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Kumo Nochi Ame, Sel'm - shounen-ai

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kirari.
CAT_IMG Posted on 7/12/2010, 18:51




Piccola (e forse un po' banale) fanfiction senza pretese su una delle mie band Jrock/Visual Kei preferite. I Sel'm per me sono meravigliosi e con grande talento, quindi spero che leggendo questa ficcy qualcuno possa interessarsi a loro.
Vi lascio il link del loro sito ufficiale: www.u-project.jp/selm/main.html e vi consiglio con il cuore di ascoltare qualcosa su YouTube.
I membri dei Sel'm sono Tora (vocalist), Tsubaki (chitarrista), Nagi (chitarrista), Takuma (bassista), Manji (batterista). I protagonisti di questa fanfiction sono Manji, che è la voce narrante, e Tora. Se cliccate su quest'ultimi due nomi potete vedere che portano a delle immagini, così potete farvi un'idea di chi/come sono gli omini in questione XD
In ogni caso avviso che non è indispensabile conoscere i membri della band o il gruppo stesso per la comprensione della fic, è come un'originale. ^^
Buona lettura e grazie in anticipo a chi leggerà!


Kumo Nochi Ame.


Una volta, quando la band si era appena formata e io avevo disperatamente messo gli occhi addosso a Tora -a lui, alla sua voce-, Tsubaki mi aveva chiesto: "Cos'è che ti piace di lui?"
Allora non avevo dato alcuna risposta precisa, poi la buttai sul ridere con leggerezza, com'era nella mia indole... ma in realtà io in Tora avevo visto qualcosa di così segretamente aggressivo, disperato ed ansioso, come un essere rinchiuso all'interno di una membrana che si dimena per uscire, che me ne innamorai nell'istante esatto in cui sentii il suo odore.
Dentro di lui esisteva una piccola porticina, così piccola che una persona neanche sforzandosi sarebbe riuscita ad oltrepassarla, e al suo interno c'erano gioia, rabbia, solitudine, ansia, spirito di emulazione, voglia di vivere e di crescere, c'erano amicizia, amore e degradazione. Dietro quella porta c'era l'intera anima di Tora, c'erano quei sentimenti che non concedeva a nessuno di sfiorare, nemmeno a me. Lui non è mai stato capace di esprimersi a parole, era raro vederlo alterato, le sue lacrime sembravano inesistenti, ma io mi dicevo che c'erano, solo erano così piccole che non te ne accorgevi. Tora sembrava piangere ogni giorno.
Ancora adesso mi rendo conto che forse ero l'unico ad accorgermi di tutto questo.
"A me Tora non piace molto, mi sembra il protagonista misterioso di un manga, è così banale" mi avevano detto, ma a me non interessava. O lui o non avremmo avuto nessun altro vocalist.
Ottenere l'interesse di Tora si era dimostrato più difficile di quanto ci si potesse aspettare: ho dovuto faticare, rincorrerlo fino a raggiungerlo. Forse qualcuno potrebbe paragonarlo ad un corteggiamento tra innamorati, ma non c'era stato niente di dolce o passionale, era stato uno scontro faccia a faccia, era stato un comunicare a vuoto, era stato un disperato desiderio di possesso.
Un pomeriggio si presentò alla mia porta zuppo di pioggia, il suo viso era così pallido da sembrarmi trasparente, le vene bluastre galleggiavano nell'inconsistenza della sua carnagione, eppure tutto in lui appariva più luminoso. Era attraente, più di quanto potessi aspettarmi, più di quanto avessi sognato. Nel mio appartamento si fece avvolgere dal calore dell'ambiente, si abbassò il cappuccio mostrando i lunghi capelli neri bagnati e poi mi disse ciò che avevo sperato per settimane: "Ci ho riflettuto su. Ho voglia di cantare le tue canzoni."
Per me fu come un orgasmo.
Ricordo nitidamente che ero così felice in quel frangente da smettere di ragionare con serietà, così quando lui incontrò la sua immagine riflessa allo specchio, gli feci un'unica richiesta: "Ti prego, resta bello come sei ora".
Quella frase la citò anche in un suo testo... avrei voluto chiedergli se per lui fosse stato davvero così importante, se davvero quella patetica e mal celata dichiarazione l'avesse colpito così intensamente da ricordarla e scriverla in un testo.
"Cosa sono io per te, Tora-chan?"
Forse avrei dovuto chiederglielo, ma sapevo già che me ne sarei pentito l'istante dopo e avrei detto: "No, non rispondermi, sarebbe doloroso."
Ma se poi mi fossi accorto che non ricevere alcuna risposta sarebbe stato ancor più devastante? Forse Tora aveva ragione, forse ero solo uno stupido.
"Il tuo problema è che sei troppo buono, così passi per fesso". No, il problema è che ero un codardo, ma lui in realtà era più buono di me e non me lo diceva.
Ormai conoscevo Tora già da sei anni, i Sel'm continuavano le attività e niente nel nostro rapporto era cambiato poi molto. Ogni volta che ripensavo alla porticina racchiusa dentro di lui, mi veniva in mente con un certo imbarazzo "Alice nel Paese delle Meraviglie", quando lei doveva oltrepassare la piccola porticina ma era troppo grande per riuscirci. Io cosa dovevo fare per oltrepassarla? Avrei voluto che lui si rendesse conto di quanto me stesso e le mie canzoni gli appartenessimo. O forse lo sapeva, ma aveva paura e si voltava dall'altra parte?
A dirla tutta avrei voluto domandargli un sacco di altre cose, ad esempio sapere cosa pensava quando i suoi occhi diventavano spenti e la sua mente si perdeva. Forse raggiungeva i suoi sentimenti nascosti dietro a quella porta? Ero convinto che quei momento riuscissero a dare vita ai meravigliosi testi che scriveva. Tora non scriveva mai davanti agli altri, ero certo che si nascondesse per celare quelle lacrime che solo io riuscivo a vedere.
Dopo sei anni dall'ultima volta, Tora si presentò a casa mia di sera, fuori pioveva. Quella volta non era bagnato, aveva con sé l'ombrello, ma la sua pelle era bianca come quella volta e la sua figura era splendente. Ero incantato, ero invidioso e geloso di lui, lo ero in un modo sbagliato, che non potevo mostrare a nessuno.
"Cosa ci fai qui a quest'ora?"
"Ho sognato i ragni"
Tora aveva la fobia dei ragni, nonostante nei suoi testi li citasse spesso. Provava verso gli aracnidi una sorta di amore e di odio, ne era attratto e spaventato al tempo stesso. Quelle sensazioni contrastanti lo portavano a sognarli spesso e nella maggior parte delle volte quei sogni si trasformavano in incubi che non lo facevano più dormire.
Senza una parola lo feci accomodare in casa mia, gli offrii il mio letto in modo che potesse cercare di riprendere sonno più comodamente, feci esattamente quello che fondamentalmente ci si poteva aspettare da me, ma lui rifiutò le mie attenzioni, ignorò le mie parole. In quei casi mi prendeva sempre la paranoia, perchè per quanto riguardava gli altri sapevo sempre cosa si aspettavano da me, ma non sapevo cosa invece lui desiderava che facessi. Non sapevo cosa dire per tranquillizzarlo, non sapevo cosa fare per fargli dimenticare quegli incubi, non ne avevo idea.
Seduto sul mio divano, aveva il viso rivolto verso l'alto, verso di me che ero in piedi accanto a lui. La purezza del suo sguardo mi uccideva, stava scavando dentro di me. I suoi occhi che squadravano il mio viso mi facevano sentire come sul patibolo, l'istante prima della decapitazione. La lama che erano le sue iridi splendenti in sospeso sopra il mio collo. Da un momento all'altro mi avrebbero ucciso, con quella sua esigenza di rassicurazioni da parte mia, con quella sua muta richiesta di amarlo. Quando allungò leggermente le mani piccole verso di me, aggrappandosi alla mia maglietta, la lama scattò. Chiusi gli occhi quando i suoi palmi strisciarono sul mio addome, nella mia mente si formò l'immagine proibita di noi due stretti in un contatto più intimo, circondati da una pozza di sangue. Lo sapevo che non era quello che voleva veramente, sapevo che il sesso con me non era quello che era venuto a cercare venendo a casa mia, lo sapevo che voleva solo un modo per non restare da solo...
Mi sentii impazzire.
Lo allontanai bruscamente, lo respinsi e lo lasciai seduto sul divano da solo. Me ne tornai a letto, senza riguardo per lui, senza un minimo di gentilezza, e già sapevo che non avrei chiuso occhio. A letto, immerso nel silenzio e nell'oscurità, mi coprii il viso con le mani e piansi.
Non sapevo cosa fare.
Mi aspettavo di sentire la porta d'ingresso aprirsi e poi chiudersi, lui che se ne andava da me, ma invece mi raggiunse in camera, il suo profumo che sapeva di aria, di mare, di prato, di vuoto, come se il suo odore fosse solo la blanda scia di un'immagine inconsistente, riempì l'ambiente e me stesso. Ero a casa, ero me stesso, ero tutto e niente quand'ero con lui.
Non sapevo cosa dovevo fare.
Mi sottomisi al suo volere, smisi di pensare qualsiasi cosa e lo lasciai intrufolarsi nel mio letto, sotto le lenzuola che sapevano di muschio. Sembrava davvero un sogno, un sogno doloroso. Quello che Tora provava verso i ragni, io lo provavo per lui.
Prendendomi totalmente alla sprovvista cercò alla ceca le mie labbra e ci baciammo. Labbra contro labbra, rilasciai un sospiro carico di tensione, poi gli chiesi di più. Quando le sue labbra si schiusero, il tocco della sua lingua mi fece fremere, gli accarezzai il viso, i capelli, il collo, le spalle. Le sue mani sul mio petto bruciavano. Poter respirare il suo stesso respiro, sentire la sua saliva sulle mie labbra, fu forse l'esperienza più intensa ed appagante che provai in tutta la mia vita. Quando ci staccammo, glielo dissi di getto, senza pensare: "Sei tutto per me". Lui ovviamente non rispose.
Sdraiato accanto a me, si mise a canticchiare una versione stranamente lenta e melodica di "Kumo Nochi Ame"*. In quel momento mi sentii come se quella porta dapprima sigillata e dimenticata si schiudesse appena, facendomi percepire il suo calore, i sentimenti contrastanti del momento. Avrei voluto promettergli che avrei fatto tesoro di tutto quello che mi aveva mostrato quella sera, ma trascinato dalla sua voce mi lasciai andare ad un sonno buio, rapido, senza sogni.
Il giorno seguente, in mattinata, lo riportai a casa in macchina. La pioggia della sera prima si era congelata trasformandosi in neve durante la notte. Già un sottile e molesto manto bianco ricopriva il terreno. Odiavo il freddo, io ero sempre stato un tipo da estate, in cui potevo andare in giro mezzo svestito, sudando, quando potevo stare a contatto con l'acqua del mare, quando andavo in giro per la campagna in motorino con Takuma, ridendo perchè lui si lamentava del fatto che andassi ai 30 all'ora. Io ero sempre stato un tipo con poche pretese, legato alle piccole cose, fissato con la pulizia e molto coccolato dalla mia famiglia. Credo che mi fossi trovato ad essere così attratto da Tora per la differenza abissale tra i nostri stili di vita. Il mio mondo era così piccolo e assolato, mentre il suo era così ombroso e dai tratti tortuosi...
Quando mi fermai davanti a casa sua, nessuno dei due sapeva cosa dire. Non avevamo aperto bocca da quando ci eravamo svegliati insieme alle prime luci del mattino, avevamo fatto colazione silenziosamente, senza guardarci. Era venuto il momento di chiarirci. Tamburellai le dita sul volante cercando di mettere insieme le parole più sensate da dire in quel momento, ma Tora mi precedette: "Mi dispiace per ieri sera, ho fatto una cazzata."
Mi limitai a guardarlo sorpreso: non era abitudine di Tora parlare per primo in quelle situazioni, di solito aspettava che uno dicesse qualcosa e lui si adattava di conseguenza.
"No, sono io che dovrei scusarmi..." iniziai, annuendo lentamente, ma lui non mi ascoltò.
"Non voglio che ci sia imbarazzo tra di noi. Facciamo finta che non sia mai successo niente, ok?"
I suoi occhi erano enormi in quel momento, eppure indecifrabili. Di nuovo un senso di inadeguatezza e ansia mi pervase, mi si formò un nodo in gola, forse avevo voglia di piangere ancora, ma non potevo certo svelarmi davanti a lui, proprio lui che aveva un così disperato bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi. Ma la verità è che in quel momento non mi sentivo forte per niente e non avevo neppure voglia di atteggiarmi a sua ancora di salvezza, come sempre, non mi andava neanche di dire quello che lui sperava che dicessi.
Appoggiai la fronte sul volante, a occhi chiusi.
"Sai, voi mi avete scelto come leader della band perchè credete che io sappia sempre cosa sia meglio dire o fare... ma ti giuro che in questo momento non ne ho la più pallida idea. L'unica cosa che so è che tu mi uccidi se mi dici che quello che è successo ieri sera non ha significato niente."
Alla fine cedetti e quasi mi sentii in colpa, sapevo che probabilmente lo stavo forzando ad accettare qualcosa che aveva capito già da molto tempo, ma non me ne pentii, mi limitai a risollevare lo sguardo per guardare dritto davanti a me.
Dopo le mie parole restammo in silenzio a lungo -era ovvio che non sapesse cosa rispondere- poi lo sentii muoversi irrequieto sul sedile accanto al mio.
"Manji, posso svelarti un segreto?" mi chiese e io, sorpreso, annuii.
"Io ho sempre odiato la neve. Perchè quand'ero piccolo non avevo amici e così quando nevicava non potevo mai uscire a giocare. Sarebbe stato triste farlo da solo, no? Ogni volta che mi voltavo vedevo alle mie spalle solo le mie orme tra il bianco e mi sentivo davvero solo. Ma ora se mi volto vedo sempre le tue orme insieme alle mie. Non mi sento più solo adesso, perciò... resta sempre con me."
Mi spiazzò.
Con quelle parole mi sconvolse più di quanto non avesse mai fatto nell'arco di tutta la nostra conoscenza. Quella volta, la porticina all'interno di lui si spalancò, ci vidi attraverso e ciò che scorsi fu stupefacente. Mi sentii travolto da mille colori e sfumature diverse. Allungando le mani verso di lui, mentre una canzone triste partiva alla radio, finalmente lo vidi per la prima volta, vidi il vero Tora.
Seguii il profilo del suo volto con le punta delle dita, come per accertarmi che lui fosse davvero lì, che non fosse solo un sogno. I miei occhi si riempirono di meraviglia a vederlo arrossire, come se si vergognasse di ciò che aveva detto, o forse lo imbarazzava il mio gesto, ma con quelle guance rosee era la creatura più assoluta che avessi mai visto. Bruscamente allontanò la mia mano e bofonchiò qualcosa tipo: "Scusa. Ci vediamo domani".
Ero talmente paralizzato da lui, dall'interezza della sua essenza, da tutto ciò che era, che non risposi e non mi mossi. Lasciai che scendesse dall'auto, che si allontanasse. Lo vidi lanciare occhiatine alle sue spalle, verso la macchina, con l'espressione imbronciata che cercava di nascondere l'emozione.
In quel momento sentii per la prima volta di adorare il freddo.


FINE.


Note: "Kumo Nochi Ame" significa "pioggia seguita da insetti" ed è una delle mie canzoni preferite dei Sel'm >_<

Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto ^^
 
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