,f a n f i c t i o n stories ~

Fiori di Bach, Long-fic yaoi.

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kirari.
CAT_IMG Posted on 7/12/2010, 19:04




Fanfiction anche pubblicata su EFP, >>QUI<<.

Devo ringraziare di cuore la carissima Unendlichkeit‹‹ che mi ha creduto e si è fidata di me. Di fatti, se avete letto la sua oneshot "How do you rate the morning sun?" noterete che un mio personaggio è somigliante al suo e abbiamo anche un nome in comune... nulla d'intenzionale da parte mia, sia chiaro. XD
Bene, credo di aver finito. Buona lettura!

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Capitolo 1

Mi fermai davanti alla sezione dei plichi di CD vergini e cercai con gli occhi la targhetta con il prezzo: € 4,90. Un furto. Feci un conto mentale di quanti spiccioli avessi nel portafogli e mi accorsi che non erano abbastanza, poi dovevo pure pranzare e quello non sarebbe stato certo un acquisto intelligente. Era ormai la quarta volta in due settimane che mi piazzavo da Penny Lane, quel negozio di musica in fondo alla via, per poi non comprare nulla... mancanza di liquidi. Mi rendevo conto, anche con un certo imbarazzo, che a lungo andare la cosa poteva rivelarsi sospetta, ma c'erano dei momenti in cui mi sentivo come posseduto, o qualcosa di simile. Ogni volta che lo scorgevo dalla vetrina del negozio, dietro al bancone a fare scontrini o in giro a sistemare roba negli scaffali, mi sentivo terribilmente smarrito e iniziava a farmi male la pancia, ma era un dolore insolito. Il malessere mi obbligava ad entrare. Cercando di sembrare indifferente e sul serio interessato a comprare qualcosa nonostante il portafogli completamente vuoto, mi nascondevo dietro a qualche scaffale pieno di CD e restavo mezz'ora a fissarlo, distogliendo lo sguardo appena si voltava. Assolutamente patetico. Mi facevo schifo. Volevo cavarmi via gli occhi che andavano continuamente alla sua ricerca. Pur pensandolo, non riuscii a trattenermi e gli lanciai l'ennesima occhiata: in quel momento stava sistemando della roba nel reparto di musica Grunge, il tiepido sole di fine maggio che filtrava dalle ampie vetrate gli faceva splendere i lunghissimi capelli biondi, come una corona di luce. Ogni volta che lo guardavo mi rendevo conto di quanto assomigliasse a Sebastian Bach. Provai un brivido.
-Madonna, ha un culo che è una favola- mi sussurrò Claudia all'orecchio, mentre fissava l'oggetto della mia attenzione liberamente, senza preoccuparsi di venire scoperta nella contemplazione del suo culo. Io ovviamente non risposi, mi limitai ad un'alzata di spalle, fingendomi interessato alle istruzioni in tedesco riportate dietro alla confezione dei CD vergini. Probabilmente sarei morto piuttosto che ammettere, soprattutto con le mie più care amiche, che anch'io pensavo continuamente a lui in quei termini.
Claudia aveva vent'anni, quindi due in più di me. L'avevo conosciuta ad una fiera del fumetto a Mantova, dove lei abitava, circa due anni prima. Dopo un lungo periodo in cui non avevamo avuto contatti, ci eravamo ritrovati casualmente in internet, poi lei aveva iniziato a venirmi a trovare a Bologna quasi ogni sabato da qualche tempo. Così io avevo la scusa per saltare dei giorni scolastici, come se non lo facessi già abbastanza.
-Di che parlate?- chiese Angelica arrivandoci alle spalle con in mano almeno tre CD che aveva intenzione di comprare e che io ovviamente mi sarei fatto prestare.
-Del figo biondo laggiù- rispose Claudia con un cenno del capo.
-Oddio, è Elias!- sospirò Angelica in un misto di ammirazione e stupore, puntano i suoi enormi occhi verdi come fondi di bottiglia sul diretto interessato. Mi si annodò lo stomaco.
Claudia assunse un'aria perplessa: -"Elias"... ma è italiano?-
-Svedese- risposi con finta indifferenza, andando automaticamente alla ricerca delle istruzioni in svedese sulla confezione dei CD.
-Ah sì? La Svezia è piena di gruppi metal, un sogno, faceva meglio a restare là- commentò Claudia con un cipiglio convinto, da vera metallara qual era.
-Assomiglia proprio a Sebastian Bach...- disse Angelica con voce sognante, un sorriso le mise in mostra i denti perlacei.
-Oddio, ora che me lo fai notare è vero! Che ragazzo fortunato...- fece Claudia a sopracciglia inarcate e Angelica emise una delle sue risatine.
Angelica era la mia migliore amica da più di quattro anni. Non moltissimo, magari, ma per me era una delle persone più importanti: la sua vicinanza mi aveva insegnato ad apprezzare di più me stesso e la vita, mi aveva fatto scoprire un nuovo tipo di amore verso la musica. La fortuna di Angelica corrispondeva non solo al suo bel aspetto, ma anche al suo carattere affabile, non conoscevo una sola persona che dicesse di odiarla. Nel suo insieme, possedeva un'aura diversa dalle altre persone, non era una di quelle bellezze banali, lei spiccava tra la folla, esattamente come Elias. Immaginandoli insieme, potevo scorgere un ideale di coppia perfetta, un po' come quelle che si vedevano nelle commedie televisive.
Comunque, restammo come tre idioti in attesa che Elias finisse il suo lavoro nel reparto Grunge e tornasse alla cassa, tanto per avere una scusa per vederlo da vicino, ma il lavoro sembrava lungo, così lasciammo perdere; Angelica pagò i suoi CD e uscimmo dal negozio, imboccando la strada a destra per tornare lungo via Indipendenza.
Dopo un po', Claudia decretò: -Bon, andiamo a mangiare.-
Se c'era una cosa che proprio odiavo erano i McDonald's, soprattutto quelli in pieno centro e all'ora di pranzo. Pieno così di adolescenti che avevano fatto fuga da scuola o che appena usciti andavano a mangiare in gruppo. Odiosi. Erano tutti così chiassosi e petulanti... per me, che ero uno silenzioso e molto calmo, tutto quel casino era motivo di incomprensione. Senza contare che odiavo i luoghi affollati in generale. L'idea di stare sotto agli occhi di tante persone mi angosciava moltissimo e invidiavo da morire persone come Angelica che invece non avevano motivo di sentirsi a disagio. Non capivo se il mio vero problema fosse l'essere brutto o la semplice convinzione di esserlo.
-Simone, ti sono cresciuti molto i capelli, eh- cinguettò Claudia sorridendomi, poi addentò il suo big mac.
-Hai visto? Gli stanno benissimo- continuò Angelica che invece aveva ordinato un più leggero e sobrio toast. Claudia annuì.
-Grazie- borbottai cercando di apparire riconoscente, pur sapendo che quel complimento non era poi così sincero. Da una parte avevo deciso di farmi crescere i capelli per seguire una moda musicale, dall'altra per cercare di imitare Elias. Era abbastanza patetica come cosa, anche perchè poi il risultato non si avvicinava manco lontanamente a quello di Elias: i suoi erano lisci come spaghetti, lunghi fino a metà schiena, di un bel colore dorato e luminoso, come le spighe di grano. I miei erano di un biondo cenere spento, uniforme, e solo le punte tendevano ad arricciarsi in leggeri boccoli naturali, che di solito stiravo con la piastra ma che puntualmente tornavano fuori al minimo accenno di umidità. Probabilmente erano capelli che sarebbero stati bene su una ragazza, come mia sorella che se ne vantava, ma per me erano un disastro.
Se ve lo state chiedendo... sì, avevo un terribile rapporto con il mio corpo. Ero un po' "complessato", come diceva mia sorella. Quando facevo la doccia non mi azzardavo a specchiarmi né prima né dopo averla fatta, fintanto che ero nudo. Il mio corpo era di bassa statura e aveva la pelle biancastra, di un colorito malsano, tipica di chi non passa mai molto tempo all'aria aperta e che non prende il sole da anni. Ero così magro che mi si intravedevano nitidamente le costole quando trattenevo il respiro e il mio fisico era provato dalla totale assenza di qualsiasi tipo di attività fisica. Non avevo neanche un accenno di muscolatura, il mio corpo era smilzo, poco virile e praticamente non avevo peli. Se proprio avessi dovuto dire qualcosa di positivo, allora avrei fatto un apprezzamento sul mio naso, che era piccolo e dritto. Oppure sui miei occhi, grandi, con le ciglia lunghe e le iridi grigiastre.
Quella sera, dopo essere tornato a casa dal giro in centro con Angelica e Claudia, feci una doccia e quella volta provai almeno a dare una veloce sbirciatina al mio riflesso. Probabilmente dovevo fare qualcosa per rendermi più attraente, come incominciare a fare un po' di allenamento per tonificare i muscoli. I glutei. Dovevo puntare suoi glutei. Mi chiesi mentalmente se avessi un bel culo, non me l'ero mai visto con attenzione, ma dallo specchio in bagno posizionato sopra al lavandino riuscivo a vedermi solo dall'altezza dell'ombelico in su.
Mentre mi rivestivo, mi persi a pensare ad un piano di allenamento: cinquanta addominali e flessioni, qualche piegamento per rassodare i glutei, più un'oretta di corsa al giorno. Avrei aumentato il ritmo di settimana in settimana. Se avessi seguito il programma dall'inizio delle vacanze estive fino all'inizio della scuola, probabilmente avrei incominciato il nuovo anno scolastico con un aspetto più attraente, più interessante. Magari sarei riuscito a farmi guardare almeno un po' da Elias, solo una volta. La cosa mi elettrizzò, mi riempì di nuova carica. Cedetti il posto in bagno a mia sorella e scappai in camera mia, dove presi carta e penna e feci uno schema d'allenamento invidiabile. Mi appuntai anche di mangiare più frutta e verdura, non solo schifezze preconfezionate. Alla fine scrutai il mio lavoro con occhi pieni di soddisfazione, per poi rendermi conto che non l'avrei mai seguito. Ero troppo pigro e sfiducioso di natura per metterlo in pratica.
Ficcai il foglio in un cassetto a caso e rimasi seduto alla scrivania a fissare il nulla. Il mio cellulare poggiato lì accanto al computer suonò. Era un messaggio da Marco, un tizio che avevo conosciuto su uno di quei siti d'incontri per omosessuali. Avevo fatto un'attenta selezione scartando tutti quelli che non abitavano a Bologna, quelli che superavano i venticinque anni d'età, quelli che si vedeva chiaramente dalle foto che erano delle checche isteriche, quelli che erano dei maniaci depravati alla ricerca di solo sesso (sia virtuale che non) e quelli che scrivevano in codice sms. Togliendo questi non è che la scelta risultasse vasta, al contrario. Marco stranamente non rientrava in nessuna delle categorie elencate, era pure belloccio. Il suo unico problema era l'accento romanaccio che si sentiva un sacco. Non che avessi problemi con i romani, ma avevo la fissa dell'italiano perfetto, sia scritto che parlato.
Il messaggio era un semplice: "Ciao Simone, come va?".
Decisi di non rispondere. Da un po' di tempo mi faceva pressioni per incontrarci e non mi sentivo ancora del tutto pronto, nonostante fossi stato io a contattarlo per primo. Sapevo che sarebbe stato solo un incontro in amicizia per conoscerci un po', Marco su questo mi aveva rassicurato diverse volte (sapendo che ero alle primissime armi si era rivelato particolarmente premuroso), ma la mia iniziale determinazione nel venire fuori per ciò che ero si stava facendo sempre più blanda. Accettarsi e andare alla ricerca della persona giusta con cui incamminarsi verso la completa scoperta della dimensione omosessuale (e sessuale in generale) mi spaventava forse più del dovuto.
Mi persi a pensare ad Elias. Indubbiamente se avessi dovuto fare un esempio del mio ideale di uomo, avrei subito parlato di lui: la pelle bianca, capelli biondi luminosi e all'apparenza soffici, alto, un bel viso, occhi azzurri, fisico prestante di chi pratica atletica e non palestra. E soprattutto aveva una bella voce bassa e calda, parlava un italiano perfetto tipico di chi aveva studiato profondamente per riuscirci una volta giunto nel nostro paese. Non c'era niente da fare, per Elias provavo un'attrazione fisica devastante. Mi domandai se anche Angelica ci pensasse così intensamente, se anche a lei capitava di toccarsi pensando a lui quando di sera era sola, chiusa nella sua cameretta tutta rosa. Anche se mi rendevo conto che vedere Angelica come una mia rivale fosse quantomeno ridicolo, non potevo far altro che essere invidioso delle possibilità in più che aveva con Elias, in quanto donna e in quanto di bel aspetto.
Sospirai: a furia di pensare solo ad Elias, mi era venuta voglia di masturbarmi.
Nella mia stanza immersa nel silenzio riuscivo ad udire leggermente lo scrosciare della doccia proveniente dal bagno. Mia sorella si stava lavando e considerando quanto era lenta a fare qualsiasi cosa, sapevo già che sarebbe rimasta confinata in bagno abbastanza a lungo, così avevo la camera tutta per me. Abbassai lo sguardo e notai che il mio uccello che si stava indurendo premeva nei pantaloni del pigiama. Velocemente misi nello stereo "Slave to the Grind" e chiusi gli occhi, abbandonando il capo all'indietro. Avevo l'illusione che ci fosse Elias davanti a me, nudo, il corpo che avevo ammirato soltanto ben coperto dai vestiti prendeva forma nella mia mente secondo il mio gusto. Immaginai che mi baciasse, così mi inumidii le labbra e le schiusi. Poi le sue mani iniziarono a scorrere sul mio viso, sul mio collo teso, sul mio petto. Le mie mani erano abbastanza piccole e leggermente umide, ma le sue erano grandi e all'apparenza ruvide: pensai che venire accarezzato da mani simili, mani maschili, dovesse essere la cosa più eccitante al mondo. Rilasciai un sospiro impaziente. Nel momento in cui poggiai la mano sul mio sesso coperto dalla stoffa dei pantaloni, il tutto si interruppe velocemente: mia madre era entrata nella stanza. Sobbalzai togliendo la mano all'istante.
-Che stai facendo?- la sua voce sempre squillante e troppo alta copriva quella di Sebastian Bach che veniva dallo stereo.
-Niente- mi affrettai a rispondere, cercando di sembrare naturale e tenendo il corpo rivolto nella direzione opposta. Me lo sarei tagliato piuttosto che farle capire che ero in piena erezione. Lei fece una delle sue facce da "non ci credo ma non faccio domande".
-Vieni di là al telefono che la nonna ti vuole salutare-
-Arrivo.-
Cazzo, proprio ora? Dopo qualche esitazione mi alzai dalla sedia tirando il bordo della maglietta verso il basso in modo che mi coprisse la protuberanza nei pantaloni e velocemente mi trascinai in soggiorno, dove mia madre aveva ripreso la conversazione con la nonna.
-Oh, eccolo qui, te lo passo- cinguettò lei e mi passò il ricevitore.
-Pronto?- chiesi e mi arrivò la voce troppo alta e gracchiante di mia nonna materna: -Ciao bella stella.-
-Ciao, come stai?-
-Bene, tu?-
-Tutto bene.-
-Come va la scuola?-
-Bene, ormai ho finito.-
-Sei promosso?-
-Boh, credo di sì.-
Mia madre mi lanciò un'occhiataccia. Anche se dicevo così entrambi sapevamo che in realtà la mia promozione era a rischio.
-Eh, speriamo... allora l'hai trovata la morosina?- lo sapevo che la domanda sarebbe arrivata prima o poi. Quello era un momento nelle conversazioni con mia nonna che odiavo profondamente.
-No...- risposi sentendomi a disagio, ma cercai di non darlo a vedere. Nonna, se solo sapessi a cosa stavo pensando mentre tu ci telefonavi...
-Sei proprio vergine vergine?- chiese con apprensione. Per lei, che era una donnina di altri tempi salita al nord da Salerno, un uomo che arrivava a diciotto anni del tutto vergine non era molto normale.
-Nonna...- borbottai esasperato, sentendo un calore salirmi sulle guance e lei si mise a ridere. Dopodichè si mise a parlarmi dei soliti pettegolezzi che si sentivano in paese e che riguardavano gente che non conoscevo affatto. Non l'ascoltavo del tutto, ma ogni tanto intervenivo dicendo qualcosa a caso.
Mia sorella uscì dal bagno così ne approfittai per scaricare i racconti della nonna su di lei. Sollevato, feci per tornarmene in camera, ma mia madre mi seguì. Sulla soglia della stanza si fermò e mi fece un sorrisino.
-Ho interrotto qualcosa prima?- mi chiese. Mi sentii così imbarazzato e a disagio che avrei voluto uccidermi.
-No.-
-Oh, guarda che me lo puoi dire se ti piace qualcuno.-
Sì, certo, immaginavo già come l'avrebbe presa.
-Nessuno.-
-Hai mai pensato ad Angelica? Sì, lo so che siete solo amici, ma lei è molto carina e i suoi sono pieni di soldi- mi aveva già fatto questo discorso almeno una decina di volte da quando le avevo presentato Angelica, sapevo che puntava molto su una nostra possibile relazione soprattutto perchè lei era benestante e noi dei poveracci.
-Lascia stare, ok?- sospirai andando a sdraiarmi sul mio letto. Lei capì che era giunto il momento di lasciarmi in pace così dopo qualche secondo di silenzio se ne tornò in cucina a preparare la cena. La cena per la mia famiglia era un momento sacro da vivere in religioso silenzio nella contemplazione dei domandoni di "Chi vuol essere milionario?". Magari qualche volta si poteva discutere di una qualche domanda del quiz particolarmente interessante, se no si mangiava e basta. La cosa mi sollevava al punto che mi prendevo la libertà di mangiare lentamente, senza preoccuparmi di nulla.
Tutte le volte che avevo cenato a casa di Angelica, i suoi genitori ci avevano riempito di domande più o meno impiccione mettendomi sotto ad una pressione incredibile. Lei mi aveva successivamente spiegato che a casa sua a tavola era sempre così, loro comunicavano un sacco e i suoi si interessavano molto a quello che faceva. Inizialmente la invidiai pensando che in effetti è proprio così che dovrebbero comportarsi due genitori premurosi, ma poi quando tornai al silenzio confortante della mia famiglia l'invidia scomparve del tutto. Mi resi conto che probabilmente se un giorno avessi iniziato una relazione con qualche ragazzo, se non glielo avessi detto apertamente loro non se ne sarebbero mai accorti.
Avevano sempre lasciato molta libertà a me e a mia sorella, che aveva quattro anni in più di me. Se uscivo non volevano indispensabilmente sapere con chi, dato che alla fine l'unica persona che frequentavo era Angelica, e non mi mettevano limiti sugli orari in cui rincasare. Poi tra pochi giorni sarei diventato maggiorenne, quindi no problem.
Mia madre era una donna di campagna, nata e cresciuta tra i campi coltivati e le stradine di periferia. Aveva imparato a cavarsela da sola, perchè la nonna non l'aveva mai coccolata o viziata, perciò era una donna indipendente e abbastanza determinata. Si era sposata e aveva avuto mia sorella a soli ventuno anni, mentre mio padre ne aveva cinque in più.
Se mia mamma era stata una brava madre, lo stesso non potevo dire di mio padre. Aveva tradito la mamma quando io e mia sorella eravamo molto piccoli e anche se lei lo aveva perdonato, nulla era tornato al suo posto. Prima abitavamo con la nonna in una casona dispersa nella campagna modenese, poi lui un giorno ci volle portare a Bologna e la nostra vita cambiò drasticamente. Credo che provassimo tutti del rancore nei suoi confronti e lui questo lo avvertiva, perciò se ne stava in silenzio, comportandosi come la tipica persona non influente che si sa che c'è ma alla fine non interessa a nessuno. Tutte le regole che aveva stabilito, partendo dal "non voglio animali in questa casa", furono una alla volta calpestate dalle donne di casa, io loro complice. Così a lui non restava che lavorare e tornare a casa alla sera, mangiare, fumare e restare in silenzio davanti alla tv.
Mia sorella, che si chiamava Bianca, era ciò che comunemente si poteva definire "ragazza facile". Aveva iniziato ad avere rapporti alla tenera età di tredici anni stando con un bruttone con il doppio dei suoi anni, poi da lì ne cambiò talmente tanti che ricordarseli tutti sarebbe stato impossibile. A volte la guardavo, lei con i suoi vestiti da fighetta e con quella sua faccia truccata, con quella sua passione per tutto ciò che era di moda e che credeva che conformismo fosse simbolo di piena normalità, e mi chiedevo se non avesse subito qualche serio trauma durante l'infanzia. Non solo era battona, ma era anche una gran narcisista, nel senso che non aveva nè pregi nè abilità particolari, eppure si credeva superiore a chiunque. Un essere più intelligente, superiore alla norma. E allora si prendeva la libertà di dirtene di tutti i colori, a me in primis.
"Vaffanculo, frocio" era ormai la frase che ripeteva più spesso quando si rivolgeva a me. Molte volte avevo avuto la tentazione di soffocarla nel sonno, ma poi mi ero trattenuto.
Guardai l'orologio: erano le otto meno un quarto. Verso quell'ora Francesca si connetteva a messanger e io avevo un disperato bisogno di raccontarle tutto della giornata, così finii di mangiare in fretta e quello che non mi andava più lo lasciai al cane.
Francesca era una ragazza mia coetanea, un'amica di chat che abitava a Milano. Era anche l'unica tra le mie amicizie più strette che fosse a conoscenza della mia attrazione verso gli uomini. Non che glielo avessi detto apertamente, ma dopo intere serate trascorse a chiacchierare e dopo una lunghissima discussione, che più che una conversazione amichevole mi era sembrata una seduta psicologica, lei era giunta alla conclusione che fossi gay e dovessi rassegnarmi al mio destino. Il tutto aveva avuto un tono così serio, l'atmosfera era stata così gravida di sgomenta realizzazione, che sul momento non trovai il coraggio di dirle che le sue teorie non mi servivano in quanto in realtà avevo capito di non essere etero già dal periodo della prima media.
Ancora ricordavo il ragazzo per cui presi la mia prima cotta: era un ragazzino basso, si chiamava Gabriele, dimostrava molti anni in meno rispetto la sua vera età e aveva l'aria un po' scimmiesca. Non che lo trovassi bello, ma tra tutti i compagni maschi era quello che aveva maggiore considerazione di me e si comportava gentilmente, mi invitava sempre a giocare a calcio nel giardinetto vicino alla scuola al pomeriggio. Anche se odiavo il calcio e non sapevo giocarci granchè, io accettavo lo stesso i suoi inviti, sentendomi riconoscente. Una volta durante una partita scivolai e mi lussai una caviglia, così lui tutto preoccupato si prese cura di me e mi riaccompagnò a casa, tenendomi abbracciato.
Il suo atteggiamento nei miei confronti non mutò fino alla seconda media, quando divenne amico di ragazzi più grandi e incominciò ad essere un coglione gradasso. Allora non mi invitò più a giocare a calcio, in verità smise praticamente di considerarmi. Verso la fine delle medie, ogni tanto andavamo al cinema con degli altri compagni di classe, ma lui, diventato più alto e maturo, si concentrava unicamente sulle ragazzine pettegole che ci provavano spudoratamente. Così i miei sogni d'amore di tredicenne si infransero.
Ero ormai rassegnato all'idea che probabilmente ogni mio sogno romantico si sarebbe disintegrato prima o poi, compreso quello per Elias, ma poi...
 
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¿denni´
CAT_IMG Posted on 7/12/2010, 20:21




Ora capisco perché la Marti è rimasta colpita.
Adoro questa original, se ci sono gli altri capitoli su EFP correrò a divorarmeli u.ù
E poi dove c'è yaaaaoi c'è deeenni! *-*
 
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kirari.
CAT_IMG Posted on 7/12/2010, 20:38




Solo oggi ho pubblicato il primo capitolo sia qui che su EFP, appena deciderò di aggiornare con il secondo capitolo posterò di nuovo su entrambi *-*
Grazie infinite, sono contenta che ti piaccia! *-*
 
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CAT_IMG Posted on 8/12/2010, 10:56
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...I drove for miles and miles...
........

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Yaoi <3

Cccccioè, questo Elias è davvero un figo! XD Credo sia più figo del mio di How do you rate the morning sun? XD

Insomma, voglio il continuo okay? XD Sappi che io ho potere, qui, quindi posso bannare, bloccare, ricattare XD
Scherzo <3

Mi piace moltissimo la maniera in cui scrivi!
 
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kirari.
CAT_IMG Posted on 8/12/2010, 11:50




No, in realtà è Simone (protagonista) che un po' somiglia al tuo Elias xD i capelli, gli occhi... ma il mio personaggio però forse è più brutto *si uccide*
Il continuo lo posterò presto ù.ù
Grazie mille per le tue recensioni! ^^
 
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4 replies since 7/12/2010, 19:04   59 views
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