.
“Che situazione, farmi imboccare da mio fratello” il moro accennò un sorriso mentre spostandosi in avanti con le mani incatenate dalle manette cercava di afferrare la bottiglia. Solo quando il respiro di Bill gli sfiorò la nuca capì di trovarsi troppo vicino a lui, ma qualcosa nello stomaco iniziava ad attorcigliarsi, cercò di decifrare quella strana sensazione, non era spiacevole, sentire il suo respiro caldo e il suo profumo di Axe, era qualcosa che lentamente lo stava ammaliando, lo stava drogando. Lasciò perdere la bottiglia e si voltò verso la fonte di tale piacere, gli occhi del gemello erano così vicini ai suoi che riuscì a specchiarsi al loro interno, riusciva a vedere il profilo di un ragazzo così estremamente diverso da quello che era Bill, così diverso e così uguale.
“Bill” disse respirando sulle sue labbra, sembravano calamite, un’attrazione al quale non riusciva ad opporsi, un legame così vicino da non poter evitare una corsa sfrenata verso quel richiamo che sapeva di Bill, che sapeva di se stesso.
“Tomi” rispose l’altro perso completamente, fissava intensamente le sue labbra sottili, contornate da quel piercing maledettamente eccitante da fargli perdere la cognizione dei ruoli, erano fratelli, come potevano sentire un’attrazione così forte l’uno per l’altro?
Come potevano riuscire a baciarsi sapendo di commettere un’azione così sbagliata?
Semplice: la razionalità perde il suo valore quando la tentazione di avvicinarsi allo stato emotivo perfettamente felice, quando la consapevolezza di fare qualcosa di errato svanisce nel nulla se ci si mette in mezzo la voglia di raggiungere le vette più alte di quello che ogni essere umano cerca disperatamente negli altri; sentirsi amato.
Sentirsi amato davvero.
Senza alcuna modifica, sentire il cuore unirsi ad un altro senza avere niente in cambio, solo l’affetto e l’ amore di qualcuno che conosci dal momento in cui sei venuto al mondo, forse perché quel corpicino esile e indifeso può renderti l’uomo più felice della terra, anche se tutto quello che puoi fare con essa, per legge, diventa un reato.
Perché amare si rivelava così difficile?
Così.. illegale.
“Devi spiegarmi una cosa” continuò socchiudendo gli occhi, sfiorò il naso con quello del gemello riuscendo a sentire il suo respiro mutarsi in un affanno, quasi un gemito.
“C..osa?”
“Perché.. perché cerchi così disperatamente l’amore?” disse prendendo fiato.
Bill abbassò lo sguardo, in fondo forse, non lo sapeva nemmeno lui, sentiva in fondo al cuore un buco, un posto vuoto che solo una persona poteva occupare, la persona che riusciva ad amarlo per quello che era, non per i suoi soldi, non per la sua carriera, ma solo perché dietro quella montagna di trucco e lacca si nascondeva un’animo fragile e delicato che chiunque era in grado di distruggere, sapeva benissimo di dare l’impressione di un ragazzo fiero, orgoglioso di se stesso per il percorso che insieme a Tom, Georg e Gustav aveva intrapreso, ma ricordava alla perfezione i momenti in cui si ritrovava ad odiare tutta quella fama, tutto quel successo, solo perché era proprio lei a negargli la possibilità di trovare l’essere umano capace di riempire quel vuoto dentro di lui.
“E perché tu non lo fai?” Tom alzò una mano seguita dall’ altra a causa delle manette, sulla guancia accaldata del fratello, si morse forte il labbro inferiore in cerca di una risposta valida per quella domanda strana, anche se pensandoci, Bill non aveva ancora risposto alla sua.
“Perché non mi serve, se ho te” rispose semplicemente, non sapeva nemmeno perché avesse risposto così, sa di fatto che il suo cuore aveva preso il posto della ragione in meno di due secondi. Vide le guance del moretto arrossire improvvisamente, lo potè constatare dal calore che la sua pelle emanava sotto la sua stessa mano.
“Non vuoi farti una famiglia?” continuò.
“Sei tu la mia famiglia” pensò ad una nuova domanda da parte di Bill, ma in cambio non ricevette nessun’altro questionario, solo un paio di labbra posarsi sulle sue in modo casto, dolce. Iniziò a muovere la bocca sinuosamente cercando di capire se veramente quella bocca fosse del fratello o di un’altra ragazza pronta a concedersi a lui solo per una notte.
“Nh” Bill gemette silenziosamente, un lamento basso che arrivò subito alle orecchie di Tom. Non aveva alcun ripensamento, quelle labbra erano del gemello, si sorprese nel sentire la dolcezza e la calma che traspariva da quel bacio, forse il più bello di tutta la sua vita. Si allontanò piano, posando la fronte su quella del crestato respirando insieme a lui, sentendo lo stesso respiro insinuarsi sulla sua lingua e ascoltare attentamente il suo cuore assumere un battito più veloce rispetto alle ore precedenti.
“Io..” balbettò.
“Tomi, se lo ritieni sbagliato, possiamo fingere che non è mai accaduto” disse triste, Tom invece di rispondere con altre parole insensate riprese a baciarlo cauto e dolcemente, come si meritava. Come Bill meritava di essere baciato da quella famosa tessera mancante del puzzle del suo cuore a metà.
“No, non voglio che accada” disse distaccandosi da lui. Bill sorrise quanto potesse, fino a sentire la mandibola iniziare a fargli male, ma non gli importava, non aveva nessun peso il dolore fisico, perché dentro di lui si era scatenata una tempesta.
Una tempesta diversa dalle altre.
Una tempesta di mille cuoricini indistruttibili frugare tra di loro fino a trovare il posto vuoto dentro di lui, riuscendo così a completare il suo cuore spezzato.
“Ti prendo l’acqua” riuscì ad afferrare la bottiglia allungandosi con il braccio per poi tornare al suo posto accanto il fratello, svitò il tappo di plastica bianco e con un sorriso avvicinò l’ apertura verso le labbra arrossate di Bill. Aprì le labbra accogliendo tra esse il cerchietto della bottiglia fino a sentire l’acqua fresca pervadere le sue papille gustative, finendo dritta nello stomaco e dissetare quel bisogno di sete che il suo corpo richiedeva.
Tom abbassò la bottiglia posandola sul terreno freddo sotto di loro, non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi verso Bill, che un peso leggero come una piuma si appoggiò sulle sue gambe in cerca di un calore.
“Hai freddo?” chiese premuroso. Bill annuì lento accucciandosi sul grembo del fratello captando con la sua stessa pelle il calore, l’ardore di un corpo umano, il corpo della sua esatta metà avvolgerlo in una coperta inesistente.
Tom iniziò a sfregare la mano sulla sua spalla, fin quando non riuscì a vedere le mani del fratello unite in un paio di manette nere, i polsi attorniati da lividi viola e neri e qualche graffio ancora vivo sulle braccia sottili.
“Bill devi passare le mani davanti” disse serio.
“Non ci riesco..” rispose abbattuto.
“Se ci sono riuscito io, ci riuscirai anche tu” prese con forza le braccia del cantante con una mano cercando di portarle al di sotto del sedere per aiutarlo nel suo intento, il moro strinse le ginocchia al petto sperando che l’obiettivo del chitarrista avesse un buon fine e solo quando vide finalmente le sue mani davanti gli occhi color nocciola, benedì le poche volte in cui il cervello di Tom aveva delle ottime idee.
“Guarda! Le mie mani!” esclamò battendole tra di loro. Tom rise divertito, solo lui riusciva a trovare l’aspetto positivo nel centro esatto del terrore, gli accarezzò una guancia avvicinandosi sempre di più alle sue labbra, senza riuscire a sentire un rumorino provenire dalla porta principale.
“Oh ma guarda! Due stelle della musica gay!” esclamò Thomas sulla soglia della stanza. Tom si voltò alla velocità della luce riconoscendo la voce dell’uomo che il giorno prima gentilmente gli aveva imboccato l’acqua.
“Tomi” Bill strinse immediatamente la mano del gemello, in cerca di sicurezza. Il treccinato ricambiò la presa senza lasciare nemmeno un secondo lo sguardo dal rapitore.
“Avete passato una bella nottata?” chiese quasi ridendo.
Vedere finalmente negli occhi quella bellezza androgina iniziava a dargli un calore strano al cavallo dei pantaloni, eppure cercò di non dargli troppo peso, quello era compito del suo capo, non suo.
“Fantastica” ironizzò Tom.
“Bene, perché questo giorno non sarà lo stesso”
“Che ora è?” continuò il treccinato, visto che il fratello aveva iniziato a tremare da capo a piedi, tutta quella questione gli metteva paura e il viso dell’uomo non sembrava gentile, anzi.. dava l’impressione di chi ha ucciso troppe, troppe volte.
“Le sei” rispose freddo “Tra poco arriva il mio capo, allora si che ci divertiremo” Tom tremò.
“Che vuoi dire?”
“Oh lo vedrete, specialmente tu” disse indicando Bill. Il cantante sgranò gli occhi iniziando a spaventarsi seriamente, sembrava di vivere un film horror, come quelli in cui dalla stanza dei due, solo uno ne esce vivo.
“P-perché?” chiese timoroso.
“Il mio capo è attratto da bellezze come la tua” scoppiò in una rigorosa risata che finì dopo qualche secondo, non appena una voce roca e grossa fece il suo ingresso nella baita.
“Thomas? Thomas dove sei?”
“Qui capo, con i due ragazzi” disse portando la testa dietro il muro per farsi sentire, Tom attirò l’ attenzione del fratello tirandogli la mano verso il suo corpo.
“Ascoltami bene, questi due non scherzano Bill, qualsiasi cosa ti dica devi stare in silenzio, fai parlare me” lo rassicurò accarezzandogli il dorso della mano. Il moro lo guardava implorante con gli occhi colmi di lacrime e paura pura, se in qualche modo avesse perso Tom non avrebbe potuto portare avanti la sua vita. Soprattutto adesso che era riuscito a trovare la parte mancate di se stesso, perderla dopo nemmeno un’ora lo avrebbe spedito al di là in meno di un’ attimo.
“Promettimi che non mi lascerai Tom, promettimelo!”
“Mai” lo baciò sulle labbra velocemente senza farsi vedere da Thomas ancora intento a chiamare il suo capo dall’altra parte della baracca in legno, gli strinse forte la mano dandogli sicurezza per poi portare lo sguardo deciso verso il loro rapitore. Cris fece il suo trionfale ingresso nella stanza, indossava un abito elegante in giacca e cravatta rigorosamente in nero, un paio di baffi turgidi sotto il naso, un panciotto al di sotto della giacca e due occhi marroni da cui si poteva benissimo capire quante vittime avesse fatto fuori durante il suo cammino.
“Oh bene.. Buongiorno”
“Lui è Tom e l’altro è Bill” disse Thomas facendo le presentazioni.
“Quindi siete voi i famosi Bill e Tom Kaulitz, io sono Cris e lui e Thomas” Bill iniziò a temere il peggio, ricordava un vecchio film horror dove, dopo le varie presentazioni il protagonista veniva fatto fuori senza nemmeno toccarlo con un dito.
Cris iniziò ad avvicinarsi lentamente verso il cantante, Tom lo tirò a sé facendolo cadere sul suo petto con le mani ammanettate, se solo avesse provato a toccarlo con un dito l’unico ad essere spedito all’altro mondo sarebbe stato lui, senza nemmeno pensarci due volte.
“Siamo protettivi vedo, tranquillo” il treccinato assottigliò lo sguardo, non gli convinceva affatto la sua faccia, per non parlare delle parole che Thomas il giorno prima gli aveva detto prima di andarsene e lasciarlo solo nella sua disperazione totale, Cris voleva divertirsi con Bill, era l’unico pensiero fisso nella sua mente che continuava a torturarlo senza tregua.
“Non toccarlo” disse evidentemente arrabbiato, mentre Bill si era aggrappato alla sua maglietta enorme con e unghie, deciso a non lasciarlo andare.
“Thomas” l’uomo schioccò le dita e in meno di un minuto, sentì una presa ferrea attorno le spalle tirarlo all’indietro mentre Cris era occupato a tirare Bill per un braccio.
“NO! TOM!” urlò nel panico, continuava a tirargli la maglietta mentre dai suoi occhi iniziavano a scendere lacrime nere mischiate alla matita e al mascara anch’èsso nero.
“BILL! LASCIAMI! NON TOCCARLO!” si dimenò freneticamente nella stretta di Thomas cercando di liberarsi e portare il salvo il fratello minore.
“Thomas fai qualcosa!” disse Cris, se Bill continuava a tenersi stretto al chitarrista non avrebbe mai avuto la forza che i suoi quarant’anni di vita gli concedevano per trascinarlo nella camera accanto. Lo scagnozzo di Cris si portò accanto a Bill, lo spinse leggermente fino a piantare un pugno forte dritto nello stomaco del chitarrista, facendolo così cadere all’indietro e far perdere la presa del moro sulla sua maglietta.
“Finalmente!” esclamò felice l’uomo paffuto.
“TOM! TOM!” Bill continuava a piangere, le mani ancora incatenate e un braccio all’altezza del ventre tirarlo all’indietro, Tom invece aveva sbattuto la testa al muro perdendo così tutti i sensi capaci di spingerlo alla salvezza del gemello, una scia calda di sangue calava lenta dalle sue labbra fino a scendere lenta sul mento per finire nel tessuto morbido della maglietta.
“TOM! APRI GLI OCCHI! TOM!” scoppiò in un pianto isterico piegandosi in due mentre Cris lo sbatteva violentemente al muro in legno a pochi metri da Tom, sentì la testa tuonargli qualche volta e le lacrime bollenti scendere veloci sulle sue guance arrossate.
“Ora ci divertiamo un po’, che ne dici?” chiese Cris ridendo.
Bill iniziò a scuotere la testa più volte mordendosi le labbra, in quel momento l’unica cosa che desiderava era gettarsi accanto il gemello e richiamarlo tutte le volte necessarie per svegliarlo, donargli un altro bacio e uscire vivi da quell’inferno reale, troppo reale anche per lui. L’uomo rise sonoramente, afferrò con una mano le braccia esili di Bill portandole al di sopra della testa, iniziando poi a baciargli il collo, quasi mordendolo.
“No.. ti prego..lasc”
“Stai zitto” disse categorico “Altrimenti ti farò davvero male” continuò a percorrere una scia di baci sul lungo collo del moro fino ad alzargli la maglietta attillata verso l’alto, scoprendo alle prime ore del mattino il suo tatuaggio a forma di stella concentrica. Thomas invece si preoccupava di controllare accuratamente lo stato di Tom ancora svenuto contro la parete.
“Che bel tatuaggio” disse Cris. Il cantante continuava a piangere istericamente iniziando a mordersi le labbra con forza, quasi come se stesse vivendo un’incubo dal quale voleva uscire al più presto possibile. Infilò una mano nella patta dei pantaloni iniziando a scendere sempre di più, fino ad arrivare al tessuto nero dei boxer del moro.
“Ti piace?” gli sussurrò ad un orecchio. Bill voltò con uno scatto il volto nella parte opposta continuando a lacrimare, le sue labbra iniziavano a perdere sangue a causa della forza con in quale aveva iniziato a mordersi la bocca, voleva svegliarsi.
Voleva uscire da li con Tom.
Tornare da David e gli altri e salire su un palco.
Cantare, urlare la sua disperazione al cielo e dimenticare tutto quello che gli stava succedendo. Proprio mentre Cris era occupato ad abbassargli la cerniera dei pantaloni una voce femminile richiamò l’attenzione di tutti, compreso Bill.
“Papà?”
“Natalie! Che diavolo ci fai qui?” ebbene, la figlia di Thomas era riuscita a fermare il cruento piano di Cris, di certo non poteva continuare nel suo intento davanti una minorenne, anche se quella giovane ragazza sembrava molto più grande della sua età.
“Ero in giro con degli amici in bici e ho visto la tua macchina..e.. oddio ma..” si bloccò in un attimo, quello scaraventato al muro era davvero Bill? Bill Kaulitz? No, non poteva crederci, era spezzata tra l’essere al settimo cielo o preoccuparsi del fatto che il suo mento era sporco di sangue e alle mani aveva un paio di manette.
Cris lasciò andare il corpo senza forza del cantante che scivolò immediatamente a terra gettando le ginocchia a terra e il capo abbassato scoppiando in un nuovo sfogo di lacrime senza sosta, si allacciò il pantalone uscendo velocemente dalla stanza portando con sé Thomas, ancora scosso per l’entrata fuori dai piani della figlia. Natalie iniziò ad avanzare lenta verso di lui, inclinando il volto verso sinistra cercando di capire se quello davanti ai suoi occhi era davvero l’idolo della sua adolescenza.
“Bill?” chiamò sottovoce. Il moro alzò il volto lentamente, riuscendo a vedere il volto di una ragazza molto giovane, forse aveva tredici o quattordici anni, i capelli castani lunghi sulle spalle e un paio di occhi verde mare incastonati nel volto dolce e lineare, il corpo snello e un po’ passino con una maglia nera dove vi era raffigurata una foto ingrandita di lui, Tom, Georg e Gustav. Era una loro fan, forse la loro unica via d’ uscita.
“Si” disse in un singhiozzo.
Natalie si portò le mani alle labbra sgranando gli occhi, la prima cosa che la sbalordì era trovare il suo idolo in quelle condizioni tra le mani di Cris, il migliore amico di suo padre, per secondo sapere che davanti i suoi occhi vi era il corpo del soggetto di ogni suo sogno, di ogni immaginazione.
Si abbassò alla sua altezza non curante di sporcarsi i pantaloni bianchi appena comprati, portò una mano sotto il mento del cantante alzandogli il volto fino a vedere i suoi occhi color del miele mischiarsi nei suoi, così verdi e puri.
“Cosa.. cosa ci fai qui?” chiese impaurita.
“Ci hanno rapito” continuò a lacrimare in silenzio stringendo le mani tra di loro.
“Vi? Tu e chi?”
“Mio.. Tom” girò il volto verso il gemello ancora svenuto a qualche metro di distanza, quello fù la goccia che fece traboccare il vaso. Tom, il chitarrista della band disteso a terra con la testa sulla parete e la maglietta quasi tutta insanguinata, la mani legate nelle manette, le stesse che circondavano le mani curate di Bill.
“Ma.. perché?”
“Non lo so” portò le mani sporche di terra sul volto coprendosi definitivamente gli occhi iniziando a singhiozzare, forse per il dolore, forse per la paura, oppure per entrambi.
“Ma.. mio padre non lo farebbe mai” alzò una mano iniziando a tremare, poggiandola poi sulla spalla del cantante cercando di tranquillizzarlo.
Possibile che suo padre centrava in quella situazione?
L’ultima volta gli aveva detto che faceva l’avvocato, cosa ci faceva li dentro? Con Cris poi, che il giorno precedente gli aveva portato un nuovo casco per la sua bici con sopra il logo della sua band preferita. Iniziava a non capirci più nulla. E se suo padre li avesse rapiti?
L’avrebbe delusa molto, forse avrebbe perduto per sempre la fiducia in lui.
“Ti prego” sobbalzò di paura sentendo le mani fredde di Bill stringere le sue fortemente “Ti prego devi portarci fuori da qui” lo guardò dritto negli occhi perdendosi in uno sguardo conosciuto, gli stessi occhi che ogni sera, ogni notte la portavano in un mondo incantato, dove non esisteva nessuno, solo lei e Bill, nessun’ altro.
Ma che avrebbe potuto fare una ragazzina contro due uomini adulti? Era impossibile.
“Ti prego! Devi aiutarci!” Bill abbassò nuovamente il viso verso il basso riprendendo a piangere come un bambino preso alla sprovvista da un’incubo notturno.
Natalie sentì una goccia calda cadere sulla sua pelle, forse la spinta giusta per farla scattare in piedi e rassicurarlo, se in qualche modo poteva portare via da li le due persone più importanti per lei, avrebbe dato tutto per ottenere quello che voleva. Accarezzò lenta il viso del moro alzandogli il mento verso di lei, lo baciò sulla guancia arrossendo immediatamente per poi trovare la forza adatta per parlare.
“Come si chiama il vostro Hotel?” chiese veloce.
“Hilton”
“Vi porterò via da qui Bill, te lo prometto” lo baciò nuovamente sulla guancia per poi scattare velocemente via dalla stanza, montare in bici e raggiungere la sua destinazione, sentiva il vento fresco scontrarsi violento sulla sua pelle mentre mille pensieri gli stavano pervadendo la mente.
Era davvero suo padre ad aver tradito la sua fiducia?
Quello era davvero Bill Kaulitz?
E.. aveva davvero dato un bacio al suo idolo? Arrossì subito, scosse la testa un paio di volte per poi mirare decisa la via da prendere per arrivare all’ Hotel della band, trovare la scusa adatta per parlare con Georg e Gustav per portarli finalmente alla liberazione di cantante e chitarrista,

*



“Tomi? Tomi apri gli occhi” il moro continuava ad accarezzare il volto del fratello cercando di portarlo alla realtà ma gli occhi di Tom non accennavano ad aprirsi, sanguinava dalle labbra mentre il viso cadde su di una spalla lasciandosi scappare un sospiro doloroso.
“Tomi” singhiozzò poggiando la testa sulla sua spalla, chiuse gli occhi mentre le lacrime colme di dolore scendevano lente dalle sue guance macchiando notevolmente la maglia del chitarrista. “Tomi” continuò “Tomi, Ti amo” sibilò tra le lacrime.
“Anche io” scattò improvvisamente sul posto voltando lo sguardo verso il treccinato, aveva ancora gli occhi chiusi ma la bocca era leggermente dischiusa, forse aveva immaginato tutto, forse no.
“Davvero?” disse piangendo.
“S-Si” No. Era stato Tom a parlare, non aveva ripensamenti su questo, aveva visto chiaramente le sue labbra muoversi e la sua voce invadere il suo cuoredi vita.
Vita vera.
Vita pura.

Si gettò a capo fitto sul suo petto stringendo con le mani la sua maglietta, trovando ancora una volta un punto fisso su cui aggrapparsi, nel quale rifugiarsi.
“Che ti ha fatto quel bastardo?” chiese tenendo ancora gli occhi chiusi.
“N-Niente.. una ragazzina ha fermato tutto, ha detto che andrà lei da David per liberarci”
“Una ragazzina?”
“Si.. la figlia di Thomas, Tomi ho paura” il treccinato aprì gli occhi definitivamente, tirò su il volto girandosi verso il gemello, aveva la pelle sporca di terra e di lacrime nere, sulle braccia nuovi lividi freschi e la voce tremante rompergli i timpani.
Odiava quel suono.
Odiava vederlo soffrire.
Odiava quella situazione
.
“Bene bene bene, visto che vi siete svegliati e quella maledetta ragazzina ha interrotto i miei piani, sono al quanto arrabbiato, quindi meglio farla finita con voi due” disse Cris irrompendo nella stanza. Fù in quel momento che le speranze di Bill su quella ragazzina svanirono, anche se avesse fatto in tempo a parlare con il manager non sarebbero mai arrivati in tempo prima della fine, sentì la mano di Tom stringere con forza la sua quasi volesse spezzargliela.
“Cris io..”
“Stà zitto Thomas, abbiamo già parlato e sai quello che devi fare”
“Ma non posso uccidere mia figlia!” si ribellò l’altro.
“Bene, allora vorrà dire che avrò tre corpi da seppellire e non due” gli puntò contro la pistola senza avere nemmeno un ripensamento sulla sua decisione, Thomas iniziò ad indietreggiare come se volesse scappare da un momento all’altro dalla baita, voltarsi e iniziare a camminare velocemente non servì a niente, visto che una pallottola era già scattata dalla cartuccia per andare a ripararsi nella schiena dell’uomo.
Bill si nascose sul petto di Tom cercando di non vedere la macabra visione che aveva davanti gi occhi, stringendosi sempre di più al suo corpo, mentre il chitarrista serrò lo sguardo sentendo il rumore acuto dello sparo echeggiare tra le pareti.
Lo aveva ucciso.
Senza nemmeno fargli spiegare, farlo parlare.
Lo aveva ucciso a crudo, senza preoccuparsi della sua famiglia, della ragazzina che pochi minuti prima aveva visto tutto.
Rabbrividì.
“Ora tocca a voi”
“No! Ti prego.. uccidi me, quello che vuoi ma non toccare lui” disse Tom sporgendosi in avanti, dietro di lui Bill sgranò gli occhi scuotendo la testa violentemente in segno di negazione.
Se Tom fosse morto, lui anche senza una pistola sarebbe morto lo stesso.
Tom era la sua metà, Tom era la sua vita, Tom era tutto.
“Forse non ci siamo capiti, morirete entrambi, le tue moine da eroe non servono a niente” rispose categorico, allungò il braccio con in mano la pistola in una direzione precisa, una direzione che terrorizzò il treccinato immediatamente, la direzione era quella che sia aspettava, era Bill.
“Prima tu” prese la mira con cura mentre Bill stringeva forte la mano del gemello, caduto nell’oblio della paura e del terrore, se avesse potuto si sarebbe preso a schiaffi cercando di svegliarsi da quell’incubo senza uscita.
Poi, uno sparo acuto.
Forte.
Echeggiante.
La pistola ancora perdeva fumo e un sorriso sghembo dipinse il viso di Cris soddisfatto dalle sue abilità, aveva una precisione impeccabile, non sbagliava mai il bersaglio. Solo quando abbassò il braccio vide che la persona a cui era destinata la pallottola non era quella giusta, o meglio qualcosa, qualcuno si era messo davanti il mirino bloccando la traiettoria esatta.
“TOM! TOM!”
“Cazzo ma non era per te idiota!” disse Cris alzando le mani al cielo. Bill tirò un’ urlo assordante al cielo posando le mani sul petto de gemello disteso a terra con gli occhi ancora aperti, le lacrime iniziarono a scendere veloci giù per le sue guance candide e le gambe gli tremavano velocemente quasi stesse per cadere da un precipizio. Non ci capiva più niente, l’unica cosa che nella sua mente balzò, fù quella di farsi sparare subito.
In quel momento.
Raggiungere il suo amato e vivere con lui le terre di un mondo lontano dalla realtà, la stessa realtà che gli evitavano una relazione tra fratelli, una realtà terrificante, dove un’uomo decide di stroncare non due, ma ben tre vite senza alcuna motivazione.
“Tomi.. Tom apri gli occhi..Tomi” strinse forte al petto il volto del treccinato iniziando a dondolare sul posto mentre nascondeva il viso tra le sue treccine nere.
“Tomi..Ti Amo..Tomi..Ti prego..Tomi” gli accarezzò una guancia sporcandola di sangue “Tomi..Tomi..” continuò a chiamarlo tante volte, forse infinite sperando di ricevere una risposta.
“Bill..” disse a stento Tom “Bill.. promettimi che non farai.. cazzate.. che..” respirò profondamente cercando di dire parole sensate, sentiva le gambe iniziare ad ignorare i suoi comandi, il respiro farsi pesante e la dolce visione del volto del gemello sfocarsi sempre di più “Che.. porterai avanti il.. nome dei Tokio Hotel.. che.. amerai ancora.. che quando.. ti si alza lo smalto non imprechi.. che sarai più ordinato.. che..” tirò profondamente un respiro “Che..”
“Che.. ti amerò per sempre Tomi” lo baciò continuando a lacrimare.
“Che.. non ti impossesserai della mia macchina.. tanto lo sai che sei negato a guidare..” sorrise chiudendo gli occhi “Baciami Bill” ordinò subito dopo. Il moro continuò a piangere singhiozzando mentre si abbassava lentamente verso il fratello e faceva unire le loro labbra in un bacio. L’ultimo.
Sentì un respiro forte tra i denti e la mano di Tom cadere con un tonfo sul terreno freddo.
“Tomi? TOM! TOM! APRI GLI OCCHI! TOM!” iniziò a scuoterlo con forza, ma dal corpo del gemello non arrivava nessuna risposta, nessun comando, non un briciolo di vita.
“Bene adesso tocca a te”
“Uccidimi. Uccidimi adesso” disse serio Bill alzando gli occhi arrossati nella direzione della pistola, non voleva altro. Non desiderava altro. Morire. Raggiungere Tom e continuare la loro eterna storia d’amore dove nessuno lo avrebbe giudicato, dove nessuno lo avrebbe potuto scarnire solo perché, sì, si era innamorato di suo fratello.
Cris rise, prese la mira e porto un dito sotto il grilletto.
Un nuovo sparo.
Bill serrò gli occhi, ma non sentì nulla.
Le gambe rispondevano ancora ai suoi comandi e sentiva il cuore battere ancora.
“BILL! TOM! DOVE SIETE?!” la voce di David. No. Perché? Perché adesso. Aprì gli occhi vedendo Cris disteso a terra mentre si lamentava per un dolore lancinante alla spalla e alcuni poliziotti gli legavano le mani con un paio di manette, simili a quelle che aveva ancora lui intorno ai suoi polsi. Vide David entrare nella stanza velocemente seguito da Georg e Gustav che non appena videro la scena orribile si bloccarono sul posto fissando con attenzione e tristezza il corpo di Tom pallido e senza vita.
“Bill” David gli si avvicinò cercando di capire cosa fosse accaduto, anche se osservando la scena, era ovvio quello che era capitato. “Tom..il mio Tomi.. ha sacrificato se stesso.. per.. salvare me..” disse Bill scoppiando il lacrime, si gettò sul petto del manager aggrappandosi alla sua giacca color nocciola mentre l’uomo gli accarezzava la schiena lasciando che lacrime calde scende ressero dai suoi occhi sempre severi. Georg e Gustav si abbracciarono forte l’uno all’altro iniziando a singhiozzare con forza, senza preoccuparsi della notorietà, senza dare importanza ai poliziotti che giravano intorno per la stanza, portando via Cris nel silenzio tombale.
“Sssh Bill ci siamo noi qui” disse David con voce spezzata, osservò il corpo di Tom sulle ginocchia del moro per poi richiudere veloce gli occhi nascondendo a se stesso la verità.
Un poliziotto si avvicinò ai due cercando di slegare le mani del cantante ma fù proprio lui a scuotere la testa e stringersi sempre di più al corpo caldo di David, non voleva essere toccato da nessuno, nessuno che non fosse il suo manager, Georg e Gustav.
“Devo slegarla” disse triste.
“Coraggio Bill, lasciati liberare, torniamo in Germania” lo rassicurò. Bill si allontanò tremante dal suo corpo allungando le mani legate verso il poliziotto che lo osservava tristemente, gli tolse le manette, mentre due uomini presero il corpo del chitarrista per portarlo via da quel luogo cruento ed estremamente terrorizzante. Georg aiutò l’amico a mettersi in piedi, portò una mano sul suo fianco aiutandolo a camminare così come fece Gustav dalla parte opposta. Aveva lo sguardo perso, assente. Poi vide Thomas in piedi, con accanto la figlia che lo stringeva a sé, così.. anche il secondo rapitore era salvo, peccato che non poteva dire lo stesso per il fratello.
“Bill.. mi.. mi dispiace per Tom” disse Natalie abbassando lo sguardo. Bill non rispose si strinse solo di più al bassista cedendo con le gambe verso il basso incapace di camminare, incapace di respirare, incapace di vivere. Georg fù costretto a prenderlo in braccio per portarlo in macchina e avviarsi alla loro vita normale, anche se un pezzo del loro cuore, un pezzo della loro band era svanito nel nulla.


“E’ finita così la triste storia di Tom Kaulitz, ucciso in un rapimento alle porte di Parigi, lui e il fratello Bill sono stati ritrovati nella Baita parigina abbandonata con un paio di manette l’uno, Thomas Leroy e Cris Demont sono stati arrestati per rapimento e omicidio nei confronti del chitarrista dei Tokio Hotel, ma non è solo questo ad affliggere la band e l’intero stato tedesco, poiché il giorno dopo all’omicidio del chitarrista, il gemello Bill Kaulitz si è tolto la vita lasciando una lettera alla famiglia e alle persone che hanno lavorato con lui in tutti questi anni, la Germania è in lutto nazionale e le fan della band sono distrutte, alcune hanno tentato il suicidio pur di raggiungere i loro idoli. I genitori dei gemelli non hanno voluto rilasciare interviste e il manager della band ha annunciato lo scioglimento del gruppo musicale mondiale. Ricordiamo le parole del cantante prima di gettarsi nel vuoto da un palazzo alto circa cinquanta metri << Ritorno alle origini di un’amore che nessuno potrà capire, ritorno alla mia trappola d’oro dove potrò essere me stesso e vivere quello che ho sempre voluto. BK. >>”

Georg spense la televisione gettando violentemente il telecomando sul divano.
Cosa voleva dire Bill con quelle parole? Non riusciva a capirlo, non riusciva a captare il messaggio che aveva lasciato quella sera, mentre leggeva quelle righe e sentiva un tonfo roco provenire al di sotto dell’hotel in cui si trovavano, alzò lo sguardo distratto che venne attirato da una fotografia sul mobile della sala di registrazione dove si rinchiudevano sempre Bill e Tom.
Ritraveva due gemelli sorridenti, dove il cantante imprimeva un bacio sulla guancia del gemello e quest’ ultimo nonostante odiasse le smancerie di un certo tipo, sorrideva tranquillo accarezzandogli una mano.
< Ritorno alle origini di un’amore che nessuno potrà capire, ritorno alla mia trappola d’oro dove potrò essere me stesso e vivere quello che ho sempre voluto. BK. >>”
“Ritorni alle origini? No, tu ritorni da Tom”

Fine.

 
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CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 20:35
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...I drove for miles and miles...
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Io trovo che molte twincest, ormai, siano molto simili tra loro... ma non la tua! Caspita, è molto molto bella! Complimenti! Scrivi molto bene!

CITAZIONE
< Ritorno alle origini di un’amore che nessuno potrà capire, ritorno alla mia trappola d’oro dove potrò essere me stesso e vivere quello che ho sempre voluto. BK. >>”
“Ritorni alle origini? No, tu ritorni da Tom”

La fine...beh, la trovo a dir poco stupenda
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 20:51




Grazie mille! Sono felice che ti sia piaciuta..
Bhè si, ormai si assomigliano un pò tutte, c'è ne son a bizzeffe! XD ma io ho sempre cercato di fare qualcosa di diverso e sono felice di esserci riuscita!
Grazie ancora. <3
 
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CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 20:53
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E' un piacere, leggere certe storie =) Tu pubblichi anche altrove? =)
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 22:08




Ho pubblicato altre mie storie su altri forum ma non venivano commentate, quindi li ho abbandonati. xD

Edited by *BabyStella* - 17/9/2010, 23:13
 
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¿möglichkeit´
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 22:11




Beh, ora ne hai trovato uno!
Non leggo twincest da... beh, una vita.
E' un piacere leggere di nuovo, che sia originale o meno.
Bella storia, comunque =3
Complimenti <3
 
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*BabyStella*
CAT_IMG Posted on 17/9/2010, 22:31




Grazie mille davvero!!!
Sono felice di averne trovato almeno uno! XD
 
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6 replies since 17/9/2010, 20:01   104 views
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