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Those Once Loyal, Capitoli 1-7/ Warhammer 40k

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CAT_IMG Posted on 18/12/2010, 22:51
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...I drove for miles and miles...
........

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Ricominciamo esattamente da dove ci eravamo lasciati. Al momento ho scritto questo breve prologo, una specie di Flashback che vede protagonista Ruby, la bambina appena trovata nella colonia fantasma Chetow V.
Spero che come inizio sia di vostro gradimento, se leggete lasciate un commentino ino ino ino che fa sempre piacere.

Those Once Loyal - Prologo


“Arrivano, arrivano!”
Le urla della madre in agitazione non fecero che trasmettere a Ruby il medesimo stato d’animo mentre veniva tirata per un braccio verso la camera da letto.
La finestra ancora aperta le permise di scorgere per alcuni istanti dei grossi camion pieni di uomini armati giungere verso la città, i passeggeri già pronti ad aprire il fuoco sui suoi abitanti.
La genitrice rimosse una piastra dal pavimento rivelando un rifugio nascosto, molto grande per la esile bambina ma insufficiente a nascondere tutta la famiglia.

“Non uscire fino a che non sarà tutto finito…
Ti voglio bene, piccolina mia”

Venne spinta dentro al nascondiglio dalla madre piangente dopo un rapido ma intenso abbraccio, la sua richiesta di spiegazioni venne interrotta dal buio quando la lastra venne rimessa al proprio posto negandole la luce.
Un grave boato rimbombò tra le pareti dell’abitazione giungendole distante, dimostrandosi comunque più che sufficiente a provocarle un sussulto.
Il rumore venne seguito da uno sparo e da uno strozzato grido di morte che la bambina ipotizzò appartenere al padre:
Per quanto avesse desiderato uscire e controllare, il terrore ebbe il sopravvento e la tenne inchiodata al proprio posto.
Udì molti vetri rompersi e pesi schiantarsi sul pavimento con impatti rumorosi sempre più vicini:
Tremò abbracciandosi le gambe mentre qualcosa veniva trascinato di peso sopra la sua posizione.
Riconobbe la voce della propria madre mentre implorava pietà ed ebbe l’impressione che questa si dimenasse freneticamente prima che tre violenti colpi echeggiassero in tutta la stanza.

“Non finirà presto, cagna imperiale”

Those Once Loyal - Parte I

Le urla del sergente Atger anticiparono di alcuni secondi il grido dei fucili automatici dei cultisti e la risposta degli Accatran MkIV dei Cetriani, versione più leggera del classico fucile laser progettata per i reggimenti aviotrasportati.
In un primo momento gran parte dei colpi sparati finì per mietere la abbondante vegetazione del settore, devastando piante ed arbusti senza pensiero.
Poi, con l’avvicinarsi degli esecutori dell’imboscata, molti dei soldati che circondavano Allart rovinarono a terra scompostamente mentre questo lasciava imporre la propria pistola requiem sullo scontro, ogni sparo rimbombava tra gli alberi secchi con il rombo di un tuono.
I rinnegati guadagnarono terreno, avanzando senza mollare i grilletti per un solo secondo.
Una raffica di proiettili passò rapidamente sopra la sua testa, colpendo di striscio lo scolorito stemma imperiale cucito con cura sopra il nero berretto da commissario.
Il copricapo finì a terra contemporaneamente al soldato Barrett, il quale cadde in ginocchio con la coscia lacerata mentre il suo sergente metteva a tacere i nemici con un vecchio fucile a pompa, ricaricandolo ad ogni colpo con rapidità disarmante.
In ginocchio, strizzò gli occhi trattenendo un grido di dolore mentre lo scontro infuriava.
Una granata esplose alle sue spalle, gettandolo a terra per l’onda d’urto e ferendolo alla schiena con una scheggia metallica.
Atger prese il ragazzo sulle spalle e riprese a sparare, ridendo sprezzante mentre i proiettili rimbalzavano sulla parte destra del petto, completamente sostituita con un rimpiazzo bionico in seguito alle orrende ustioni procuratosi sparando a bruciapelo con la propria pistola al plasma.
Il caotico più vicino ad Allart lanciò il proprio fucile scarico a terra e sfoderò un machete, scagliandosi in sua direzione:
Il commissario riuscì ad evitare il primo fendente che finì per squarciargli il fondo del cappotto ed afferrò il braccio armato con la protesi, stritolandolo per alcuni secondi.
Il cultista cadde in ginocchio mollando l’arma bianca ed Allart sparò alla tempia, ricevendo in cambio la propria consueta doccia di icore e cervella.
Chiuse gli occhi mentre il calore del sangue gli invadeva il viso, ritirando in piedi senza sforzo il corpo privo di vita ed utilizzandolo come scudo per evitare di essere colpito da un proiettile vagante.
Spingendo la carcassa verso un rinnegato in avvicinamento, sentì un proiettile sparato dallo stesso sfiorargli la tempia destra e piantarsi nel tronco di un albero.
Puntò la pistola in sua direzione e centrò il bersaglio, ripetendo la stessa operazione con due nemici in rapido avvicinamento, macchiando il verde scenario del combattimento con una pennellata di sangue fresco.
Ripose la pistola fumante nella fondina e sfoderò la spada, realizzando di aver esaurito tutti e dieci i colpi a sua disposizione.
L’ennesimo avversario cadde ai suoi piedi con il torace squarciato da un colpo di fucile laser:
Il commissario si guardò attorno e trovò il volto del proprio soccorritore in quello del caporale Stroninberg, che gli annuì prima di tornare a combattere.
Ricambiò con un cenno appena percettibile prima di balzare in avanti decapitando un nemico, i cui colpi sparati per istinto finirono nel suo fianco destro.
Allart si fermò per un istante, muovendo dei confusi passi in avanti e tossendo sangue.
Era stato veloce, quel bastardo, e aveva preso bene la mira.
Cadde in ginocchio, mollando la spada e portando le mani alla ferita nel tentativo di comprimerla.
Gli spari però non proseguirono a lungo, e prima che il commissario riuscisse a sollevarsi con l’ausilio di una piccola ma solida pianticella un ragazzino dai capelli biondi era già arrivato in suo soccorso.
Alzando lo sguardo notò che uno dei caotici che li avevano assaliti stava scappando zoppicando verso nord, già discretamente lontano da loro ma al contempo ancora visibile.

“Atger! Prendi Sabin e Shelley e segui quel bastardo, voglio le coordinate del loro accampamento!”

Urlò al sergente indicando il rapido fuggitivo prima di tossire nuovamente.
Questo raccolse da terra il proprio fucile a pompa e fece cenno ai due giovani chiamati in causa di andargli dietro, sparendo nella selva assieme a loro.
Allart cercò di seguirli con lo sguardo mentre attraversavano gli arbusti sulle tracce del caotico, operazione che dovette cessare quando Barrett, poggiato contro un albero, attirò la sua attenzione mentre Szatowsky applicava una prima medicazione al suo arto ferito.

“Commissario…
E noi?
Noi che facciamo?”

“Tu cosa vorresti fare, da zoppo?”

Gli rispose una voce lontana che sia lui che l’ufficiale cercarono con lo sguardo.

“Noi torniamo al campo.
Ci sono troppi feriti per tentare qualsiasi altra cosa, ed avremo tutto il tempo per riorganizzarci in previsione del ritorno di Atger e i suoi, sperando che vada tutto per il meglio.”

A queste parole molti si mobilitarono all’istante, aiutando i compagni in cattive condizioni a risollevarsi per poi portarli braccio in spalla o caricandoli di peso nei casi più gravi.

Those Once Loyal - Parte II

"Billy!
... Billy!"

Andrew corse frettolosamente verso il compagno, tenendo il fucile laser a tracolla con una mano e l'elmetto saldo in testa con l'altra.
I superstiti del gruppo che il commissario Black e la sua cricca di ufficiali avevano guidato a caccia di traditori erano in marcia da qualche ora, sulla via per il luogo designato all' incontro con l'altro plotone prima di fare ritorno all'accampamento Cetriano.
Billy Mekin si voltò per un istante, lanciando un'occhiata al soldato in arrivo per esortarlo a parlare.

"L'altro giorno, un mio amico è andato dalla fidanzata e le ha detto:
Ehi ma che fica grande che hai, ehi ma che fica grande che hai!
E lei:
Perchè me lo dici due volte?
E lui:
Non lo ho detto due volte!"

Andrew si mise a ridere, ma l'altro non lo so seguì, limitandosi a fissarlo negli occhi senza avere una particolare espressione sul volto.

"Sai...
E'...
E' stato l'eco!"

Passò qualche altro secondo in cui i due mantennero il passo prima che Billy si mettesse a ridere comprendendo la battuta.
D'un tratto il gruppo si arrestò, il vicino sergente Pentelias ripeté ad alta voce le indicazioni degli ufficiali ed i due poterono capire di essere arrivati alla radura scelta per la riunione con i compagni.
Billy si voltò per vedere la canna di un requiem pesante spuntare dalla vegetazione vicino a loro e si gettò a terra urlando e trascinando con sé il compagno.
Molti vennero colti di sorpresa mentre sempre più postazioni di fuoco nemiche si rivelavano dalle piante.
Tanti dei loro compagni caddero a terra prima di esplodere con il colpo, non un solo cadavere riusciva a rimanere riconoscibile se non tramite le piastrine imbrattate di sangue che nessuno si sarebbe mai preoccupato di consultare.
Evidentemente qualcuno doveva averli informati, e pareva altrettanto sicuro che ci fossero una o più spie all’interno del gruppo d’armata, ma in quel momento non c’era tempo per preoccuparsene.
I pochi Cetriani che riuscirono a rispondere al fuoco sopravvivendo alla prima scarica di colpi iniziarono ad indietreggiare verso la selva sotto le urla degli ufficiali superstiti.
Billy si rialzò, correndo di fianco al compagno per raggiungere il gruppo mentre i nemici ricaricavano.
Andrew però scivolò nella terra inumidita dal sangue di tre uomini dilaniati molto vicini l’uno dall’altro, cadendo di peso sopra uno dei corpi prima che le nuove munizioni sconsacrate dei caotici travolgessero la sua schiena e quella del compagno in fuga.



Soltanto in otto erano sopravvissuti all’attacco: Allart, Lola, Stronimberg, Pentelias, il già gravemente ferito Barrett,il medico Robert Szatowsky, il soldato Carl Hudson e l’esploratrice Karen Kortz.
Stavano seduti contro i tronchi degli alberi nel silenzio della notte mentre Szatowsky, dopo essersi preoccupato del proprio commissario, si occupava per quanto possibile delle ferite di Barrett.
Allart aveva ordinato la costruzione di numerose trappole nella zona attorno a loro e istituito un periodo di due ore di guardia a testa, ovviamente escludendo il giovane soldato ferito che non era neppure in grado di reggersi in piedi.
In quel momento toccava a Hudson, ma nessuno riusciva a riposare, memori del massacro da cui erano scampati poche ore prima.
E Atger?
Meglio non immaginare la fine di quel sergente e dei suoi due ragazzi.

“Cazzo!”

Esordì la sentinella.

“Che cosa c’è?”

Stronimberg balzò in piedi allarmato, pronto a sparare.

“Cazzo e basta, caporale!
Abbiamo girato per ore cercando di uscire da questo bosco di merda, portandoci dietro più pesi morti che armi, cinque sono morti dissanguati prima di sera, il vox è a pezzi, non abbiamo da mangiare, da bere, altre cariche per i fucili e adesso non sappiamo neanche dove cazzo stiamo, ad aspettare che ci ammazzino, difesi da un ufficiale ferito, un tizio più morto che vivo e due donne!
Cazzo Cap…”

Il discorso venne interrotto da un pugno sul naso sferrato dalla commissaria chiamata in causa.
Hudson toccò più volte la parte lesa, sorpreso, realizzando poi che stesse sanguinando.

“Che puttana…”

Il soldato venne preso e sbattuto contro un albero e cadde a terra, molti pezzi di corteccia di staccarono per l’impatto e precipitarono su di lui mentre l’ufficiale lo colpiva allo stomaco con un calcio.

“Hai finito, coglione?”

Hudson non rispose, limitandosi a tossire e a massaggiarsi i lividi dal suolo.

“In altre circostanze non saresti stato così fortunato da prendere solamente qualche botta di poco conto, ma adesso ci servi e mi aspetto che tu faccia il tuo dovere senza altre sceneggiate. E’ chiaro, questo?”

Lui annuì poco convinto, poi si rialzò faticosamente e raccolse il proprio fucile.

“Bene.
Adesso torna al tuo posto e finisci il tuo lavoro.”



La nottata fu lenta e sofferta:
I sette dormienti venivano continuamente svegliati dalla vedetta di turno, quando per via del rumore di una bestia, quando per via del vento o della pura immaginazione.
Un urlo di dolore spezzò il silenzio:
Allart si svegliò di soprassalto estraendo istintivamente la pistola dalla fondina, e come poté notare dopo essersi rischiarato la vista, non fu il solo.
Dopo alcuni attimi di smarrimento, il sergente Pentelias li raggiunse con aria soddisfatta.
Nel buio, non tutti notarono subito che stesse trascinando un corpo.

“Cinque esploratori caotici”

Disse.

“Caduti in trappola con fin troppa facilità.
E questo è l’unico ancora vivo”

Il sergente gettò il prigioniero ai piedi del commissario, che prese qualche secondo per soppesare le opzioni che la cattura di quell’avanguardia poteva generare.
Sicuramente avrebbero potuto interrogarlo per scoprire dove si trovasse l’accampamento nemico, e, una volta trovata l’uscita dalla foresta, attaccarlo in massa.
Considerò poi che dopo la confessione avrebbero dovuto comunque ucciderlo, essendo quello di tenerlo in vita un rischio troppo gravoso.
Inoltre, come avrebbe potuto fidarsi di lui ed assicurarsi che volesse farli cadere in un’altra trappola?

“ Beh, a meno che il nostro amico qui non voglia raccontarci qualche cosa di interessante, possiamo anche evitare di farci strangolare nel sonno.”

Rispose Allart con semplicità, ancora intontito dal sonno.

“Colonnello, se mi permette… Non potremmo fare come con quegli Eldar su Seekend?
Lasciamo che il loro amico ferito implori aiuto, e quando arrivano i soccorsi… Prendiamo anche loro.”

Obiettò il medico del gruppo.

“Non so se ti sei perso il macello che hanno fatto in casa tua meno di un anno fa, Robert, ma con questi non funziona.
Non hanno alcun attaccamento verso i compagni.
Procedi, sergente.”

“No, no, aspetta… Dirò tutto, tutto quello che volete!”

Biascicò il rinnegato in un basso gotico appena comprensibile, alzandosi in piedi a dispetto del proprio stato pietoso.

“Hai visto?”

Confermò dunque a Szatowsky con un sorriso di sincero divertimento.

“Allora forza, vediamo se le tue informazioni valgono quanto la tua vita.”

Allart si avvicinò al caotico, che con le ultime forze si liberò dalla presa di Pentelias e gli rubò il coltello estraendolo dal fodero con allarmante rapidità per poi cercare di piantarlo in gola all’ufficiale di fronte a sè.
il commissario bloccò l’attacco con il rimpiazzo bionico mentre un colpo sparato da Von Stauf lo immerse nel sangue del rinnegato, facendolo sospirare mentre imprecava mentalmente contro gli avi di quel traditore.
Lasciò cadere la carcassa e si pulì il viso con una manica della divisa, imprecando mentalmente contro il suo assalitore.

“Beh…
L’unica cosa che possiamo fare adesso è ripristinare le trappole e sperare che il resto della notte passi tranquillamente.”

Constatò Kortz, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Allart annuì ed il gruppo si mise nuovamente al lavoro.

Those Once Loyal - Parte III

Jake liberò la strada abbattendo un insieme di piante con la propria spada arrugginita, mentre uno spinoso ramoscello sfuggito alle sue attenzioni gli strappava parte del già logoro cappotto da commissario.
Uno dei soldati di fronte a lui inciampò in quella che ad un primo sguardo appariva come la radice di un albero e rovinò a terra.
La sua caduta fu seguita da una breve serie di rumori provenienti dalle cime degli alberi:
Poco dopo, il primo gruppetto di avanguardie venne travolto da un tronco in caduta e da numerosi pezzi di legno lavorati simili a frecce che proseguirono in sequenza verso in resto del gruppo di caccia.
Molti rimasero azzoppati o colpiti mortalmente, altri, fuggendo, caddero in fosse nascoste ripiene di rami dalla punta acuminata.
Erano caduti in trappola, si erano lasciati fregare come degli idioti:
A questo pensò Jake mentre si riparava dai colpi usando come scudo uno degli uomini più vicini a lui.
Arrivarono poi diversi colpi di fucile laser, non erano molti, ma era evidente che li avessero comunque circondati.
Gettò a terra in cadavere macellato del caotico suo sottoposto e sparò verso il fogliame con la propria pistola folgore, strillando ordini ai soldati in fuga ed intimando loro di mantenere la propria posizione.
Jake centrò nell’occhio uno dei loro assalitori, un uomo sui trent’anni che vestiva una divisa bianca coperta dalle leggere piastre verdastre di un’armatura antischegge vecchia e rovinata.

“Hudson!”

Una donna indossante la medesima uniforme corse verso il cadavere, facendo fuoco verso di lui con una pistola automatica probabilmente raccolta dal cadavere di uno dei suoi.
I colpi scavarono dei profondi fori lungo la superficie della sua vecchia armatura a carapace, tuttavia non lo ferirono:
Terrorizzata la donna lasciò cadere a terra la pistola ormai scarica e prese ad indietreggiare senza staccargli gli occhi di dosso.
Il comandante caotico godeva a tal punto del timore della imperiale che quasi dimenticò cosa stesse accadendo, ridestandosi appena in tempo per finirla con un colpo al petto e parare con la spada un fendente diretto al suo fianco destro.
Voltandosi in direzione del suo attaccante, riconobbe il suo volto in quello della Commissaria Lola von Bretch,vista di sfuggita durante gli anni della Schola progenium.
Non le aveva mai prestato molta attenzione, ma adesso se la ritrovava lì, come l’ennesimo bastone tra le ruote in un percorso già insidioso di per sé.



Nonostante molti caotici fossero morti per via delle trappole e tanti altri colti alla sprovvista, i nemici restavano in superiorità numerica.
Come se non fosse stato abbastanza, Hudson si era fatto ammazzare nei primi istanti dello scontro e Kortz le era andata dietro subendo la stessa fine.
Allart decapitò un caotico mentre attorno a lui Pentelias e Stronimberg davano libero sfogo alle proprie armi da fuoco, aggiungendo poi il proprio requiem a quella cantilena di sangue e proiettili.

“Toh, ma guarda chi abbiamo qui…”

Esclamò Jake

“Niente meno che…”

Lasciò la frase a metà per parare il colpo successivo, diretto alle gambe.

“…La commissaria von Bretch!
Eri tu quella che ha fatto allontanare Fiston, giusto?”

Lola lo ignorò, continuando ad attaccare, nonostante tutti i suoi fendenti venissero paranti con facilità dal comandante nemico.
Deviando un suo colpo Jake la colpì alla mascella con il calcio della pistola laser, stordendola.
La commissaria barcollò per una manciata di secondi, sufficienti per permettere al rinnegato di spararle alla gamba già azzoppata molti anni prima dal progene precedentemente tirato in causa.

“Avrei voluto divertirmi un po’ con la tua amichetta…
Ma già che sei stata così gentile da venirmi incontro, perché non assecondarti?”

Jake la osservò per dei lunghi istanti, ridendo ad suo ogni vano tentativo di rimettersi in piedi.

“Allora non vuoi proprio stare giù, eh?
D’accordo, ti aiuto io…”

Stava per colpirla con un calcio sul volto quando si accorse quello che la commissaria stava tentando di fare:
Recuperare la propria pistola.
Disperse la minaccia allontanandola con un piede, osservando la donna in difficoltà con aria di sufficienza mentre questa vedeva le proprie speranze svanire nella selva.

“Ehi, questo non era molto carino da parte tua, bellezza.”

Le disse alzandola e scagliandola contro lo spesso tronco di un albero.


L’attenzione di Allart venne attirata da uno scontro in particolare:
Lontano da lui, Jake e Lola avevano iniziato uno scontro con la spada.
E per quanto lui stimasse le abilità di scherma della commissaria, sicuramente superiori alle sue, temeva che quello potesse essere uno scontro a senso unico:
Conosceva bene ciò che l’ex amico era in grado di fare con la propria spada a catena, ed era stato fortunato se nel loro primo scontro la contesa si fosse spostata in un contesto prettamente fisico.
Corse in loro direzione, attento ai numerosi proiettili che volavano nel bosco:
Troppo tardi gli sovvenne questa precauzione, poiché egli non ottenne altro che due fori nella gamba destra per via della propria azione avventata.
Cadde a terra come un peso morto, mentre i suoi due soldati di fiducia lo raggiungevano assieme a Szatowsky in modo da coprirlo e fornirgli una prima medicazione.



Jake la raggiunse lentamente, con passo spavaldo.
Nel frattempo, Lola aveva estratto dalla cintola un piccolo coltello che puntava verso di lui con le proprie ultime forze.
Per tutta risposta ottenne una gelida risata.

“Beh, a quanto pare la mia è più grossa”

Le fece notare alzando la spada a catena

“E poi ho ancora questa.”

Concluse passando alla pistola folgore.

“Mettilo giù, non vorremmo farci del male…”

Continuò a deriderla, avvicinandosi sempre più.
Tuttavia, il suo passo venne interrotto da uno scatto secco.
Un corpo metallico lo ferì nel petto.
Tossì, confuso.

“Che ca..”

Un pugnale balistico.
Lola aveva imparato ad apprezzarli proprio per quel genere di situazione.
Jake mosse alcuni passi all’indietro mentre i primi Valkyrie del 17° giungevano sul luogo dello scontro e numerosi fanti dalla divisa sgargiante scendevano a terra grazie a funi per dare man forte ai superstiti.
Il capitano caotico si diede alla fuga per evitare la cattura, e nonostante gli urli spezzati di Lola ai propri salvatori concentrati sul grosso delle truppe nemiche, quando i primi fucili si volsero in sua direzione egli era ormai troppo lontano.

Seduto ad una spoglia scrivania Allart compilava una serie di libretti dalla copertina nera e rigida, ufficializzando la morte dei soldati del 41° corazzato i cui cadaveri erano rimasti ancora riconoscibili.
Il reggimento, di stanza nel terzo sottosettore, era stato attaccato dal rimanente delle forze rinnegate su strige e ridotto ai minimi termini:
Troppo tardi era giunto in loro soccorso il resto del gruppo d’armata, trovando poco più di un centinaio di uomini in mezzo ad una distesa di cadaveri.

“Odio questa cosa…”

Disse a Lola mentre questa scribacchiava il proprio nome su uno dei libretti sulla superficie del banco.
Gli annunci di morte della guardia Imperiale richiedevano la convalida dell’ufficiale in comando dal rango più elevato disponibile e quello di un commissario, e benché Black fosse in grado di firmare in entrambi i riquadri lei aveva deciso di aiutarlo nella lunga procedura.

“Dicono che Roberts fosse coinvolto nello scontro”

Esordì lei.

“Dicono anche che sia morto”

Rispose senza alzare lo sguardo dal libretto che stava compilando.

“Tuttavia, sinceramente, ci credo poco.”

Concluse aggiungendo il piccolo tomo alla lista.
Sospirò per poi osservare la commissaria portargli stancamente una nuova pila di libri, che la stanchezza faceva apparire molto più pesanti di quanto in realtà non fossero.


Il tenente Richfer era un ufficiale appena uscito dall’apposita accademia, il cui primo taglio militare era ancora fresco sotto il berretto sporco di fango.
La campagna di Faaris IV era a tutti gli effetti la sua prima esperienza sul campo, tuttavia, a differenza di quanto ci si potesse aspettare da un individuo come lui, la sua divisa verdastra era insozzata da sangue, terra e quanto di più disgustoso potesse essere emesso da una creatura caotica.
Le iridi verdi erano decorati da due occhiaie della dimensione del pugno di un bambino di sette anni, mentre il viso pallido era rovinato da una lunga cicatrice verticale che andava dal sopracciglio sinistro sino al mento.
Egli era colui che aveva resistito tanto a lungo all’attacco caotico nel proprio sottosettore e che aveva dovuto prendere il comando dell’irrisorio numero di superstiti nel tentativo di portare a casa la pelle:
Per quanto ne sapevano i soldati Cetriani, egli era un eroe degno di essere messo al fianco del proprio colonnello commissario.
Per il resto, non c’era nulla di particolare da sapere circa il suo passato:
La sua storia era simile a quella del classico ufficiale stereotipato, e quella era senza dubbio una delle cose che egli detestava maggiormente riguardo a sé stesso.
Inorgoglito dalla medaglia ottenuta in seguito al proprio salvataggio, aveva accettato senza pensieri di integrarsi assieme ai pochi soldati rimasti nel reggimento aviotrasportato del commissario Black.
Certo, sarebbe stato un cambiamento difficile per loro, un carrista non poteva improvvisarsi parà, ma c’era altro che potessero fare, in quel momento?
Egli osservò Allart dopo avergli comunicato i nuovi ordini del Lord comandante di segmento:
Quello era un ruolo che usualmente apparteneva al Maresciallo Dejares, che però in quel momento pareva essere discretamente occupato per volere del commissario stesso.
A quanto pareva, la minaccia caotica su Strige era terminata, così come quella Tau.
Era il momento di spostarsi verso Valamor , per porsi a difesa del settore assieme ad un reggimento di cui Richfer non aveva mai sentito parlare prima, ma che era conosciuto come “Le Tigri Cremisi”.
Poco gli importava del nome che essi si fossero dati, ma a quanto pareva i loro colonnelli erano in ottimi rapporti e si ci poteva dunque aspettare una certa collaborazione.
Black si limitò ad annuire con apprensione, probabilmente non del tutto soddisfatto dal proprio nuovo spostamento:
La guerra stava per volgere al termine, almeno stando alle notizie ricevute da gran parte dei settori del pianeta, e nonostante grandi difficoltà il pianeta sarebbe stato salvato anche in quell’occasione, per tanto sarebbe stato comprensibile un suo desiderio di restare a difesa del settore per cui tanto duramente aveva combattuto sino alla fine, piuttosto che impegnarsi in uno spostamento ormai tatticamente inutile.

“Faremo come ci chiedono”

Decise il commissario dopo una breve pausa di riflessione, come se avesse avuto il potere di scegliere.

“Andiamo a Valamor…
Credo tu sappia quello che devi fare.”

Those Once Loyal – Parte V

Le giornate di stanza a Valamor trascorsero come una lunga e meritata vacanza in una oasi dove la Guerra si era già conclusa da tempo.
Altrove, però, Strige era caduta sotto controllo caotico.
Le forze del disordine avevano attaccato in massa pochi giorni dopo che i cetriani ebbero abbandonato il settore ed avevano distrutto tutto ciò che loro avevano costruito in tanti mesi di dura lotta.
Il loro intervento non era stato ritenuto necessario dal Lord comandante di settore, anonimo figuro che era ben presto divenuto il fulcro di qualsiasi esclamazione o battuta da parte della truppa e degli ufficiali.
Non che ne restassero molti:
Il diciassettesimo reggimento aviotrasportato era stato decimato fino alla misera quota di ventimila soldati effettivi, mentre il quarantunesimo corazzato contava centocinquantatre superstiti, il nono fanteria d’assalto non esisteva più ed il tredicesimo corpo di redenzione della legione penale si era ammutinato per rimpolpare probabilmente le fila dei rinnegati.
Allart lasciò il fumo uscire dai propri polmoni scrollando una bacchetta di l’ho su un posacenere riposto sulla larga scrivania che gli si trovava di fronte.
Erano in viaggio per tornare a Cetria:
Un sollievo per tutti, escluso lui.
Nonostante il gran numero di battaglie vinte dalla prima linea e nel complesso il risultato della campagna avesse arriso alle forze imperiali, egli aveva perso la propria guerra personale senza poter fare nulla per impedirlo, nulla che non lo avrebbe portato in un battaglione penale.
Ed un numero di soldati più alto di qualsiasi cifra egli fosse stato in grado di immaginare era così morto in vano.
Il suo era stato un brutto modo per insegnare a Ruby, che ormai era divenuta per lui una figlia adottiva a tutti gli effetti, che non sempre i buoni avrebbero vinto.
Aveva grande compassione per quella bambina, probabilmente l’ultima cittadina di Strige ancora in vita in tutta la galassia.
Al ritorno, si aspettava di essere inglobato assieme ai suoi in un qualche reggimento di recente fondazione perdendo così il ruolo di colonnello.
Non aveva ancora affrontato seriamente la questione, ma quella stecca fumante che teneva tra l’indice ed il dito medio lo aiutava a prenderla con filosofia.
Non era mai stato avido di potere, anzi, pareva quasi vedere la cosa come una liberazione.
All’età di ventidue anni il comando del reggimento gli era precipitato sulle spalle, assieme ad un numero spropositato di nuove responsabilità.
Era soltanto un ragazzo appena uscito dalla schola progenium, ma con il più pesante dei doveri, e lo aveva eseguito senza una singola lamentela per quattro lunghi anni prima di Faaris, e l’idea che la sua stessa carriera dovesse terminare poco prima del compimento del quinto anniversario non gli appariva poi così spiacevole.
Sarebbe tornato in mezzo alla sua gente, avrebbe avuto responsabilità su una squadra soltanto o un plotone al massimo.
Se questa idea lo confortava, l’ombra del fallimento era però sempre dietro l’angolo, ed il pensiero della caduta di Strige –ed il ricordo di quanto si fosse sentito impotente, costretto a fare da spettatore mentre il settore veniva martoriato– lo rattristavano enormemente.
Lola, dal canto suo, aveva fatto del proprio meglio per confortarlo, ben sapendo quanto quello stato d’animo potesse portarlo all’autodistruzione mediante i suoi numerosi vizi –abitudini più che contestabili in un commissario imperiale- e facendogli anche notare come egli avesse eseguito alla perfezione i propri ordini.
Fintanto che Allart era stato presente, Strige era stata rapidamente riconquistata ed in seguito efficientemente difesa, rammentandogli che, se la colpa fosse stata da attribuire a qualcuno in particolare, tutte le dita sarebbero state puntate verso il comandante di settore.
Aveva cercato in ogni modo di essergli vicina, come aveva sempre fatto, ma quella volta il commissario aveva desiderato espressamente la solitudine:
Lola non aveva preso molto bene la sua richiesta, ma aveva comunque scelto di assecondarlo.
Allart sentiva il bisogno di pensare, e riflettere il solitudine dell’accaduto.
Almeno questo era quello che diceva lui.
In verità, tutti sapevano come egli si stesse annegando in un bicchiere d’acqua.

Those Once Loyal - Parte VI

“Ehi, basta adesso.”

Lola gli tolse la bacchetta di bocca con una dolcezza forse dettata dalla compassione.
Andava avanti in quella maniera da fin troppo tempo, tra lho ed alcolici, e benché lui non ci trovasse nulla di male, la sua compagna non poteva mantenere l’ordine tra i soldati da sola.
Oltre a questo, nonostante La giovane figure del tenente Richfer stesse acquisendo sempre più carisma e prestigio ad ogni giorno che passavano in viaggio, gli uomini necessitavano di un personaggio già formato ed in grado di tenerli compatti.
Ma Allart rimaneva lì, chiuso a chiave nel proprio ufficio, ad ottenebrarsi i sensi abbandonato su una poltrona rivestita in pelle, ed al gesto di Lola reagì con una smorfia.
La settimana era iniziata male, con ben quattro casi di psicosi da warp: Janie Jones aveva completamente perso il controllo delle proprie funzioni motorie, Alan Packer farneticava in preda a visioni prive di significato, il sergente Pentelias riusciva a sentire la voce della madre morta otto anni prima e Frederick Mckeenze aveva macellato uno dei propri compagni di stanza con un cucchiaino rubato alla mensa, rifiutando di fermarsi se non davanti all’abbraccio dell’Imperatore che lei gli aveva pietosamente offerto.

“Avanti, alzati.
C’è ancora bisogno di te.
Non puoi abbandonare tutti quanti proprio prima di tornare a casa.”


Edward Narama correva come un forsennato assieme ai propri compagni in preda al terrore.
Appartenevano al 42° Cadiano, più precisamente alle decima squadra del trecentottantaduesimo plotone della nona compagnia, e quel giorno erano stati impiegati come avanguardie.
E lui aveva imparato presto che avanguardia, nell’armata imperiale, significa esca.
In teoria avrebbero dovuto aggredire con una serie di attacchi mordi e fuggi un convoglio di eldar che aveva aggredito poche ore prima il villaggio di Carktes e lo aveva raso al suolo; accompagnati dalla cinquantasettesima squadra e dalla ventiduesima.
Li avrebbero dunque attirati verso i colli a nord della cittadina dove era appostato il resto del plotone assieme a cinque astartes del glorioso capitolo degli Angeli Oscuri che il capitano Aradiel impegnato altrove aveva generosamente distaccato presso di loro.
In pratica, molti di loro erano stati ben presto scoperti e catturati dai predoni che adesso stavano inseguendo i superstiti giocando al gatto col topo.
l veicoli gravitazionali, il cui muso spigoloso era di colore viola scuro, avrebbero potuto accelerare e falciarli con le lame di chiglia in qualsiasi momento, ma evidentemente avevano giudicato molto più divertente fargli svuotare i polmoni e costringerli a consegnarsi con le proprie mani cedendo alla fatica.
C’era però da ammettere che il Colonnello Varras aveva ben inquadrato l’indole sadica di quegli xeno, poiché qualsiasi altro essere senziente dotato di un minimo di strategia gli avrebbe sparato ed avrebbe chiuso lì la faccenda.

“Manca poco…”

Si ripeté farfugliando, stremato per la fatica.

“Manca poco.”



Aredhel osservava impassibile la scena all’interno del proprio raider, mentre i purosangue che la circondavano sghignazzavano impietosamente del terrore di quel gruppetto di esseri inferiori.
Aveva concesso loro il divertimento che meritavano, ma adesso stavano per correre un rischio del tutto inutile:
La sua signora la aveva avvisata riguardo alla trappola che gli scim-maigh avevano preparato, e ne avevano riso assieme come avrebbe fatto un adulto nei confronti di un infante che cerca goffamente di imbrogliarlo.
Le sembrava tutto così stupido…
Come potevano sperare che trenta dei loro fantocci potessero resistere anche a soli dieci dei suoi guerrieri, superiori di fama e di fatto?
E secondo quale criterio credevano che loro li avrebbero inseguiti senza porsi questioni?
Anche se fossero riusciti ad attirarli in trappola, poi, non ci sarebbe comunque stata partita.

“Basta così”

Ordinò con tono inespressivo, come distratta.
Gli animi si placarono e nessuno discusse.
I Cabaliti puntarono i fucili, e sebbene i loro sarebbero stati sufficienti, la totalità dei passeggeri dei molti trasporti vicino al loro fece lo stesso.
La Dracona fece cenno di fermarsi mentre Edward continuava a correre con crescente affanno.

“Riaklis”

Chiamò.

“Le gambe.”

Those Once Loyal - Parte VII

Gli shuriken Eldar sparati dai guardiani in ritirata graffiavano la rossa corazza di di Agannon, disegnandovi delle leggere rette metalliche.
Il campione berserker avanzava il loro direzione urlando con voce roca e mulinando la spada potenziata sopra alla propria testa, falciando distrattamente gli xeno di Biel-tan mentre i Divoratori di Mondi attorno a lui tessevano le lodi del Dio del Sangue.
Non molto distante da lui, sopra ad una collina rocciosa, Lord Vadraon alzava vittorioso il capo dell’autarca nemico, stringendolo con entrambe le mani come per mostrarlo al proprio violento padrone.
Come per mostrare l’approvazione di quest’ultimo, un tuono spaccò la terra di fronte a loro, fermando per alcuni secondi la corsa degli Eldar fuggitivi e permettendo ai ben più goffi guerrieri caotici di raggiungerli con le proprie asce a catena.

“Sangue per il Dio del Sangue!”

Ruggì il condottiero.

“Teschi per il trono di Khorne!”

Replicarono in coro i suoi soldati, euforici in una valle di corpi mutilati.




“Le mie gambe, le mie gambe!”

Le distanti urla di un uomo ferito accolsero il commissario mentre questo riapriva gli occhi, scrollando la testa nel tentativo di riprendersi.
La sua vista era molto sfocata, ma per quello che riusciva a vedere si trovava in una vasta prateria dall’erba morta o bruciata.
I fili grigi erano interrotti da estese macchie di nuda terra, probabilmente provocate da bombardamenti: I proiettili scuotiterra di un Basilisk, si azzardò a sentenziare ad una prima occhiata.
Non c’era motivo per utilizzare un medusa o un griffon, dopo tutto…
Non che questo cambiasse qualcosa.
Allart era spaesato e stordito, e camminò barcollando in mezzo ai corpi dei feriti trafitti da pali o pezzi di corazza, o ancora peggio fusi ad essa dalla fiamme.
Era evidente che la loro nave da trasporto fosse stata abbattuta nell’orbita del pianeta su cui si era svegliato.
Senza rendersene quasi conto si scoprì a cercare a gran voce il nome della propria compagna, prima di venire distratto dalle farneticazioni di un moribondo che gli si era aggrappato alla gamba, probabilmente senza riconoscerlo.

“Cazzo!
Cazzo!
Ero quasi convinto che sarei tornato a casa sano e salvo, e invece cosa?
Perdo la coscienza e mi sveglio su un cazzo di pianeta sconosciuto, in mezzo alla fiamme e ai morti!
Cazzo…”

Mentre questo parlava lui aveva estratto la propria pistola dalla fondina, ponendo fine alle sue sofferenze,non senza un briciolo di dispiacere, ma neppure concedendosi troppo al pensiero, seguendo un istinto naturale e ripetendo un’operazione all’ordine del giorno per qualsiasi commissario Imperiale.
Ripresosi quasi completamente, mise a fuoco la figura dello Stoico tenente Richfer, che avanzava in sua direzione sostenendo una zoppicante Lola.
I due gli sorrisero rincuorati, e lui replicò:
Nello stesso momento, degli aggraziati velivoli dorati simili a delle moto sfrecciarono sopra alle loro teste, comparendo dalla spessa cortina di fumo e fiamme che li imprigionava.
Il giovane tenente fece appena in tempo a gettare la commissaria a terra prima che una delle lame di chiglia del trasporto aggressore gli staccasse di netto la testa e che i proiettili a schegge iniziassero a fendere l’aria.
Aveva sentito parlare di quella bastardificazione della razza Eldar in un paio di occasioni, ma non li aveva mai visti fino a quel momento.
La sua corriera, benché intensa, era stata dopotutto molto breve, e al di la delle esperienze contro Caos, Orki ed Eldar gli restavano ancora molti nemici dell’Imperium da imparare a combattere.
Ciò non doveva comunque significare obbligatoriamente che si lasciasse cogliere impreparato:
Sfoderò la spada con un gesto teatrale e puntò la pistola verso il proprio assalitore, mancando però il colpo diretto alla testa che rimbalzò sulla corazza del veicolo a-grav.
Molti fanti dalla divisa imbrattata di sangue, terra e cenere corsero in sua direzione, nel tentativo di radunarsi attorno ad un punto di riferimento, altrettanti vennero però falciati dalle raffiche dei terribili guerrieri nemici.
Il predone accelerò verso di lui, deciso a travolgerlo, e pur con gambe tremanti, il commissario scelse di mantenere la propria posizione impugnando la propria arma con entrambe le mani.
Quando l’artefatto xeno gli fu davanti considerò seriamente l’idea di una dolce quanto vana fuga, ma riuscì comunque a portare un attacco con la propria spada potenziata che divise in due parti il veicolo e si piantò nello stomaco del suo pilota.
Tirò un sospiro di sollievo, non riuscendo a credere di aver compiuto un’impresa del genere.

“Sei un idiota”

Sibilò Lola, interrompendo il suo momento di grazia.
Quella volta era stato fortunato, ma la combinazione che lo aveva portato ad avere ragione del fato non si sarebbe certo ripetuta.
La commissaria si voltò, indicandogli un gruppo di Eldar Oscuri in avvicinamento.
Quanto sui si girò verso di loro e si preparò ad affrontarli, una raffica di fucili laser li piegò a terra uno dopo l’altro.

“Muoversi, muoversi, muoversi!
Veloci!
Voglio tornare a casa prima di pranzo!”

Quella fu la prima occasione nella quale i due udirono la roca e calda voce del colonnello Varras, lo stimato ufficiale del quattrocento diciassettesimo reggimento di fanteria Cadiano.


Allart guardò mestamente il piatto che gli era stato offerto dal proprio salvatore.
Era una sorta di piatto tradizionale Cadiano, composto da chicchi simili a riso e da un brodo ricavato dalla fauna locale.
A quanto pareva Varras se ne era portato una scorta dal proprio pianeta natale, e sembrava essere molto attaccato alle proprie origini.
Quando aveva saputo che anche lui proveniva dal mondo fortezza, lo aveva preso in simpatia e tempestato di domande ed esclamazioni nostalgiche, tutte frasi che lui aveva evitato con un sorriso per non dare a vedere di aver trascorso su Cadia soltanto alcuni mesi durante la crociata nera ed i primi anni della propria vita.
Effettivamente trovava triste il fatto di non avere praticamente alcun ricordo legato alla propria patria, già con difficoltà rammentava la madre, Katherine Wheel, una sorella guerriera che venne cacciata dall’ordine di Nostra Signora Martire per essersi invaghita di un giovane ed ambizioso sottotenente della Guardia Imperiale.
Ma la ricordava bellissima e amorevole, eppure distante come un angelo:
La schola progenium glie la aveva portata via e non la aveva più rivista.
Eppure trovava ancora più triste il fatto che i chicchi contenuti nella ciotola che teneva in mano e che raschiava con un cucchiaio argentato fossero in quantità molto maggiore rispetto ai propri uomini rimasti.

“Come stavo dicendo, commissario Black…”

Tuonò energicamente Varras, riprendendo un discorso che fino a quel momento il suo ospite aveva ignorato in tutta tranquillità.

“Allart.”

Gli rispose.

“Solo Allart.”

Il colonnello rimase stranito per alcuni secondi, sentimento chiaramente leggibile sulla sua faccia carica di segni e cicatrici.

“… Come dicevo, Allart…
L’Imperium ha conquistato questo pianeta, Hokarin II, sconfiggendo un’ingente quantità di guerrieri Eldar nel tardo M41.
Da allora, ogni tentativo di colonizzazione è stato interrotto sul nascere da altri gruppi di questi guerrieri, che semplicemente appaiono, distruggono ciò che i nostri cittadini hanno costruito e si dissolvono, come degli spettri.
Alcuni sembrano interessati soltanto a vanificare i nostri tentativi di edificazione del pianeta, altri prendono prigionieri e lanciano attacchi più temerari anche verso le nostre linee…
Eldar Oscuri, secondo i dossier imperiali.
Come se quegli altri non fossero abbastanza lugubri!”

Varras si concesse una breve risate, non condivisa dal commissario che rispose con un sorrisetto appena accennato solo per fargli capire di possedere la sua attenzione.

“I loro attacchi –di entrambi i tipi di Eldar, voglio dire- sembrano apparentemente casuali, ma credo che vogliano ottenere qualcosa di più…
Sembra che abbiano un secondo fine, qualcosa di veramente grosso, a giudicare dalla furia con cui ci combattono.
Non è soltanto per il pianeta, di questo sono sicuro.”

Seguì una breve pausa in cui i due si scambiarono una poco eloquente occhiata e Varras gli offrì il sigaro che stava fumando, il quale però venne rifiutato.
Non era il momento.


“Ad ogni modo,”

Riprese,

“Tu e il settimo gruppo d’armata Cetriano siete stati aggrediti da un gruppo di questi predoni non appena la vostra nave si è schiantata al suolo e noi vi abbiamo tirati in salvo”

Gli disse con una punta di orgoglio in un momento di esaltazione destinato a non perdurare.

“Beh…
Ma noi da che cosa siamo stati abbattuti?
Non mi pare che il pianeta fosse nelle fermate previste lungo il viaggio di ritorno, ne sento nominare il nome per la prima volta.
E’ molto strano che noi ci trovassimo nella sua orbita.”

Quella era la prima domanda che Allart gli rivolgeva dall’inizio della conversazione.
Non gli interessava per nulla un’altra guerra.
Lui era stanco.
I suoi soldati stremati.
Non avrebbero potuto reggere un altro confronto.

“Non ne ho idea, commissario.
Davvero, non ne ho idea.
Le mie vedette dicono di non aver visto assolutamente nulla.
Ed ho vedette molto brave, io.”
 
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CAT_IMG Posted on 9/3/2011, 19:39
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...I drove for miles and miles...
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Lola stava seduta sopra ad un ammasso di casse all’esterno dell’accampamento Imperiale, che aveva avuto l’onore di ospitare niente meno che un distaccamento di Space Marine.
L’esperienza si era rivelata deludente sia per i soldati Cadiani che per quelli Cetriani, poiché gli Angeli Oscuri si erano dimostrati esageratamente schivi e maniacalmente scrupolosi nel parlare, non aggiungendo mai più di una parola a quando fosse necessario per rispondere –nelle rare volte in cui lo facevano- alle domande che venivano loro poste.
Lei, tuttavia, era riuscita ad attirare l’attenzione di uno dei loro Dreadnought, Càlistor, che aveva molto desiderato parlare con lei per via del cognome che portava.
Gli improvvisi rantoli della macchina vivente ed il suo difficoltoso respiro squarciavano la quiete dipinta dal cielo stellato e dal silenzio degli uomini a riposo.
La commissaria non aveva mai saputo molto riguardo al proprio padre, mai più di quanto il rigido zio che la aveva cresciuta nei primi anni di vita avesse voluto farle apprendere, e probabilmente mescolando tra loro la bugia e la realtà:
Come si fa parlando con i bambini, appunto.
E come avrebbe potuto lei, benché donna di natura riservata, rinunciare alla ghiotta offerta di un ex capitano Space Marine per un racconto circa i tempi in cui aveva collaborato con il suo genitore?
Càlistor le aveva parlato di lui come di un amico affezionato, fatto straordinario, considerava lei, ripensando al riservo che quelle divinità in terra ostentavano costantemente.

“Devi sapere”

Le disse,

“Che tuo padre è stato uno dei migliori ufficiali della Guardia Imperiale che io abbia mai conosciuto.
Era furbo come una volpe, il buon Arthur, e veloce di braccio come nessun altro!
Caratteristica che, per quanto mi hanno detto, tu sembreresti avere ereditato.”

Il titanico costrutto impiegò molto tempo prima di terminare la propria frase, poiché in suo corpo era ormai in disfacimento e di tanto in tanto la sua connessione con il vox fonico pareva tentennare.

“Assieme abbiamo difeso a lungo la fortezza di Sitrin, eretta ai tempi della grande crociata, contro una bioflotta tiranide.
Era…”

Il dreadnought emise un ronzio dalla frequenza bassa, ma prolungata, che fischiò a lungo dentro alle orecchie di Lola, ed il titano sembrava muoversi dentro alla propria mente per sfogliare un libro colmo dei nomi dei nemici abbattuti.
Questo sembrò non accorgersi del fatto che le si fossero illuminati gli occhi, ma non di gioia, tosto di un bagliore oscuro, triste, che lasciava sfiorire tutto il fascino che la fanciulla racchiudeva al loro interno; poiché ella sapeva bene che egli fosse stato ucciso proprio nel corso di un’invasione tiranide.

“Dromlasn.
Non se ne sente molto parlare, al giorno d’oggi.
Ma fu un’invasione di dimensioni epiche.”

La commissaria lo osservò per dei lunghi secondi.
Non voleva certo apparire affrettata, eppure un’ inestinguibile brama di sapere aveva ormai messo le radici sul suo cuore.
Poiché il dreadnought sembrava esserle particolarmente benevolo nei suoi confronti, scelse di soddisfare subito questa propria necessità e pose la propria domanda.

“E’ lì che è morto, vero?”

“Sì.”

La risposta del costrutto fu breve e apparentemente secca, ma a Lola sembrò che la sua figura si fosse inverosimilmente rimpicciolita, come se avesse abbassato le spalle per lo sconforto, benché questo fosse fisicamente impossibile.

“Infine ci dividemmo, e lui rimase con il reggimento a cui era stato assegnato a difesa di Sitrin.”

Càlistor sembrava ora scegliere le parole con maggiore attenzione, scrollandosi di dosso l’atteggiamento quasi paterno con cui aveva iniziato quella conversazione per il riservo dei suoi altri confratelli.
In fondo, non aveva mai sperato realmente di poter evitare quell’argomento, anzi, se la ragazza aveva accettato di vederlo era stato probabilmente in primo luogo per quella ragione.
Il ricordo dell’assalto tiranide alla rocca, comunque, continuava a riempire di sconforto il suo cuore, benché esso continuasse a pulsare soltanto grazie alla tecnologia e non di propria spontanea volontà.

“Non posso dirti molto, per la verità.
Quando tornai al campo con la mia compagnia trovammo lo scenario raso al suolo. Ed infestato di cadaveri e sacche nutritive, ma Arthur non è mai stato ritrovato.
Ignoro quale sia stata la sua fine; ma sono certo che sarebbe fiero di te.
Sembri godere di una buona fama nel tuo reggimento, per quanto mi è stato riportato.”

Lola annuì, non troppo interessata a quest’ultima affermazione dell’ Angelo Oscuro.
Il suo carattere sembrava essere assai particolare, anche dopo la morte, poiché mai aveva conosciuto un Astartes tanto loquace.

“Ma ho ancora la sua pistola, che è stata ritrovata sul campo di battaglia, ed alcune immagini olografiche di una donna che portava con sé.
Provvederò a fartele avere, se lo desideri.”

Lei annuì entusiasta:
Quel doloroso tuffo nel passato sembrava averla portata al volto della madre.
In qualità di commissaria, rifletté, avrebbe dovuto essere molto meno sentimentale:
Ma chi avrebbe potuto evitare di esserlo, davanti a simili possibilità?


La mattina seguente Allart si era recato di buon’ ora nell’ufficio del colonnello Varras.
Aveva riflettuto a lungo, aiutato anche nelle riflessioni dai pochi ufficiali rimastigli –Ne erano deceduti davvero molti, da Brute a Sledge e a Richfer, e l’unica costante sembrava essere il rigidissimo Dejares- ed era giunto alla conclusione che la soluzione migliore sarebbe stata quella di tornare a Cetria.
Non erano stati inviati lì in missione o per una guerra, dunque non sarebbe stato loro dovere indiretto quello di prendere parte agli scontri sul pianeta, ed anche nel caso, il loro numero sarebbe stato troppo esiguo anche solo per tentare qualunque tipo di operazione.
Le stime del Colonnello-Commissario erano state difatti addirittura fuori misura, poiché all’atto pratico non rimanevano che un paio di migliaia di uomini stremati e con il morale perso da qualche parte in una rientranza della gomma delle suole degli stivali, ed avrebbero potuto ritenersi fortunati qualora se li fossero ritrovati ancora integri.

“Colonnello, converrà che ciò che resta del mio gruppo d’armata non possa certamente essere di alcun aiuto nella guerra che state combattendo.
Ci trovavamo in pessime condizioni ancor prima di esser abbattuti, provi a pensare adesso che siamo stati dimezzati:
Come potremmo rivelarci utili?
Se avete bisogno di uomini, appena rientrato su Cetria farò richiesta al governatore per farvene avere…
Ma adesso, a distanza di un anno dalla partenza per Faaris, i miei soldati hanno bisogno di riposo.
E sono già troppe le promesse fatte loro che non ho mantenuto, mi auguro che lei voglia capirmi.”

Varras replicò al suo breve discorso con un’espressione contrita e dubbiosa, che sembrava quasi minacciare il commissario di tradimento.
Dopo una breve riflessione, dovette riconoscere però di non potersi aspettare diversamente.
Annuì con un sospiro.

“Una nave da battaglia lascerà l’orbita del pianeta domani mattina.
Gli darò indicazioni per riportarvi a casa.
Questo è sufficiente?”

Chiese con uno sdegno che Allart si rammaricò di notare.

“Certamente.
Vi ringrazio.”


I Cetriani appresero la notizia non molte ore dopo, e grande fu la loro esultanza:
Nel giro di mezza giornata tutti i loro pochi oggetti erano già stati raccolti dalle baracche in cui erano stati sistemati dando il via ad una estenuante attesa per la partenza.
Lola si sentì scuotere una spalla, e rispose con uno spintone, notando soltanto in un secondo momento che si trattasse del proprio compagno.

“E’ ora di andare.”

Gli disse questo, accigliato.
La donna aveva avuto molto a cui pensare, in quei due giorni:
Oltre alle immagini della madre aveva ricevuto, forse per errore, anche un diario, del quale il Dreadnought non gli aveva parlato:
In ogni caso, conteneva tutti i rapporti militari, insieme alle considerazioni personali, che il padre aveva vergato di proprio pugno nel corso della propria ultima battaglia ed avventura.
La morbida calligrafia, che pareva quasi fuori luogo sopra a quelle pagine così secche ed ingiallite, le dava un inspiegabile senso di sicurezza, benché le notizie da esse comunicate fossero pessime.
Aveva letto tutto in una sola notte, sorprendendosi per la similarità del carattere genitoriale con quello di chi aveva avuto vicino in quelle ore, tanto da domandarsi che cosa avesse potuto avere a che fare il tirannico zio con una persona del genere.
Alzò lo sguardo ed annuì, mentre la rampa del vascello si affollava di figuri con il capo chino e la divisa sporca e strappata, letteralmente coperta di sangue e di fango.
Ripensò dunque anche all’abito che Varras le aveva donato in seguito al salvataggio, uno splendido vestito cerimoniale che sicuramente lei non avrebbe mai indossato; regalo il cui fine, per altro, non era stato ben compreso.
Ruby la esortò a partire a sua volta, tenendo stretta in braccio la piccola Peggy e tirandola per una manica:
Quell’immagine fu sufficiente a farle scordare tutto quanto aveva passato nel corso di quell’epopea.
Sorrise, ma rapidamente si ricompose, ed annuì.

“Sì, andiamo.”

Soltanto qualche secondo dopo si rese conto di essere in compagnia, con quei “tre” individui, della propria famiglia:
Una famiglia senza legami di sangue né formali, assemblata dalla guerra, eppure unita da un grande affetto nato dalle difficoltà affrontate.
E, dopotutto, né lei né Allart avrebbero potuto dire che ci fosse qualcosa che vi mancasse.

Fine.
 
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1 replies since 18/12/2010, 22:51   25 views
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