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L’essenziale è invisibile agli occhi, Romantico, sentimentale; verde; storia a capitoli

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‚fìxyou«
CAT_IMG Posted on 11/11/2010, 15:20




Titolo: L’essenziale è invisibile agli occhi
Genere: Romantico; sentimentale.
Raiting: Verde
Avvertimenti: Storia a capitoli
Personaggi: Eleonora; Giulio; Alberto.


Primo capitolo


Non mi andava di restare a casa chiusa fra quelle monotone mura. No, non mi andava proprio di stare lì a pensare in continuazione a quel che mi era accaduto con Alberto.I pensieri mi tormentavano; si impossessavano della mia mente, non riuscivo a sopportare ancora per molto il mio inconscio. Avrei voluto metterlo a tacere ma la psiche umana non possiede nemici. Agisce senza la nostra volontà e da un pensiero scaturiscono centinaia di ricordi, collegandosi così ad altri avvenimenti facendoci rivivere quelle emozioni che invani cerchiamo in tutti i modi di dimenticare. Maledizione!
Non potevo sopportare ancora per molto; presi così il cellulare e mandai un messaggio alla mio miglior amico: Giulio. Lui sapeva come far sparire quella tristezza che mi assaliva, rendendo le mie giornate inquiete e malinconiche. Sarebbe valsa una semplice e banale risata in compagnia a farmi dimenticare quel che mi attanagliava la mente. Sarebbe valso un amico come lui al mio fianco per farmi star bene. Già, ha sempre avuto un effetto positivo su di me, Giulio. Ha sempre usato le giuste parole per potermi calmare.
Giulio è sempre stato mio amico, fin da quando eravamo piccoli. Litigavamo spesso ma riuscivamo a trovare il modo per ritrovare la tranquillità magari giocando assieme o condividendo semplicemente la merenda. Andavamo all’ asilo insieme e da quando ci siamo conosciuti, non ci siamo mai persi durante questi lunghi 16 anni. Ci siamo sempre aiutati a vicenda, in ogni occasione: nei grandi momenti di difficoltà noi eravamo lì a sostenerci e a darci la giusta forza per poter andare avanti.
Di certo mi avrebbe ascoltata mentre gli avrei raccontato la delusione che pochi giorni fa ricevetti da Alberto, lo studente universitario di cui mi ero innamorata.
Sobbalzai non appena il cellulare prese a suonare, sul display lessi il nome del mio salvatore:
- Oi, Giulio.
- Ciao. Ho letto ora il tuo messaggio, sono rientrato da poco a casa. Ele, dimmi, che ti succede?- Sentii nella sua voce calda che era preoccupato.
- Giù, ti va di fare due passi mentre mi sfogo un po’?
- Certo.- Disse il mio amico senza pensarci due volte.
Mi sentii sollevata, sapevo che potevo contare sempre su di lui.
- Grazie mille. Poi ti spiego tutto.
- Perché vorresti tenermi dei segreti?- Domandò ironicamente.
Feci un lieve sorriso prima di rispondere: "No, credo che con te non sia possibile. Anche se lo volessi, non ci riuscirei." Inspiegabilmente un senso di serenità mi pervase non appena lo sentii scherzare. Lo faceva sempre per non farmi pensare a quei problemi che ogni tanto mi opprimevano.
- Allora lo sai che è impossibile avere segreti con me. Dai, fammi mettere tutti i panni nella lavatrice o il cloro mi farà diventare albini tutti gli indumenti nella borsa.- Disse pensando allo scorso lavaggio che aveva dimenticato di fare.
-Ahahah va bene dai, non voglio rovinare il tuo nuovo costume.
- Ah-ah-ah. Fai poco la spiritosa. Mia madre mi ha fatto una testa come un pallone l’altra volta e ho dovuto sganciare ben e dico ben 30 euro e, come sai, io sono perennemente al verde. Ho capito quindi che cuffia, accappatoio e costume, vengono prima di te.- Sì, mi era tornata la serenità grazie a lui. Anche se per poco tempo; finché quella chiamata non fosse terminata.
- Grazie, gentile come sempre.- Dissi fingendo di essere offesa. Mi sarei messa volentieri a ridere, ma volevo farlo sentire un po’ in colpa.
- Scherzo dai, permalosa!
- Sì sì, come no, antipaticone.- Dissi scherzando mentre, con l’altra mano libera, scostai dal volto una lunga ciocca dei miei capelli dorati.
- Dai, dammi tempo di fare questa cosa e poi ti passo a prendere sotto casa.
- Va bene. Ci vediamo alle 17:00 sotto casa mia. Ti aspetto impazientemente.
- Lo sono di più i miei panni. Ahahah. A tra poco.
- Non metterci troppo! Ciao ciao!
Premetti il pulsante rosso e terminai la chiamata.
Giulio era una delle persone più brave che io avessi mai conosciuto. Non avrei mai creduto di poter avere un amico come lui ed invece è sempre stato vicino a me, per darmi supporto e determinazione. Quella che io non ho mai avuto.
Faceva nuoto agonistico e sapevo della stanchezza che lo assaliva dopo le sue due ore di faticoso allenamento eppure io, egoisticamente, lo volevo con me. Solo lui sapeva capirmi ed aiutarmi in ogni situazione.
Mentre mi preparavo per uscire, passai davanti ad una foto scattata da mia madre. Eravamo io e Giulio da piccoli mentre ci imbrattavamo le mani con dei colori acrilici per dipingere, se così si può dire, le scenografie della recita di Natale. I nostri occhi azzurri guardavano nell’obbiettivo mentre mostravamo fieri le mani ormai non più rosee e i nostri visetti, macchiati qua e là, davano spazio ad un sorriso luminoso..
Che ricordi quella recita. Interpretavo la Stella Cometa e avrei dovuto recitare una poesia che parlasse della venuta di Gesù Bambino ma non appena misi piede su quel palcoscenico e guardai tutti quei genitori, mi sentii messa in soggezione e corsi via in lacrime dalla maestra che si trovava dietro le quinte.
Sono sempre stata abbastanza timida ma poco alla volta ho cercato di superare questo mio blocco se volevo far amicizia con qualcuno. Sono vergognosa tutt’ora ma il giusto che basta per essere rispettosa verso gli altri; non mi piacciono le persone spudorate, finiscono sempre per essere fastidiose.
Guardai l’orologio mentre riponevo il cellulare nella borsa, erano le 16:42. Tra circa venti minuti, lui sarebbe passato a prendermi.

Edited by ‚fìxyou« - 11/11/2010, 18:37
 
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CAT_IMG Posted on 11/11/2010, 20:43
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...I drove for miles and miles...
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Maaaa mi piace da morire quello che scrivi =) Quindi attendo il seguito =) =)
 
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‚fìxyou«
CAT_IMG Posted on 11/11/2010, 22:19




Eheheh ^^ Grazie (:
 
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‚fìxyou«
CAT_IMG Posted on 14/11/2010, 10:39




II Capitolo


Per far sì che io non pensassi, mi concentrai su cosa mettermi. In quei giorni freddi di Febbraio, non si sapeva mai come vestirsi. Faceva freddo, sì, ma i raggi del sole riscaldavano molto e senza accorgertene cominciavi a toglierti sciarpa e guanti e a sbottonarti il cappotto finendo così la sera a bere una bella tazza di latte fumante e a prenderti una tachipirina tra un colpo di tosse e l’altro.
Mi misi a cercare allora una delle tante magliette a collo alto che avevo. Le amavo, erano fatte proprio per me. Io che sono sempre stata una persona freddolosa. Molte volte mi veniva da pensare che non sarei stata affatto adatta per i Paesi del nord Europa. Il loro clima rigido mi avrebbe sicuramente trasformata in una stalattite ambulante. Spesso, però, venivo scambiata per una tedesca o per un’americana semplicemente per i miei tratti.
Avevo i capelli biondi, color miele, così usava definirli il mio parrucchiere. Da piccola per quanto fossero biondi, erano bianchi e delle sopracciglia non ve ne era nemmeno l’ombra. Col passare degli anni mi si scurirono i capelli e le sopracciglia iniziarono a farsi vedere sul colorito candido della mia carnagione. In molti invidiavano la mia pelle, era così delicata e morbida. Tante volte mi rimanevano per giorni dei segni che, normalmente, su altre pelli andavano via dopo poche ore.
Gli occhi però erano la parte del mio corpo che preferivo. Erano azzurri ma cambiavano gradazione a seconda della luce, possedevo i cosiddetti occhi cangianti. La loro tonalità era di un azzurro così chiaro quando guardavo il cielo e sorprendentemente blu quando mi trovavo in luoghi bui o illuminati da luci artificiali.
Erano occhi seducenti ma a dire la verità, non sono mai stata quel tipo di ragazza che li usava per intrappolare centinaia di ragazzi nella sua ragnatela.
Spesso Giulio mi soprannominava occhi di gatto e cominciava a canticchiare allegramente la sigla di quel cartone animato che trovavo così carino.
Giulio! Alzai il polso e notai che mancavano solamente dieci minuti prima del suo arrivo.
Non posso permettermi di farlo aspettare. Cominciai a infilarmi il giacchetto grigio di lana mentre mi diressi verso il bagno per spazzolarmi i capelli e mettermi un po’ di mascara.
Le labbra le lasciai così, non avevano bisogno di rossetti. Col freddo che faceva, si dipingevano da sole di un rosso vivace.
Infilai un paio di pantaloni scuri mentre dissi a mia madre che sarei uscita con il mio amico d’infanzia e di non preoccuparsi se magari non rientravo nel tardo pomeriggio; mi raccomandò, come sempre, di stare attenti e infine mi salutò.
Presi in mano la borsa dalla sedia e corsi lungo il corridoio che sfociava nel grande ingresso. Appoggiai la borsa su un mobile, presi le mie chiavi di casa all’interno di un suo cassetto e le buttai senza curarmene dentro la borsetta. Mi diressi verso lo sgabuzzino mi infilai le scarpe e indossai il cappotto a doppio petto. Presi dalla stampella la mia calda sciarpona grigia, l’attorcigliai, quasi soffocando, attorno al collo e corsi verso la porta mentre con un gesto violento mi affrettai a prendere la borsa sul mobile.
Un secondo dopo ero già sul pianerottolo mentre la porta si chiudeva alle mie spalle.
Mi diressi verso le scale e mentre le scendevo mi sistemai la sciarpa. Non riuscivo nemmeno a deglutire per quanto era stretta.
Uscii dal portone del mio palazzo e vidi il mio amico svoltare l’angolo della mia via.
Appena lo vidi i miei occhi brillarono di gioia e le sue labbra, dolcemente serrate, si staccarono l’una dall’altra per mostrarmi uno dei suoi bellissimi sorrisi.
Giulio era così solare, ti trasmetteva allegria; e non era da tutti.
Con passo deciso si diresse verso di me. Indossava anche lui una sciarpona grigia, frutto di un mio acquisto natalizio, sopra un giubbotto di pelle marrone che, lasciato aperto, mostrava una maglietta bianca con dei disegni astratti. Portava un paio di jeans scuri con dei piccoli strappi e delle Converse chiare.
Decisamente affascinante: era sempre stato un bel ragazzo, Giulio. Aveva un fisico slanciato, alto circa un metro e ottantacinque; molte volte lo avevo spronato ad iscriversi per qualche casa di moda per fare da modello. Avrei potuto vantarmi di avere un bellissimo amico ma lui non era del mio stesso parere. L'umiltà e la modestia erano solamente due delle tante virtù che possedeva e che caratterizzavano il suo carattere.
Si abbassò e pose la sua bocca su una mia guancia per potermi salutare con un delicato ed affettuoso bacio.
-Ho fatto presto?- Mi domandò sorridendo.
-No, ti stavo già aspettando da molto.- Dissi io per non dargli soddisfazione della sua dannata puntualità.
-Pinocchio non ti ha insegnato nulla, eh?- Si mise a ridere e con leggerezza abbassò il capo.
-Sì, invece. Grazie a lui ho capito di stare alla larga da grandi e insaziabili balene.- Risposi ironicamente.
Giulio era consapevole dei miei ritardi. Alcune volte, giustamente, se la prendeva quando non mi presentavo in orario. Non lo facevo di proposito, è che avevo sempre la testa fra le nuvole e magari mi ricordavo all’ultimo momento di prepararmi per un appuntamento.
Tirò su la testa e, per la prima volta, potei notare nelle sue iridi cerulee, come delle piccole schegge dorate. Era bellissimo, non lo avevo mai notato prima.
Aveva una carnagione rosea e la sua pelle era liscia come seta ma al contempo dura e tonica. Merito del suo quotidiano allenamento.
I suoi capelli castano scuri, ricadevano delicatamente sulla sua fronte e delle piccole ciocche andavano a girarsi all’insù vicino le orecchie; era solito portare una pettinatura look british ma amava cambiare acconciatura a seconda del tempo a disposizione che aveva. Molte volte ci sprecava interi minuti per sistemarsi i capelli, era un modo per potersi svagare un po’.
Mi guardò e chiese: “Allora, facciamo due passi o vuoi andare da qualche parte?”
- Non ho una meta ma qualsiasi luogo mi va bene se sto con te.
- C’è troppa dolcezza nella tua risposta. Sento odore di inganno. Forza, dimmi i tuoi piani.- Disse lui cercando a stento di trattenere un sorriso.
- Che ne dici di farci un giretto e di andare a prendere una cioccolata calda? Una bella tazza di cioccolata densa e fumante, ricoperta da una soffice nuvoletta di panna. Quella che, non appena l’assaggi, si scioglie così delicatamente sulla lingua e che… -
- Va bene, va bene, ho capito. Dai forza, dillo apertamente che vuoi farmi diventare obeso!
A quella sua risposta ci mettemmo a ridere entrambi. Pochi istanti dopo, però, mi allungai sulle punte dei piedi per restituirgli, su una delle sue morbide guance, quel bacetto che pochi minuti fa mi aveva gentilmente dato. Quel bacio aveva così tanti significati come quello di ringraziarlo per farmi estraniare da tutti i problemi che spesso mi tormentavano, di farmi ridere in ogni situazione, di essere vicino a me in tutti quegli anni, di voler accontentare ogni mio desiderio per potermi vedere felice. Esisteva un’ unica parola per descrivere quel genere di persona: amico. Ed io ne possedevo uno che era in grado di farmi ringraziare ogni giorno la vita per avermelo donato.
Con un gesto delicato mi cinse la vita con il suo braccio e iniziammo a camminare.

Edited by ‚fìxyou« - 15/11/2010, 18:52
 
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CAT_IMG Posted on 14/11/2010, 14:13
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Maccccchecccarini <3

Mi piace e mi piace e tu scrivi davvero bene!

Trovo il tuo metodo di scrittura assolutamente superbo!
 
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‚fìxyou«
CAT_IMG Posted on 14/11/2010, 14:36




E tu sei davvero troppo buona e gentile *O*
Graaazie ^___^
è la mia prima storia che invento e speriamo che sia davvero carina ^-^"
 
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‚fìxyou«
CAT_IMG Posted on 29/11/2010, 16:29




III Capitolo


Mentre passeggiavamo cominciai a respirare quell’aria fredda. Era così pungente ma piacevole al contempo. Era motivo delle mie screpolature sulle labbra e delle mie mani così fredde eppure, quando la respiravo a pieni polmoni, mi faceva sentire viva. Ero come pervasa da una scossa che, ramificandosi per tutto il mio corpo, mi percorreva dal basso verso l’alto sotto forma di un istantaneo brivido.
Giulio sembrò accorgersene:” Hai così tanto freddo?”
- No no, sto bene. – Risposi io sorridendogli.
- Sicura? Vuoi che ti dia la mia sciarpa?
- No, tranquillo. Sto bene così.
- Allora, com’è andata la giornata?- Mi domandò.
- Così così. – Senza accorgermene la mia voce assunse una nota di tristezza.
Giulio mi guardò un po’ finché rassegnato alzò gli occhi al cielo e disse:” Alberto.”
- Già. – Dissi io senza nascondermi al mio migliore amico. – E’ che non ce la faccio a non pensare a lui. –
- Devi sforzarti di farlo però, non voglio che tu stia così.
- Sì, lo so. Solo che credevo che non fosse così.
- Ele, nessuno è ciò che credi che sia. Nemmeno io lo sono e neanche tu lo sei.
Sono circa sedici anni che ci conosciamo e posso dire di conoscerti più di molte altre persone che ti circondano. Non posso però affermare di conoscerti pienamente, le persone cambiano, hanno mille sfaccettature. Nessuno, quindi, è in grado di poter affermare con certezza di conoscere qualcuno quando in realtà nemmeno noi ci conosciamo. Ci sorprendiamo anche di noi stessi a volte.
Quello che voglio farti capire, è che non devi illuderti. Questo ragazzo non lo conoscevi nemmeno da tanto, però te ne sei innamorata e hai cominciato a fantasticare.
- Hai maledettamente ragione ma che ci posso fare? Mi aveva dato una buona impressione e…
- Brava, hai detto bene. Alberto ti ha dato solo che un’ impressione.
Stavo per controbattere la sua fulminea risposta ma preferii tacere. Aveva ragione e non potevo dirgli nulla.
Conoscevo Alberto da poco più di una settimana e avevo notato un interesse da parte sua verso di me. Non mi dispiaceva affatto, anzi, mi faceva piacere sapere di affascinarlo ma non appena lo vidi scambiarsi diversi baci ed abbracci con ragazze ogni volta diverse, capii che non era il ragazzo sincero e gentile che mi voleva far credere.
In quei pochi giorni però avevamo scoperto molti punti in comune e mi piaceva la sua compagnia; eravamo nello stesso canale di Scienze Naturali e spesso ci mettevamo vicini a lezione.
Quando lo vidi per la prima volta stava scrivendo degli appunti di chimica sul proprio quaderno ad anelli. Notai che era mancino, proprio come me, e sotto la sua mano aveva delle macchie d’inchiostro dovute al passaggio d’ essa sulle lettere ancora fresche di china. Per me è sempre stato un vero disastro, mi ritrovavo libri e quaderni pieni di chiazze colorate e sbaffature di ogni genere. La precisione non era affatto per me, me lo diceva sempre il mio insegnante di tecnica alle medie.
Quando vidi Alberto accorgersi delle macchie di china sulla sua mano, gli offrii educatamente un fazzoletto e, scherzando, gli feci notare che anche io avevo il suo stesso problema.
Cominciammo a mano a mano a parlare e nel corso di quelle cinque ore di Università, scoprii che anche lui da piccolo sognava di diventare uno scienziato e di fare mille esperimenti con provette che scoppiavano in mano non appena si aggiungeva un po’ di liquido verdastro o di inventare una pozione in grado di renderci invisibili in determinate situazioni. Tutte queste fantasie però scomparvero come d’incanto davanti a quei libri pieni di reazioni chimiche combinate fra i più diversi elementi. Il liceo ci rese consci del fatto che il mestiere di scienziati, non faceva affatto per noi ma per il resto delle altre materie scientifiche eravamo sempre stati attratti. Amavamo la biologia; trovavamo alquanto interessante scoprire cosa accadeva all’interno del nostro corpo. Gli raccontai che da piccola rimanevo ipnotizzata davanti alla tv quando trasmettevano Esplorando il corpo umano e anche lui faceva lo stesso. Era uno dei nostri cartoni preferiti: divertiva e sapeva insegnare molto bene ai bambini come funzionasse il proprio corpo.
Una folata di vento gelido mi aggredì il volto non appena entrammo in una via meno riparata; mi bastò per farmi scendere dalle nuvole e farmi notare che ero sotto braccio al mio amico Giulio mentre percorrevamo il sentiero di un parco: col passare degli anni ci aveva visti crescere. Quando non sapevamo dove andare, decidevamo di passeggiare in quel giardinetto a cui eravamo affezionati.
Era sempre bello tornarci con lui. Da piccoli i nostri genitori ci portavano lì la domenica mattina e ci lasciavano giocare per tutta la mattinata.
Io e il mio amico aspettavamo con ansia quel giorno perché solo in quella mattina veniva Il signore dei pony così lo chiamavamo con gli occhi sgranati ed un sorriso che arrivava alle orecchie quando lo vedevamo entrare nel giardino seguito da un carretto trainato da dei pony . Ogni volta veniva assalito da decine e decine di bambini pronti per percorrere il parco in lungo e in largo ma io e Giulio eravamo i suoi preferiti così ci prendeva in braccio e ci faceva cavalcare il dorso di quei piccoli cavalli che amavamo tanto.
- Uffa, voglio tornare piccola.- Dissi nostalgica.
- Ahah per poter cadere dai pony?- Chiese scherzando, Giulio.
- Antipatico.- Anche se non volevo, mi misi a ridere al solo pensiero di tutte le mie cadute.
- E dai, sto giocando.
- Vogliamo parlare invece di quella volta in cui ti sei preso quella pallonata in testa e sei caduto? Ahah ricordo ancora la tua espressione disorientata quando ti sei rialzato.
- E io ricordo ancora il dolore alla testa. Ha fatto male eh!
- Ne risente ancora oggi il tuo cervello, è vero?
- Ma quanto sei simpatica oggi eh? – Domandò lui mentre mi prese le guance e le strinse fra il pollice ed il medio.
- Ahi!
- Ti ho fatto male?- Chiese Giulio con dolcezza mentre lasciava la presa.
- Sì!- Esclamai facendo la finta offesa.
- Bene, era quello che volevo!
Ci mettemmo a ridere mentre io gli diedi una lieve spinta.
Dopo aver fatto una breve passeggiata, ci sedemmo su una panchina.
Lasciai cadere la testa su una spalla di Giulio mentre lui appoggiava delicatamente la sua sulla mia e dopo aver osservato un po’ i bambini giocare, ripresi il discorso su Alberto e raccontai gli altri particolari della storia al mio amico.
- Come ti senti adesso?- Mi chiese cortesemente Giulio, con la sua voce calda, una volta finito il mio sfogo.
- Sto meglio, grazie. Mi fa sempre bene parlarti e stare in tua compagnia. Grazie per tutto quel che fai per me.
- Non devi ringraziarmi, io sono qui per te perché voglio che tu stia sempre bene. Non voglio che il sorriso sparisca dal tuo viso, voglio solo la tua felicità.
Con molta timidezza e con un nodo alla gola, dissi:” Ti voglio bene.”
- Ti voglio bene anche io, più di quanto tu possa credere. – Alzò la sua testa da sopra la mia e mi diede un bacio sulla fronte.
 
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6 replies since 11/11/2010, 15:20   96 views
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